Archeologia personale. Mirko Basaldella a Roma
Galleria De Crescenzo e Viesti, Roma - fino al 30 aprile 2019. Mitologia e sacralità di un grande scultore del Novecento. Dei che proteggono, governano e accompagnano gli spostamenti dell’artista che, superando il primitivismo formale di matrice africana, solca mari d’avanguardia meno battuti.
Religiosità nomade e credenza in dei tribali, difficile cartografare l’intero ambito con uno sguardo d’insieme. Le Opere 1939-1969 di Mirko Basaldella (Udine, 1910 – Cambridge, 1969) sono da esplorare a 360°, figure senza sede fissa, altrove dalla loro apparente staticità.
Le sculture in mostra rispecchiano forme diverse di esistenza, alternanza di dolore e gioia, pienezza e carenza. Due esempi: Il fenicio del 1958 appare svuotato all’interno, ma la visione laterale ne offre un profilo saldo e nuovo; anche nel bronzo e nel richiamo millenario è illecito il principio di immodificabilità. La Chimera del 1953, con la sua massa pesante e le forme piene, ricorda il fegato di Piacenza, reperto etrusco del II-I sec. a.C. su cui erano incisi nomi di dei e semidei disposti in modo da riflettere l’ordinamento celeste. Il sussidio mnemonico ai responsi degli aruspici, smarrito il codice di lettura, mantiene intatti valori e fascino della narrazione mitica. Così le opere di Mirko, archeologia personale, percorso dall’idea primordiale dell’artista alla figurazione totemica.
‒ Raffaele Orlando
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