Giordano Morganti – L’anima rubata
Mostra fotografica “L’anima rubata” di Giordano Morganti. L’evento fortemente voluto da Vittorio Sgarbi è curato da Carlo Micheli.
Comunicato stampa
L’ANIMA RUBATA
La ritrattistica è forse il genere fotografico più antico. Indagare la gente significa penetrare l’animo umano, coglierne le virtù, i difetti, le paure, le speranze. Cercare di capire un territorio attraverso lo studio dei volti dei suoi abitanti, ad esempio, è un po’ come rileggere la cronaca del posto sulla raccolta di un quotidiano locale. Decine, centinaia di faldoni contenenti storie di vita vissuta riassunte nel volto scavato di un contadino, nel portamento fiero di un militare, nella dolcezza immensa di una madre. Se noi siamo ciò che mangiamo e ciò che leggiamo, è pur vero che siamo anche la terra che abitiamo, i valori che condividiamo. Fotografare la gente di una città, di un territorio è un modo per approfondirne la conoscenza, per capire l’orgoglio, la forza, la rudezza dei suoi abitanti e, attraverso i loro occhi, conoscere meglio se stessi. In effetti essere dietro un obbiettivo non pone il fotografo in una posizione di distacco, ma di partecipazione “mirata”, di approfondimento e di conoscenza. I volti fotografati da Giordano Morganti rappresentano il tempo fermato, il tempo senza tempo… Riesaminando il suo immenso patrimonio di immagini si ritrovano e riprovano sensazioni profonde, reali, come le rughe dei pastori piemontesi; sconvolgenti e angoscianti come i volti dei folli; sconfortanti e rabbiose come le mute accuse negli occhi degli homeless; giocose e paradossali come nel caso della comunità trasversale dei sordomuti. Così i vari capitoli di questa pluridecennale ricerca artistica si fondono e confondono, dilatando i confini dei singoli album che li contengono, trovando un comune denominatore nella ricerca di quel “lampo” che sta dietro la maschera del viso, che proviene dal profondo e si apre dinnanzi alla presunta neutralità dell’obbiettivo fotografico, ignorando quanto avessero ragione i “selvaggi” nel ritenere che la fotografia rubasse loro l’anima…
LA MOSTRA
La mostra sarà dunque concepita come un “caos ordinato” e sarà incentrata su ritratti provenienti dalle più svariate raccolte, proposti secondo un ritmo spezzato e serrato, in modo da cancellare ogni aspettativa da parte del fruitore, eliminando l’omogeneità a favore dello stridio degli accostamenti. Capiterà così di trovare un pastore intento a governare il bestiame in cima alle Alpi, accostato ad una bimba sordomuta; un folle delirante contrapposto ad un homeless etilista. L’eterogeneità della proposta renderà ogni immagine unica e svincolata da un contesto tematico, aderente unicamente al tema di fondo: il ritratto. Anche la scelta espositiva rispetterà l’idea di un “disordine controllato”, privilegiando la quantità dei materiali, dando per scontata la qualità degli stessi, presentati secondo un’idea minimalista, ma estremamente coinvolgente, che prevede la realizzazione di lunghe strisce di carta su cui le immagini si susseguono come si trattasse di un enorme “provino” stampato a contatto.
CENNI BIOGRAFICI
Giordano Morganti è nato a Milano nel 1956. Il suo ricco curriculum mostra la carriera di un fotografo di fama internazionale, collaboratore di riviste di grande prestigio, noto principalmente per i ritratti di personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo, della politica e per le sue numerose ricerche. All’età di nove anni si appassiona alla fotografia e nel 1973 decide di diventare “artista – fotografo”. Inizia così un percorso di successo che porterà i suoi scatti a essere presenti sulle riviste e nelle gallerie d’arte nazionali e internazionali. Morganti espone a Milano, Roma, Palermo, Genova, Torino, Mantova, ma anche a New York, Berlino, Barcellona, Pechino e Parigi, solo per ricordare alcune mostre. Giordano Morganti ama fotografare le diversità, le ingiustizie, il disagio. Egli si è avvicinato alla fotografia spinto dalla voglia di scoprire il mondo, andando oltre la superficialità: “quando la realtà ti sembra sfuggevole, come un paesaggio visto da un treno in corsa, provo il desiderio di fermare quegli attimi, quei volti, quegli scorci, quelle luci, né più né meno come un entomologo che trafigge con lo spillo l’insetto che intende osservare, studiare, comprendere”. La missione del fotografo, dice Morganti, è “fermare l’attimo, renderlo eterno, perfetto. Fermare l’attimo non significa mortificare il movimento, ma sublimarlo”. Questa è la cifra dell’artista: un professionista che indaga la realtà che lo circonda, puntando a cogliere gli aspetti più intimi dell’animo umano, distillandoli tramite uno sguardo, una postura, una tensione.