Emilio Isgrò – i 35 libri dei Promessi Sposi “cancellati”
Da una delle opere più significative custodite nel Museo: “Quel che è scritto” (1991) di Emilio Isgrò, tra i più importanti artisti concettuali italiani da cui prende vita la mostra “Emilio Isgrò: i 35 libri dei Promessi Sposi cancellati”.
Comunicato stampa
Parte dalla sua collezione d’arte moderna e contemporanea costituita dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta nell’arco di sessant’anni, attraverso acquisizioni, donazioni e lasciti, il nuovo progetto del Castello Gamba – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della Regione – che la Soprintendenza per i beni e le attività culturali lancia per il 2019 con la collaborazione di Casa Testori, stimato hub culturale da dieci anni impegnato in particolar modo nella valorizzazione dell’arte moderna e contemporanea. Casa Testori ha curato un piano di studio e valorizzazione della collezione del Museo, che daranno vita a studi scientifici, approfondimenti, focus, ed esposizioni.
Ai due nuclei principali della collezione del Museo, le opere otto/novecentesche dedicate al paesaggio alpino e le opere di grandi maestri italiani del Novecento, si affianca un gruppo di opere di artisti contemporanei. Il lavoro di ricerca ha portato all’individuazione di un primo nucleo di opere meritorie di essere al centro di altrettanti focus di ricerca, al fine di fornire il materiale scientifico per tali azioni.
L’avvio è un nuovo capitolo di Détails, rassegna con cui il Castello Gamba valorizza il proprio patrimonio, ponendo l’attenzione su uno degli autori presenti in collezione e ha come obiettivo l’inclusione museale e una strutturata proposta didattica per favorire una conoscenza diffusa dell’arte moderna e contemporanea in Valle d’Aosta, di cui il Castello Gamba – parte integrante del circuito dei castelli della Regione – è il naturale interprete e titolato protagonista.
LA MOSTRA
Emilio Isgrò: i 35 libri dei Promessi Sposi cancellati” | 6 aprile - 16 giugno 2019
Dopo Federico Ashton, Federico Pastoris, Leonardo Roda e Francesco Tabusso, la rassegna Détails approda per la prima volta al contemporaneo. Il primo appuntamento di questo nuovo progetto nasce da una delle opere più significative custodite nel Museo: “Quel che è scritto” (1991) di Emilio Isgrò, tra i più importanti artisti concettuali italiani da cui prende vita la mostra “Emilio Isgrò: i 35 libri dei Promessi Sposi cancellati” in programma dal 6 aprile al 16 giugno 2019. L’esposizione mette in relazione l’opera della collezione – di difficile interpretazione per il grande pubblico - e quella più monumentale di Emilio Isgrò: I Promessi Sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati (2016), 35 libri dedicati dall’artista alle pagine più celebri de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni aperti su pagine emblematiche. La mostra vuole raccontare la poeticità e la profondità del processo creativo delle due opere, attraverso un percorso di avvicinamento e comprensione capace di coinvolgere il pubblico e, in particolare, le scuole, per meglio conoscere e apprezzare il profondo significato.
I 35 volumi de I Promessi Sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati sono la ristampa anastatica della prima edizione del romanzo nella sua versione definitiva (la cosiddetta Quarantana), edizione che Manzoni aveva fatto illustrare da Alessandro Gonin. Emilio Isgrò, artista siciliano, trapiantato a Milano, è intervenuto sulle 35 pagine con un’operazione a lui consueta: ha cancellato quasi tutto il testo con inchiostro nero o tempera bianca, facendo sopravvivere solo alcune parole chiave. Quello che sembrerebbe oltraggio è in realtà un atto d’amore.
Esemplificativa della poetica di Isgrò e delle sue celebri cancellature, l’opera dà una chiave d’accesso al romanzo manzoniano e apre una relazione con l’opera dell’artista conservata nel Museo. L’intervento di Isgrò ci fa precipitare nel cuore del testo e ci fa capire la grandezza della scrittura manzoniana. «Cancellandola – spiega Isgrò – mi sono accorto di come la scrittura manzoniana sia quanto di più potente e sorgivo abbia offerto la nostra letteratura dopo Dante. Giacché in Manzoni anche la cultura si fa natura». La cancellatura come atto d’amore. Come azione distruttiva che in realtà costruisce. È così che, quando il silenzio si fa necessario, nulla si può dire, o aggiungere di nuovo, rimangono solo le virgole, a segnare il passaggio del tempo e a confermarci che, in realtà, qualcosa di indescrivibile sta accadendo. Più spesso si salvano poche parole sufficienti a evocare l’intero capitolo, come la conversione dell’Innominato: “dio, Io, Dio”. Talvolta l’intervento è più pittorico: è così che compaiono le due anime della Monaca di Monza, contemporaneamente bianca e nera. Emilio Isgrò all’arte è arrivato attraverso la parola: la comprensione dell’opera della collezione del Castello Gamba nascerà proprio da qui.
Emilio Isgrò: artista concettuale e pittore – ma anche poeta, scrittore, drammaturgo e regista – Emilio Isgrò (Barcellona di Sicilia, 1937) è uno dei nomi dell’arte italiana più conosciuti e prestigiosi a livello internazionale. Iniziatore delle “cancellature” di testi, applicate su enciclopedie, manoscritti, libri, mappe e anche su pellicole cinematografiche, Isgrò ha fatto di questa pratica il perno di tutta la sua ricerca. L’artista ha dato vita a un’opera tra le più rivoluzionarie e originali nell’ambito delle cosiddette seconde Avanguardie degli anni Sessanta, che gli ha valso diverse partecipazioni alla Biennale di Venezia (1972, 1978, 1986, 1993) e il primo premio alla Biennale di San Paolo (1977), oltre che ad altre importanti rassegne al MoMA di New York nel 1992 e alla Fondazione Peggy Guggenheim di Venezia nel 1994 e le antologiche al Museo Pecci di Prato nel 2008, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma nel 2013, fino alla grande monografica di Milano in tre sedi (Palazzo Reale, Gallerie d’Italia e Casa Manzoni) nel 2016. Nel 2017 tre sue importanti opere sono entrate a far parte della collezione permanente del Centre George Pompidou di Parigi.
IL CASTELLO GAMBA E IL MUSEO
Arroccato su un promontorio roccioso e incastonato in un parco di oltre 50.000 mq ricco di essenze vegetali rare e preziose provenienti da tutto il mondo, questo palazzo aristocratico realizzato agli inizi del Novecento ospita oggi le collezioni regionali di Arte moderna e contemporanea. Tra 1903 e 1905 il barone torinese Carlo Maurizio Gamba decise di costruire questa nuova dimora per l’amatissima sposa Angélique Passerin d’Entrèves in modo che potesse trascorrere lunghi periodi all’anno vicina agli affetti della famiglia di origine che risiedeva nel castello di Châtillon. L’ing. Carlo Saroldi, cui vennero affidati i lavori, progettò un palazzo grandioso in stile neomedievale, dotato di tutti i confort possibili per l’epoca, tra cui persino un ascensore, il primo installato nella regione. Dopo un accurato restauro avviato dai primi anni Novanta, il castello ospita oggi la ricca collezione regionale di arte moderna e contemporanea: un patrimonio che conta oggi più di 1.200 opere fra pittura, scultura, grafica e fotografia, e che si è costituito a partire dal 1948.
Il percorso di visita si snoda su tre piani presentando oltre 150 opere tra le più significative della collezione, lungo un arco temporale che va dall’Ottocento ai primi anni del nuovo millennio, incontrando le principali correnti del Novecento. Accoglie il visitatore l’affascinante realtà paesaggistica della Valle d’Aosta vista attraverso lo sguardo di un assoluto protagonista della pittura romantica, J. M. William Turner, e di prestigiosi artisti dell’Otto e del Novecento, da Ashton a Delleani, Maggi, Calderini, Bazzaro, Lupo. Accanto ai grandi maestri italiani del Novecento, rappresentati da pittori come Casorati, De Pisis, Carrà e Guttuso, e da celebri scultori quali Martini, Manzù, Mastroianni, Fontana, Pomodoro e Paladino, numerose sono le testimonianze di artisti di scuola torinese, da Levi, Marchesini, Malvano e Spazzapan, a figure più recenti come Tabusso, Soffiantino, Calandri, Carol Rama, Nespolo, Ramella e molti altri.
La produzione pittorica italiana degli ultimi decenni del XX secolo è documentata nelle derivazioni dall’Astrattismo, dall’Informale, dalla Pop art, dal Surrealismo e nelle presenze della Transavanguardia. Ampio e differenziato è il panorama degli artisti locali, a partire da Italo Mus fino alla recente generazione impegnata nelle ricerche di avanguardia. Oltre alle 13 sale destinate all’esposizione permanente, distribuite su una superficie di circa 600 mq, il museo comprende ambienti per le mostre temporanee e per le attività didattiche, e un modernissimo deposito visitabile su richiesta.
Dall’altana panoramica posta nel sottotetto della torre si offre al visitatore una vista panoramica straordinaria sul fondovalle circostante. L’allestimento è stato condotto all’insegna di tre criteri generali: massima attenzione alla tutela e alla conservazione delle opere; valorizzazione dell’originale uso abitativo per offrire al visitatore un’accoglienza di charme; possibilità di approfondimento conoscitivo mediante la comunicazione, anche multimediale, e la didattica.
IL PARCO
Su una superficie totale di 50.400 metri quadrati, con circa 17.000 metri quadrati di prati e 33.000 tra boschi, rocce e vialetti, il bellissimo parco del Castello Gamba di Châtillon, concepito agli inizi del ‘900, in un progetto organico con la dimora, valorizza il castello stesso e arricchisce dal punto di vista paesaggistico tutta la zona circostante. La maggior parte degli alberi risale alla data di realizzazione del castello, ma alcuni hanno origine più antica. Sono infatti custoditi al suo interno una sequoia gigante originaria della California risalente al 1888, una Gleditsia Triacanthos – o Spino di Giuda –, una leguminosa di 120 anni, e un cipresso calvo, di 121 anni, originario dei terreni paludosi della Florida, introdotto in Europa nel 1840. Si tratta di un tipico parco “all’inglese”, caratterizzato da una forte connotazione paesaggistica e naturalistica, che circonda il vecchio maniero e si estende dolcemente verso Nord-Ovest guardando verso la piana di Aosta, mentre verso Sud il versante si fa più impervio e roccioso.