L’onda lunga del Bauhaus. A Berlino
Qual è stata l’influenza del Bauhaus nel secolo passato? E quale il suo significato oggi? La relazione fra la società e i movimenti artistici è sempre stata soggetto di continue ridefinizioni, in virtù della fluidità della società stessa. “Bauhaus imaginista” è la piattaforma di pensiero che fa del modernismo tedesco un progetto cosmopolita in chiave contemporanea, confrontando esperienze da diversi Paesi del mondo. Una collaborazione fra Bauhaus Cooperation Berlin-Dessau-Weimar, il Goethe-Institut e la Haus der Kulturen der Welt.
L’immateriale, l’effimero e il performativo ‒ ispirati alle installazioni ottiche realizzate da Kurt Schwerdtfeger nel 1922 per una festa notturna del gruppo di Weimar ‒, sono il fulcro di una mostra enciclopedica e concettuale insieme. Erano gli anni della grande stagione del cinema espressionista tedesco, dei Wandervogel, del jazz e dei nightclub, l’Europa segnata dalla guerra scopriva l’arte cinetica e una controversa, disperata voglia di vivere. Nel suo slancio creativo, sociale, utopico, il Bauhaus fu un movimento “globale”, nel senso che attirò decine di artisti da altri Paesi d’Europa, persino dall’Asia, che si recarono in Germania per frequentare i corsi di Gropius, Klee, Kandinskij. Una stagione vivace, purtroppo drammaticamente finita nel 1933, che vide anche lo scioglimento del Bauhaus e il ritorno in patria dei suoi membri stranieri; l’esperienza del gruppo si trapiantò così negli Stati Uniti, in India, in Giappone, in Russia, in America Latina; furono probabilmente i primi scambi culturali di portata globale, con ripercussioni nei decenni successivi, a livello sia artistico sia sociopolitico. Un’occasione per riscoprire figure dimenticate come l’architetto e attivista politico René Mensch.
IL FUTURO DELLA MODERNITÀ
A cento anni di distanza, la mostra berlinese alla Haus der Kulturen der Welt punta a cercare possibili, ulteriori sentieri per l’arte radicale, come fu appunto il Bauhaus nel 1919. Ancora oggi l’arte può e deve immaginare nuovi modi di vivere che rispondano alle pressioni di una società dai rigurgiti patriarcali, xenofobi e integralisti. Dal manifesto di Weimar alle poesie di Tagore, dalle architetture di Pieter Oud alla Scuola di Casablanca per il recupero della cultura marocchina negli Anni Sessanta, la mostra affronta le pressoché infinite sfaccettature dell’arte radicale, analizzando come lo spirito della modernità intellettuale e artistica dell’Europa del primissimo dopoguerra si sia irraggiata nel mondo e nel tempo, alla stregua di un raggio di entusiasmo e speranza. Pur senza apparenti collegamenti concettuali o estetici, Ivan Serpa e Tagore, ad esempio, sono due delle tante personalità del mondo della cultura che hanno lavorato su e con i valori semiotici dell’arte, dai quali possono scaturire la filosofia o l’edonismo. Due volti della civiltà, apparentemente lontani ma entrambi necessari. Nel dialogo che si coglie fra le opere in mostra, si percepisce il dinamismo dell’“arte globale”, dove le installazioni effimere di Schwerdtfeger trovano eco nella Pop Art di Warhol, e la natura di Paul Klee si riverbera nel panteismo di Tagore. Una mostra che è un viaggio lungo un secolo di pittura, architettura, cinema, poesia, letteratura. Un viaggio nella fantasia dell’arte che un giorno potrebbe finalmente salire al potere.
‒ Niccolò Lucarelli
Berlino // fino al 10 giugno 2019
Bauhaus Imaginista
HAUS DER KULTUREN DER WELT
John-Foster-Dulles-Allee 10
www.bauhaus-imaginista.org
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