Oreste Casalini – Erosioni / Quel che rimane
Mostra personale di Oreste Casalini Erosioni, a cura di Paola Pallotta, unita alla mostra collettiva Quel che rimane, a cura di Fabrizio Pizzuto, RUFA Rome University of Fine Arts, opere di Ludovica Baldini, Valentina Marino, Hamida Sager, Ellen Wolf, Sara Zanin
Comunicato stampa
Oreste Casalini
Erosioni
a cura di Paola Pallotta
con Quel che rimane
a cura di Fabrizio Pizzuto, RUFA Rome University of Fine Arts
opere di Ludovica Baldini, Valentina Marino, Hamida Sager, Ellen Wolf, Sara Zanin
Inaugurazione 14 aprile 2019 ore 11.30 -
SBA - Sporting Beach Arte | Lungomare A. Vespucci 6 - Ostia Lido, Roma
Fino al 5 maggio 2019
Con il preciso intento di ampliare lo sguardo sull’orizzonte e pensare un futuro migliore e realizzabile, SBA, la giovane galleria dedicata all’arte contemporanea sulla spiaggia di Ostia, dal 2016 ha promosso mostre collettive e personali e interventi di artisti la cui espressione passa attraverso materiali, tecniche e poetiche diversissime: l’apertura con Traiettorie emotive di Cinzia Beccaceci, la collettiva Ceramici con solo opere in ceramica di artisti e artisti ceramisti, (viaggio) Dal centro della terra di Edoardo Zamponi e Disegno in cabina di Stefania Fabrizi, Giallo mare di Carlo Cecchi, 7 minuti prima / 7 minuti dopo di Massimo Saverio Ruiu, poi Petra, composizione musicale di Leonardo Gensini, fino a Terzo Paradiso/Sulla sabbia di Ostia, performance collettiva appena realizzata da Michelangelo Pistoletto assieme agli studenti di alcuni istituti scolastici di Ostia e del Dipartimento di Ingegneria del Mare dell’Università Roma Tre. In preparazione una grande collettiva, Cabine d’artista, con la presenza di più di trenta artisti italiani e stranieri che si terrà nel prossimo ottobre 2019.
“Principio delle cose è l’infinito, ove le cose hanno Nascimento e Morte secondo Necessità. Pagano, infatti, l’un l’altra la pena e l’espiazione dell’ingiustizia, secondo l’Ordine del Tempo”. (Anassimandro)
Questa volta SBA mette in gioco il suo spazio esterno e Oreste Casalini lo invade occupando il terreno per mostrare la dilatazione del presente, come una caccia al tesoro che abbia ad oggetto il risveglio della sensibilità, ovvero il tesoro più grande.
Durante l’inverno trascorso al lavoro in alcuni ambienti dello Sporting Beach, messi a sua disposizione come residenza d’artista proprio in affaccio sul mare, Oreste Casalini ha ritrovato da vicino l’elemento originario, il mare, che ha in seguito invariabilmente segnato molti momenti decisivi del suo percorso artistico e privato. Il ritorno al mare, sulla spiaggia scura e antica di Ostia, nel ricordo di Mergellina degli inizi degli anni Sessanta dove è nato, ha significato un’esperienza profonda, dal tono quasi di rivelazione mistica, e le opere realizzate con un lavoro intenso e quotidiano, lungo tutti i mesi invernali fino a questa primavera, la restituiscono del tutto, come forse mai prima.
Quattro gruppi di opere incarnano le molteplici erosioni psichiche e materiali cui siamo esposti, collocandosi tra cielo e terra, elevandosi dalla materia povera e inerte di cui siamo fatti, nella tensione verso l’infinito e l’ignoto per una possibilità di riscatto nella bellezza ma anche nel suo opposto, la rovina e il disfacimento. Così, gli Eroi, sono due grandi figure scure, blocchi di sabbia dalle forme dilavate, erose, installati sulla spiaggia di fronte l’orizzonte; le Pozzanghere, opera centrale, sono una serie di pannelli di sabbia in cui protagonista è la superficie dell’acqua su cui si riflette il cielo, e descrivono un piano orizzontale dove il mare paradossalmente custodisce frammenti di figure e volti; a seguire i Sopravvissuti, una serie di sculture in sabbia e legno, figure classiche stravolte dall’erosione del tempo che assumono forme inaspettate inglobando elementi naturali, mentre due figure che galleggiano nella piscina alludono ai calchi delle vittime di Pompei o di altre tragedie; infine le Ricostruzioni, due grandi sculture verticali, colonne ricostruite secondo una anastilosi arbitraria ma formalmente esatta che rappresentano il momento successivo alla catastrofe, il cosa fare dopo la distruzione, recuperando il passato per tradurlo in presente.
Portatori del tempo e degli eventi, tutti i lavori recano in sé elementi che rimandano alla presenza umana vista come traccia, come orma di una grandezza ormai passata. Queste opere sono insieme disciplina e ordine ma anche caos, in accordo con il respiro del mare, forme sia mutevoli che definitive, come fossero disegnate dalla linea del litorale, spazio indefinibile, unico punto di contatto tra terra e cielo. La sabbia, il sale marino, l’acqua, i frammenti di legno levigati dal mare, sono gli elementi che compongono questa opera multiforme, dove pittura e scultura vivono su una linea di confine mobile, si fondono in elementi scavati, erosi, dilavati dal tempo sulla spiaggia di Ostia, dove il vento ancora racconta del mito di Enea e di antiche leggende. Le linee che definiscono questi lavori vivono nel limen del litorale, in costante movimento, che è metafora dell’inafferrabile e dell’indistinto, della perdita dell’orientamento e del ritorno all’origine, separa il presente dal ricordo, l’irrazionale dalla ragione, ciò che possiamo dire da ciò che è ineffabile. Forme che hanno molte storie da raccontare e che vivono in un tempo lento, lontano dall’immediatezza del presente, un tempo orizzontale che comprende epoche diverse, come reperti dell’eterno affanno dell’equilibrio di ogni ricerca artistica.
Quel che rimane
La riflessione è approfondita e integrata dal progetto site specific dal titolo Quel che rimane, a cura di Fabrizio Pizzuto, docente di Management per l’arte presso RUFA.
Le cinque artiste donne esordienti, studentesse dell’ultimo anno dell’accademia RUFA, dopo un percorso insieme, si cimentano in un lavoro molto particolare, esponendo opere che riflettono sugli attacchi dell’erosione ai diversi campi della vita. Così Blooming di Ludovica Baldini, Materia di Valentina Marino, Fattori che influenzano il corpo del migrante di Hamida Sager, But Greatest of All is Love di Ellen Wolf e di Sara Zanin (il titolo dell’intervento è uno spazio vuoto, un silenzio) riflettono sul corpo (la guerra), la percezione di sé (l’anoressia), i sentimenti, i ricordi, il mondo da bambino, la vita stessa, la materia, dunque da ultimo sul tema della sopravvivenza. Tutti i lavori cercano una integrazione con il luogo di installazione e si concentrano quindi su “quel che rimane” dopo ogni tipo di erosione. Le opere sono disseminate in vari luoghi della struttura secondo un percorso ricostruito mediante una mappa consegnata all’ingresso, confondendosi con l’ambiente e spesso sfiorando la mimesis. La mostra è allestita in contrappunto a Erosioni di Oreste Casalini, aperta contemporaneamente negli stessi spazi.
Oreste Casalini
Nato a Napoli, frequenta l’Accademia di Belle Arti di Roma. Lavora come assistente di Bruno Ceccobelli, con il quale realizza le prime mostre in Italia e all’estero, entra poi nello studio di Fabio Mauri, suo maestro, con il quale stringe un’importante amicizia durata fino alla sua morte. Nel 1990 realizza la sua prima personale a Sarajevo con un’opera in cera su tela di grandi dimensioni, poi distrutta durante la guerra. Nel 1992 si trasferisce a New York dove espone in una personale all’Istituto italiano di cultura Casa Zerilli-Marimò. A Napoli e a Roma partecipa a mostre collettive e realizza installazioni temporanee o permanenti in spazi privati e pubblici, anche in collaborazione con studi di architettura. Accanto a cicli di opere su carta e su tela, inizia una sperimentazione sulle relazioni tra tecniche tradizionali e nuove tecnologie digitali da cui nascono opere come E-body (disegni in digitale di grande formato), Chemical Brothers (sculture in gesso e ceramica), Oki-Sud (video-scultura). Del 2005 è la personale In Cantiere alla Galleria A.A.M. di Francesco Moschini a Roma. Nel 2007 progetta il restyling per due fermate della metropolitana di Napoli e vince il concorso LUAS Art Competition per la metropolitana di Dublino. Con un gruppo di artisti realizza una serie di mostre e performance centrate sul rapporto tra contemporaneità e tradizione, culminate nella collettiva Antico e Novissimo del 2008 (Palazzo Mochi-Zamperoli, Cagli). Nel 2010 è artista e curatore alla Biennale di Architettura di Venezia nell’ambito del progetto E-picentro, dedicato alla distruzione della città de L’Aquila a causa del terremoto. Dallo stesso anno collabora con il gallerista Franz Paludetto e nel 2011 ha la personale Dal Bianco al Nero presso il Castello di Rivara, con un ciclo di opere in lava vulcanica e gesso. Seguono le personali Pure Power (Dubai), Black Hole (Napoli), Flowers of Romance (Norimberga). Nel 2013 realizza un ciclo di sculture incentrate sulla figura dell’angelo, legame concreto tra materiale e spirituale, ispirato alle sculture di Bernini di Ponte Sant’Angelo a Roma. Con queste opere realizza Balanced-In equilibrio, installazione esposta nella sala centrale del Castello di Rivara, in cui immagini, suoni e architettura concorrono all’equilibrio complessivo dell’opera. Nel 2014 partecipa alla fiera Ostrale di Dresda con l’installazione Devotion #5; l’anno seguente espone la scultura Re-Birth nel parco del Castello di Rivara, realizza l’installazione Doppio Senso nell’ambito di Equinozio d’Autunno 2015 e l’opera TerraMadre viene acquisita dalla Fondazione Telethon al Centro Olivetti di Pozzuoli (Napoli). Nel 2016 lavora principalmente a disegni e ceramiche ed espone la serie Fragile al Castello di Rivara. Nel 2017 presenta Panopticon alla Kandinskij House a Mosca e tiene la personale Aritmie nello Spazio Menexa a Roma. Del 2008 è la grande antologica Oreste Casalini. Una moltitudine. Opere dal 1998 al 2018, a cura di Paola Pallotta, allestita presso l’Istituto Portoghese di Sant'Antonio in Roma, in cui espone cicli di opere eterogenee per tecnica, dimensioni e appartenenza cronologica, ma serratamente unite dal coerente ‘edificio interiore’ dell’artista. Del 2019 è la sua partecipazione agli Atelier presso il MACRO Asilo di Roma con la realizzazione di opere in tempo reale, conversazioni e dibattiti con il pubblico, altri artisti e poeti e con specialisti dell’arte. Hanno scritto di lui: Fabrizio Pizzuto, Paolo Aita, Paola Pallotta, Paolo Balmas, Clara Tosi Pamphili, Francesco Moschini, Emanuele Trevi, Diletta Benedetto, Angelo Mistrangelo, Renato Rizzo, Ilaria Piccioni, Giorgio De Finis, Donatella Pinocci, Michela Scolaro, Francesca Bottari, Vittorio Emiliani, Simona Barucco, Ludovico Pratesi, Stefano Petricca, Gianni Mercurio, Ada Lombardi, Patrizia Ferri, Dragan Stenek, Pietro Pedace, Sarah Wasserman, Ornella Tozzi, Antonio Di Gennaro, Benjamin Th. Fels.