In memoria di Lucia Latour, pioniera della danza contemporanea
La danzatrice e coreografa è scomparsa dopo una lunga malattia. Ricordiamo l’artista attraverso le parole degli amici e dei colleghi che con lei hanno lavorato, studiato e collaborato
Ci ha lasciati il 13 aprile la coreografa Lucia Latour, portata via da una lunga malattia che la famiglia definisce “simile ma non uguale a quella di Trisha Brown”. Pioniera della danza contemporanea in Italia, “sperimentatrice acuta delle possibilità del gesto corporeo e tecnologico”, nelle parole della coreografa e danzatrice Alessandra Sini.
Nata a Roma nel 1940, Lucia Latour studia danza all’Accademia Nazionale e architettura all’Università di Roma. Si impone all’attenzione internazionale con un lavoro sul corpo che è sullo spazio scenico svolto attraverso una ricerca d’avanguardia sulle possibilità “intercordice” del linguaggio coreografico. Architetti, danzatori, ingegneri, musicisti, poeti lavorano a stretto contatto con Latour, creando con lei un linguaggio sperimentale, in cui la tecnologia e l’architettura hanno una parte importante, soprattutto a partire dal 2002, quando la compagnia ALTROTEATRO, fondata nel 1986 diventa ALTROEQUIPE. Tantissimi le danzatrici e i danzatori che hanno lavorato con lei. Tra i primi lavori Anihccam (1989), con le sorelle Sini. Dal 1993 musica, scultura, luce partecipano come in un rituale, all’idea di corpo indiviso. Di questo periodo sono gli spettacoli: Marmo Asiatico (1993), Metopa sud-Planktai (1994), Ultramarine (1995). Nel 1997, Lucia Latour forma un nuovo gruppo di danzatori, con l’aiuto di Ketty Russo, già dal 1988 danzatrice della compagnia. Per Straballata (1997) collabora con il musicista Alvin Curran, realizza poi Du vu du non vu (1998), Šansa (1999) e Physico (2001) con le architetture di Orazio Carpenzano.
Come se tutta una generazione di danzatori, romani o meno, sia passata nelle sue fila, per un tempo più o meno lungo, per imparare il movimento cinetico e la stasi. Anche come docente all’Accademia Nazionale di Danza, all’Accademia Silvio D’Amico, all’Università La Sapienza e al liceo Artistico di via Ripetta, ciò che la muove è la vocazione sperimentale. Nel ‘92 con Virgilio Sieni, Efesto, Giorgio Rossi, Enzo Cosimi, Massimo Moricone firma il Manifesto della danza come arte contemporanea. L’ultimo lavoro, Lallunahalone è del 2008, dopo del quale si ritira dalle scene.
I funerali si terranno il 20 aprile in forma privata presso la casa di Lucia Latour e del marito, l’artista Achille Perilli.
La memoria è una voce plurale. Vogliamo quindi ricordare Lucia Latour attraverso le parole e i ricordi di chi l’ha vissuta da vicino.
IN RICORDO DI LUCIA LATOUR. LE PAROLE DI AMICI E COLLEGHI
Stamane Alessandra Sini ci ha informati con un post su Fb della scomparsa di Lucia Latour.Una donna e un artista di grandissima generosità con cui ho condiviso tante avventure artistiche e umane. Una vera guerriera della bellezza con una corazza di acciaio che nascondeva una generosità e una fragilità sorprendenti.
Quante riflessioni, discussioni, liti, risate, abbuffate di cibo abbiamo fatto insieme..
Lucia…Always in my heart!
– Enzo Cosimi, coreografo
Ho avuto l’onore di lavorare con Lucia per un decennio intenso ed esaltante.
Ho ammirato in lei l’amore sconfinato per l’arte che sperimenta e “vive nei corpi”.
Lucia voleva che si parlasse, non per programmare (io non ho mai avuto da lei alcun imput sul programma architettonico) ma per liberare gli occhi, che intuiscono, dalle bende dell’inconsapevolezza perché “ogni cosa detta é detta da un osservatore”.
Nominare, concettualizzare, provocare, mettere in tensione le idee, incazzarsi, per comprendere che nulla può esistere nel teatro, come nell’esistenza, senza un rigoroso studio, in profondità, nella carne viva dell’arte che sgorga dagli organismi viventi. Diceva spesso alle sue amate danzatrici di liberare la motilità innata entro una serrata torsione verso la motilità artificiale e di non improvvisare mai (!) a meno che “tu sappia esattamente cosa vai a fare.”
Addio Lucia.
– Orazio Carpenzano, Professore Ordinario di Progettazione Architettonica e Urbana, Università La Sapienza
Collega in Accademia e collega in quel movimento della danza italiana d’autore.
Perché lo spazio implica uno sguardo e una ricerca che il mero calcolo geometrico non può bastare ma è l’architettura a svelare i misteri della fisica e dell’estetica e tu Lucia ce lo hai saputo dimostrare con una chiarezza cristallina, che ha fatto storia prima e oggi resta a garantire che la danza tutto trasforma ma non distrugge e non dimentica.
– Enrica Palmieri, Direttrice Accademia Nazionale di Danza, a nome dell’AND
Di Lucia Latour, nella mia generazione di danzatori e coreografi a Roma, del suo lavoro, se ne respirava l’aria e il lascito in ogni dove: nelle lezioni di danza, nei suoi spettacoli e in quelle delle giovani coreografe e performer della sua compagnia che cercavano di farsi strada in percorsi autonomi. Era una pioniera, una raffinata e clinica studiosa del movimento, dello spazio, della relazione tra danza e architettura. Interessata alle nuove tecnologie e a dispositivi visuali innovativi, alla musica e al suono, alle arti visive, nella danza aveva indirizzato un grande lavoro sui principi di una dinamica accelerata e indefessa che conduceva in accelerazioni impetuose, spingendo l’interprete verso picchi cinetici, tesi nel superamento del loro limite.
Lucia Latour era stata un punto di riferimento, una grande pedagoga, una condottiera di grandi battaglie per il riconoscimento della danza contemporanea italiana, che ha svolto con Enzo Cosimi, Massimo Moricone, Virgilio Sieni e altri attraverso il manifesto del LAICC. Molte volte abbiamo parlato della sua importanza con Enzo e Massimo, avrei molto desiderato che un riconoscimento nuovo, storicizzato, dichiarato al suo lavoro, giungesse prima della sua dipartita.
– Maria Paola Zedda, curatrice – studiosa
Posso solo dire che Lucia Latour era un genio.
– Michele Di Stefano, coreografo – curatore
Ho danzato nella compagnia di Lucia Latour dal 1996 al 2000. Anni intensissimi e travolgenti. Lucia era un vulcano (lo so la metafora non è certo tra le più originali, cosa che non si accorda assolutamente con la personalità di Lucia), in costante ricerca di intercettare e agganciarsi al vulcano che era in noi. A volte era molto incandescente a volte, più raramente, poteva diventare leggera come lapilli. Ma era però sempre accesa. La stessa potenza vigorosa che generava in tutti un grande fascino per lei e per il suo linguaggio artistico, generava anche tensioni e frizioni profonde a volte laceranti. Se entravi in contatto con lei tutto sempre veniva vissuto con quella tinta rossa come il colore dei suoi capelli ricci. Nelle sue discussioni sull’arte, sulle avanguardie, nei suoi aneddoti di quando apparteneva, anzi potrei dire, militava in Altro Teatro, nella sperimentazione artistica dei gruppi romani. Lei si dava completamente però cercava di non rimanere attaccata solo al suo passato, Lucia Latour voleva fare suo il contemporaneo. La danza per lei non è mai stata un codice rigido ma richiedeva un rigore e una presenza a volte ai limiti dell’impossibile… che poi diventava possibile.
Da quando sono andata via della compagnia non ci siamo più viste né sentite…ora sento che mi dispiace…tanto.
Ciao Lucia
– Francesca Bonci, danzatrice
La prima volta che vidi uno spettacolo di Lucia, Frilli Troupe, rimasi molto colpita dalla corporeità delle danzatrici, dalla loro capacità di gestire l’equilibrio, dal loro essere stabili senza doversi “tenere”. Mi entusiasmò la visione del mondo, l’approccio al movimento e alla creazione che quello spettacolo mi trasmise e mi dissi: “io voglio stare là”. Così cominciai a lavorare con Lucia Latour e ho danzato, esclusivamente, nella sua compagnia per 12 anni. Attraverso lei, il suo lavoro, mi sono formata artisticamente e di questo dono gli sono profondamente grata. Dopo anni di lavoro fatto al suo fianco ho compreso che, se la formazione tecnica di un danzatore può essere svolta in una qualsiasi buona, ottima scuola, per la formazione artistica è necessario che si ponga in essere un’intima ed intensa relazione con un artista, e lei lo era completamente.
– Ketty Russo, danzatrice – insegnante
Sono malinconica, sono grata.
Con Lucia Latour ho capito anche che mente e immaginario sono il cuore del corpo del danzatore. Che nella danza e nella vita le intuizioni migliori passano per la sottrazione, per lo stare faccia a faccia con il semplice, banale, reale gesto. Spogliato di tutto tranne che della verità e del motivo essenziale per il quale esiste.
– Laura Taradel ex danzatrice per la compagnia Altroteatro di Lucia Latour. Psicologa, danzaterapeuta, analista scientifico del comportamento non verbale
Che brutta notizia. E che peccato che non le sia stato ancora riconosciuto ufficialmente il contributo grandissimo che ha dato alla ricerca coreografica italiana.
Grazie al laboratorio che iniziò al I Liceo Artistico di Roma, che poi fu continuato dalle sue danzatrici Ketty Russo e Francesca Bonci, ci fece scoprire la danza.
L’unica volta che ho avuto modo di lavorare qualche giorno con lei mi salutò con un ruggente: “Vaffanculo! Tu potresti diventare un grande artista cinetico”. Grazie dell’augurio Lucia Latour.
– Enrico Ticconi, danzatore – coreografo
Oltre alla Lucia Latour artista, che mi ha sorpreso, divertito ma sempre soprattutto sorpreso, tanto era il fervore del suo pensiero coreografico, quella sua ansia di andare oltre, di provare, di cimentarsi, di scoprire strade sempre nuove, mi viene in mente in questo momento la prima volta che la conobbi, alla conferenza stampa con cui si presentava la mia prima “uscita pubblica” come studiosa di danza. Era il 1990, e con grande timidezza pronunciavo poche parole su una mostra su due danzatori dei primissimi decenni del 900, Alexandre e Clotilde Sakharoff, nei cui archivi avevo lavorato per un paio d’anni. Scorsi Lucia in fondo alla sala, aveva uno sguardo curioso e intenso che un po’ mi intimidì e un po’ mi confortò. Mi sentii accolta, capita. Ho visto i suoi spettacoli in seguito, e ancora più di recente ho iniziato a studiare il suo lavoro nel gruppo Altro e la figura di Perilli, grande mediatore di Schlemmer nella danza italiana degli anni 70. Una sera di tanti anni fa incontrai a Piazza Argentina Lucia con un mio carissimo amico, Toti Scialoja. Camminavano a braccetto parlando fitto fitto. Non volli disturbarli, loro mi passarono accanto senza accorgersi di me. Cari amici, mi conforta ora pensarli assieme.
– Patrizia Veroli, studiosa
Lucia Latour, grandissima coreografa, artista geniale e grande innovatrice, che ha saputo anticipare i tempi, coniugare la tecnologia, la danza e l’architettura dando vita ad un rinnovato modo di percepire il corpo e il movimento nello spazio, sulla scena reale e virtuale. Un concetto di motilità e di propriocezione che supera la scena teatrale e può altresì essere applicato a qualsiasi disciplina scientifica e umanistica; dalla biomeccanica all’architettura, dalla pedagogia alla storia dell’arte. Così come hanno dimostrato le collaborazioni con dipartimenti universitari in questi campi del sapere.
Per me come per diverse generazioni di danzatori e artisti è stata una maestra senza eguali. Lucia ha saputo donarmi un’altissima formazione, in un luogo e in un momento storico dove non esisteva nulla di altrettanto desiderabile per me.
Nella speranza che il suo lavoro le sopravviva e possa nutrire tanti altri come noi.
Lucia ti salutiamo con un grande abbraccio cinetico centrifugo/centripeto…
– Vera Maglioni, artista
Ho conosciuto Lucia nel 97′ ad Orvieto, dopo gli studi a Parigi. È ancora vivo in me il ricordo della percezione del mio corpo alla fine delle due settimane di lavoro con Lucia. Ero stravolta e trasformata dalla ricerca che ci proponeva: quella rigorosa metodologia incentrata sui focus di movimento mi aveva permesso di toccare sfere del movimento a me sconosciute ma cariche di potenzialità. Il raffinato lavoro sullo spazio, nato dal connubio dei due ambiti che Lucia abbracciava, l’architettura e la danza, mi ha poi definitivamente convinto a rientrare in Italia. Grazie Lucia per ciò che mi hai trasmesso e per avermi accompagnata in quegli anni così importanti.
– Giada Bevilacqua, danzatrice
All’audizione Lucia invitò i candidati talmente tante volte ad andarsene via che una buona parte dei danzatori se ne andò scoraggiata prima della selezione. Lucia era cosi. Era una guerriera, nel bene e nel male. I termini ‘ragionevole’ e ‘compromesso’ non sembravano appartenere al suo vocabolario. In prova era li’ a spiegare, provocare, correre, urlare. Le sue conoscenze in danza, architettura, arte, scienza … erano enormi. In prova poteva evocare i sistemi emergenti, Frank Gehry, Kurt Joos, Brancusi, Teshiagawara, parlando di ogni cosa in modo approfondito e vissuto. Il suo sapere e la sua intelligenza erano magnetici e poter immergersi nell’esperienza di una cultura sconfinata come la sua ha modificato credo chiunque sia stato vicino al suo lavoro, per poco o per molto tempo.
La sua morte mi rende un po’ triste. Mi chiedo come la danza italiana abbia potuto disconoscere in questo modo un’artista con una cifra coreografica così precisa e articolata, che ha saputo indicare una strada attraverso cui il corpo potesse diventare materia architettonica dinamica, produttrice di spazio. Un lavoro così esigente e approfondito sul corpo, che riesca a generare un corpus proprio e coerente di pratiche, di tecnologie, di linguaggio.
– Luna Paese, danzatrice – coreografa
Le mani. Le dita lunghe, chiare, nodose.
Si muovono come avessero una spina dorsale.
Aprono spazi e traiettorie, quelle che il corpo poi percorrerà.
La danza assottigliata rivelata nei dettagli dei micro spazi e nelle distanze, insieme. La sua danza (anche) fuori dal corpo, a lato del corpo e senza il corpo.
– Marta Bichisao, danzatrice con Lucia Latour, danzatrice e coreografa Opera Bianco
– Chiara Pirri
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