La decadenza degli anni ’80. Francesco Vezzoli a Roma
Fondazione Giuliani, Roma ‒ fino al 19 luglio 2019. Gli Anni Ottanta italiani raccontati da Francesco Vezzoli, svelando l’avvio di una decadenza politica e culturale oggi dilagante.
“Fotografie di Aldo Moro o Enrico Berlinguer con una soubrette? Non esistono. Solo a partire dagli Anni Ottanta politica e spettacolo vanno a braccetto”. Francesco Vezzoli sorride in mezzo alle immagini dell’“Italia da bere”, riunite in occasione di Party Politics, la sua mostra personale alla Fondazione Giuliani. Una sfilata di gigantografie dedicate ai personaggi che hanno popolato, nel bene e nel male, l’infanzia dell’artista, nato a Brescia nel 1971: Sofia Loren e Marella Agnelli, Bettino Craxi e il suo giovane pupillo Silvio Berlusconi, Giulio Andreotti e Ilona Staller, Gianni de Michelis e Maria Pia Fanfani, colti dai paparazzi dell’epoca (Umberto Pizzi, uno per tutti) in pose eccessive, spesso sguaiate, rese ancora più grottesche dagli implacabili flash dei fotografi. Tutte impreziosite da cornici dorate molto simili, per avvicinarle formalmente ai capolavori dei maestri del passato.
VEZZOLI COME CARPACCIO
Vezzoli cita Tintoretto e Veronese, Hogarth e Holbein il Giovane, ma suggeriremmo invece come paragone stringente i teleri realizzati da Vittore Carpaccio per le Scole di Venezia, da San Giovanni Evangelista a San Giorgio degli Schiavoni. Come le opere carpaccesche fissano un momento storico preciso, che il pittore veneziano ‒ forse il migliore storyteller del suo tempo ‒descriveva a fil di pennello con abiti sontuosi, copricapi eccentrici, architetture sublimi.
Allora Venezia respirava ancora un pizzico di quella grandeur che si sarebbe poi dissolta, se pur lentamente, con la scoperta dell’America. Così come l’Italia cominciava, all’alba degli Anni Ottanta, quel processo di decadenza, non solo morale ma soprattutto culturale, che oggi sembra infinito e inesorabile. E bene ha fatto Vezzoli a coinvolgere in Party Politics la penna di Filippo Ceccarelli, autore degli sferzanti titoli che accompagnano questa agrodolce mise en abyme del nostro Paese, al quale una classe politica cinica e cialtrona, ma tanto festaiola, ha insegnato a ballare Chissà se va della platinata Raffaella nazionale sull’orlo del burrone, ma con il volume talmente alto da nascondere la discesa in fondo al precipizio. Già ampiamente annunciato, come suggerisce Vezzoli, dall’immagine a nostro avviso emblematica dell’operazione Le sette vite del Telegatto. Immortalati nella stessa posa di una squadra di calcio, ognuno con il felino dorato in mano, vediamo Giulio Andreotti, Corrado, Vittorio Gassman, Enzo Biagi, Gianluca Vialli, Zucchero e Beppe Grillo: la prima, la seconda e la terza Repubblica in un unico scatto.
POLITICA E SPETTACOLO
Acuto e pungente il breve testo del giornalista del Foglio Michele Masneri, che accompagna questo progetto firmato da Vezzoli, nel quale si sottolinea la vera natura di “intrattenitori “dei politici italiani a partire dagli Anni Ottanta, immancabilmente attratti da paillette e lustrini. “Come hanno capito benissimo oggi i ministri, che a differenza di allora non ricercano il contatto col mondo dello spettacolo, perché naturalmente sono loro che son diventati lo spettacolo”, sottolinea Masneri. E Vezzoli, da bravo mattatore contemporaneo, li mette a nudo nella loro vera essenza, in questa operazione apparentemente banale ma in realtà sottile e incisiva nella sua cinica semplicità.
Così, dopo TV70: Francesco Vezzoli guarda la Rai, la mostra sulla televisione tra gli Anni Sessanta e Settanta alla Fondazione Prada, da Giuliani l’artista mette in scena un passato capace di svelare il punto di partenza di una decadenza inesorabile di un Paese dove, diceva Orson Welles, “tutti sanno recitare, tranne gli attori”. Chi vuole intendere intenda…
‒ Ludovico Pratesi
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