Ecco perché bruciamo le opere
L’hanno chiamata CAM Art War. A Casoria, per protestare contro l’abbandono delle istituzioni culturali, bruciano opere della collezione del museo. Mentre si moltiplicano le strutture museali alle prese con gravi problemi di gestione e di programmazione futura, il direttore del museo campano, Antonio Manfredi, dimostra per l’ennesima volta di maneggiare bene le corde della comunicazione, con una dimostrazione plateale ma già molto seguita dai media. Artribune l’ha intervistato, e ci sono le foto del rogo…
Martedì 17 aprile, ore 18. Davanti all’ingresso del museo CAM, a Casoria, si consuma il dramma: va in fiamme l’opera dell’artista francese Séverine Bourguignon. A bruciare la tela lo stesso direttore del museo campano, Antonio Manfredi, che aveva atteso tutta la giornata un cenno da parte delle istituzioni. Il segnale non è arrivato, e con la rabbia e la commozione di Manfredi, dello staff del museo e della stessa artista, in collegamento su Skype, si è svolto il sacrificio di un’opera d’arte della collezione permanente del CAM. L’artista ha confermato la sua decisione di far distruggere la propria opera, decisione che ha definito “politica” e necessaria perché obbligata dalle contingenze nefaste. Se ne è già parlato molto, ma ad Artribune piace andare a fondo, per cui ci siamo fatti raccontare la situazione direttamente dal direttore…
Ma insomma, direttore, cosa sta succedendo?
La cultura italiana è in crisi ovunque. E il Museo CAM, con le sue mille opere, è una realtà innegabile che non può essere più ignorata. Abbiamo deciso di protestare in questo modo così doloroso per sottolineare l’impossibilità di continuare a tutelare l’arte e la cultura in queste condizioni.
Il caso del Museo Madre e del Maxxi, per citarne due a lei più vicini, sottolineano un’idea di politica culturale distante da quella del suo Museo. Una macchina costosa dell’intrattenimento da impacchettare e portare uguale nel mondo. Proprio il contrario della sua idea di arte/cronaca di frontiera. Cosa ci dice?
Il CAM ha dato vita, in questi anni, ad una nuova idea di Museo. Un Museo low cost, che spende poco, privilegia le differenze, sostiene le singole problematicità, diffonde le differenti realtà culturali e geografiche del mondo. Un luogo in una terra difficile, dove si può fare cultura guardando la cronaca ed il sociale, attraverso mostre su tematiche scottanti, esposizioni permanenti e didattica per i bambini delle scuole. Un presidio artistico che vanta una delle maggiori collezioni europee di arte multimediale e di arte orientale e la più completa collezione di opere di artisti napoletani dal secondo dopoguerra ad oggi, dove si difende la creatività, si conosce e si pratica la complessità estetica contemporanea.
Ma così non le sembra di esagerare? Dove vuole arrivare?
Tutti qui lavorano a titolo gratuito. Dalle istituzioni non è arrivato niente. E se lo Stato abbandona la cultura, allora tanto vale che bruci. Oggi, 18 aprile, sempre alle 18, un’artista napoletana, Rosaria Matarese, darà fuoco ad una sua opera. I roghi al CAM continueranno. Smetteremo solo se viene qui Ornaghi o Caldoro a incontarci.
Ivana Porcini
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