Pistoletto | Tayou | De Bruyckere | Sun Yuan & Peng Yu
Doppia personale di Michelangelo Pistoletto e Pascale Marthine Tayou; personale della scultrice belga Berlinde De Bruyckere; personale del duo di artisti cinesi Sun Yuan & Peng Yu.
Comunicato stampa
BERLINDE DE BRUYCKERE
'A single bed, a single room'
Inaugurazione sabato 27 aprile 2019, via del Castello 11, 18-24
Fino al 1 settembre 2019, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
“Questi alberi hanno perso la loro corteccia (la loro pelle) molto tempo fa. Ancora in piedi nello stesso punto dove furono piantati, ma per quanto ancora? Sono morti, consumati al punto che nemmeno le loro braci fornirebbero calore sufficiente per essere di conforto. L’unico servizio è al picchio che li perfora e alle infinite schiere di insetti e vermi. Spogliati della corteccia sembrano nudi, persino umani. Come tendini e ossa.”
Da una lettera scritta a J.M. Coetzee, 12 Novembre 2012
Galleria Continua ha il piacere di ospitare una nuova mostra personale di una delle figure più importanti dell’arte contemporanea, Berlinde de Bruyckere. Influenzata dal carattere intimo e personale dell’ambiente privato, l’artista belga presenta una serie di opere realizzate appositamente per gli spazi espositivi dell’appartamento. Gli oggetti parlano degli elementi essenziali della vita, avviluppati in calchi in cera di alberi caduti, quasi a imporre la forza della natura sul più sicuro degli ambienti, quello domestico. Scaturite dall’urgenza di investigare in profondità la condizione umana, le sculture rimandano a un dolore ancestrale e riflettono su temi umani irrisolti, come la vulnerabilità, la mortalità, la solitudine, la sofferenza e la nostalgia.
L’universo ricolmo di disagio dei lavori di De Bruyckere ha attirato l’attenzione del mondo dell’arte internazionale dai primi anni Novanta. Nella prima fase della sua carriera l’artista ha costruito rifugi: strutture precarie, realizzate con stracci intessuti e pile di materassi e coperte – una riflessione sulla disperata ricerca umana di accoglienza e protezione, capace di incarnare una presenza rassicurante e allo stesso tempo una natura soffocante. Il suo lavoro è caratterizzato dall’esplorazione degli opposti: la vita che vince sulla morte, la capacità redentrice dell’amore di fronte alla violenza e alla paura, corpi violati che simultaneamente si svelano e si nascondono. Cariche di forza e sensualità, le sue sculture realizzate in cera e pelle di cavallo descrivono un mondo fatto di distruzione e crudeltà, ma anche di dignità umana, redenzione ed amore.
Chiamata nel 2013 a rappresentare il Padiglione Belga alla 55° Biennale di Venezia, l’artista ne affida la curatela allo scrittore africano premio Nobel J.M. Coetzee per una riflessione a due voci su quella particolare condizione che ci vede d’improvviso dipendenti e bisognosi dell’aiuto di altri, privati della possibilità di provvedere alla nostra stessa cura. De Bruyckere presenta “Kreupelhout – Cripplewood”, un gigantesco calco in cera di un olmo sradicato, dipinto con i colori della pelle e della carne umana, riconducibile a un corpo: caduto, ferito, parzialmente coperto da bendaggi e delicatamente adagiato su cuscini e coperte. Il progetto viene a maturazione lentamente, intrecciando al ricordo delle immagini di alberi morti in una foresta della Borgogna e di un olmo sradicato, l’iconografia di San Sebastiano, rappresentato spesso legato ad un albero con frecce conficcate su tutto il corpo. “Quest’uomo, afferma Berlinde De Bruyckere, malgrado le ferite, rimane un simbolo di virilità e di bellezza. Noi, come lui, dobbiamo accettare le nostre cicatrici per sopravvivere (…). Ogni mio lavoro è compresenza di vita e di morte, eros e thanatos sono sempre presenti ma qui in più vi è il tema del prendersi cura.”
Nella mostra a San Gimignano torna l’albero come immagine fortemente simbolica legata alla vita, ma anche come elemento materiale, potente, organico e mutevole. Tre tronchi ‘scarnificati’ della loro corteccia, scavati e rimodellati dal tempo, segnati da lividi e cicatrici sono imprigionati come un dipinto all’interno di una cornice: costretti in un ambiente domestico. Altri, che ancora mantengono la struttura irregolare del calco in cera della corteccia, trovano rifugio precario all’interno di un grande armadio, debolmente ma fieramente in piedi l’uno a fianco all’altro. Materia che si trasforma in materia altra: la fragilità diventa evidente – tangibile nel suo continuo passaggio da forza a vulnerabilità, sofferenza e guarigione, abbandono e conforto. Una narrazione attraverso forme estreme – non fanno eccezione le sculture in cera appese alle pareti della galleria - tuttavia sempre legata alla possibilità di un cambiamento che è crescita e miglioramento.
Berlinde De Bruyckere è nata nel 1964 nella città di Gent, in Belgio, dove vive e lavora. Espone regolarmente nei più importanti musei e istituzioni internazionali. Le sue ultime mostre includono: “It almost seemed a lily”, Museum Hof Van Busleyden, Mechelen, 2019; “Il Mantello”, Chiesa di Santa Venera sulle Mura della Pace, Palermo, 2018; “Berlinde De Bruyckere”, Sara Hilden Museum, Tampere, 2018; “Embalmed”, Kunsthal Aarhus, Aarhus, 2017; “Suture”, Leopoldmuseum, Vienna, 2016; “The Embalmer”, Kunsthaus Bregenz – Kunstraum Dornbirn, 2015; “Berlinde De Bruyckere”, Gemeentemuseum Den Haag, 2015; “Il me faut tout oublier”, La Maison Rouge, Parigi, 2014; “Berlinde De Bruyckere”, SMAK, Gent, 2014; “Kreupelhout - Cripplewood”, Padiglione Belga, 55° Biennale di Venezia, 2013; ‘In the Flesh’ Kunsthaus Graz, 2013; “We are all Flesh”, ACCA, Melbourne, 2012; “The Wound”, Arter, Istanbul, 2012; “Mysterium Leib. Berlinde De Bruyckere im Dialog mit Cranach und Paso¬lini”, Kunstmuseum Moritzburg, Halle e Kunstmuseum, Berna, 2011; “Berlinde De Bruyckere”, DHC / ART Foundation for Contemporary Art, Montreal, 2011. Molte sue opere sono entrate in collezioni permanenti tra queste: MoMa, New York; Collezione Gori, Fattoria di Celle, Pistoia; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino; Fondation Antoine de Galbert, Parigi e the De Pont Foundation, Paesi Bassi.
MICHELANGELO PISTOLETTO & PASCALE MARTHINE TAYOU
Una cosa non esclude l’altra
Inaugurazione sabato 27 aprile 2019, via del Castello 11, 18-24
Fino al 1 settembre 2019, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
Galleria Continua è lieta di presentare “Una cosa non esclude l’altra", un progetto espositivo che riunisce sotto lo stesso titolo due mostre personali, quella di Michelangelo Pistoletto e di Pascale Marthine Tayou. Un percorso che intreccia, in un confronto creativo, differenze e antinomie e che traccia il viaggio di umanità e alterità che coesistono in esso. Pistoletto, rivolgendosi a Tayou, dichiara "Come uno e uno fa tre, sono contento di fare questa mostra con te". Partendo dall'essenziale ricerca di Pistoletto, la "dualità creatrice", la frase esprime il significato emblematico della mostra: mettere in contatto due elementi distanti per dar vita a una terza forza che unisce. Tayou, interprete di un’arte globale, abituato a mescolare culture e stimoli geografici risponde: “Grazie, sono felice di questa mostra, e visto che sono un grande impaziente, verrò prima dell’appuntamento per non perdere questa occasione unica!"
Michelangelo Pistoletto e Pascale Marthine Tayou sono interpreti di un’arte aperta al dialogo e allo scambio. La loro opera si presenta come una ricerca in continua evoluzione ed espansione, intesa a ripristinare il contatto tra l’esperienza artistica e il mondo esterno. Un dialogo a più voci quello che si manifesta nella pratica multidisciplinare di Pistoletto, un’estetica che si fonda sulla relazione e sulla partecipazione capace di uscire dai confini dell’opera. Ridefinizione delle problematiche postcoloniali attraverso l’esperienza europea, riflessioni su questioni legate all’immigrazione, al ruolo dell’individuo, all’identità nazionale e culturale, la pratica di Tayou.
La mostra si apre con una delle opere più emblematiche di Pistoletto, la “Sfera di giornali”. La prima concepita dall’artista nel 1966 fu fatta rotolare per le strade di Torino nel dicembre 1967, una performance nota come “Scultura da passeggio”. I quotidiani con cui Pistoletto formò quella prima sfera riportavano notizie dei tumulti che agitavano l’Italia verso la fine degli anni Sessanta. In questa occasione Pistoletto crea una nuova sfera del diametro di più di 3 metri, ricoperta di giornali provenienti da tutte le parti del mondo l’opera si fa testimone dell’attualità del nostro tempo. Nella stessa sala, appese alle pareti, una serie di scritte a led di Pascale Marthine Tayou tratteggiano il villaggio globale palcoscenico del meeting point quotidiano del nostro vivere.
Nelle opere di Tayou prevale l’interesse per i materiali e i loro significati. In questa mostra utilizza chiodi arrugginiti dalle capocchie colorate mettendoli in dialogo con “Rotazione dei corpi” di Pistoletto. Il lavoro è costituito da due lastre trasparenti sulle quali è riprodotta una porzione di universo. Muovendo questi due elementi, si può cambiare in continuazione il punto attorno a cui tutte le stelle dell’universo girano. Per i due artisti non esiste dunque un centro unico nell’universo, ogni punto è il centro. Allo stesso modo ogni individuo è il centro della società.
Il lavoro di Pascale Marthine Tayou è volutamente mobile e sempre strettamente legato all’idea di viaggio e d’incontro con l’altro. Quella del viaggiatore per lui non è solo una condizione di vita, ma una condizione psicologica in grado di sovvertire i rapporti sociali, gli assetti politici, economici e simbolici del nostro vivere. In mostra incontra “FAME-AMORE-ARTE” (1968) una tra le opere storiche meno conosciute di Pistoletto: vecchie valige punteggiano il percorso espositivo.
Il confronto tra i due artisti continua attraverso una serie di sculture ‘appese’ e ‘sospese’, di opere risultato di gesto-azione, di video, di testi per concludersi nello spazio della platea. Qui uno studio sulle opere storiche di Pistoletto evidenzia l’interconnessione tra arte e vita, grandi specchi estendono lo spazio in un continuo presente, e contemporaneamente, riflettono noi stessi con tutto ciò che ci circonda. Una foresta di Tayou sfida la forza di gravità mentre grandi Poupées di cristallo soffiato si aggirano per lo spazio. “Una cosa non esclude l’altra”.
Michelangelo Pistoletto nasce a Biella nel 1933. Nel 1962 realizza i Quadri specchianti, con i quali raggiunge in breve riconoscimento internazionale. Tra il 1965 e il 1966 produce gli Oggetti in meno, considerati basilari per la nascita dell’Arte Povera. Negli anni Novanta fonda a Biella Cittadellarte-Fondazione Pistoletto, ponendo l’arte in relazione attiva con i diversi ambiti del tessuto sociale al fine di ispirare e produrre una trasformazione responsabile della società. Nel 2003 è insignito del Leone d’Oro alla Carriera alla Biennale di Venezia. Nel 2004 l'Università di Torino gli conferisce la laurea honoris causa in Scienze Politiche: l'artista annuncia la fase più recente del suo lavoro Terzo Paradiso. Nel 2007 riceve a Gerusalemme il Wolf Foundation Prize in Arts, “per la sua carriera costantemente creativa come artista, educatore e attivatore, la cui instancabile intelligenza ha dato origine a forme d'arte premonitrici che contribuiscono ad una nuova comprensione del mondo”. Nel 2011 è stato Direttore Artistico di Evento 2011 a Bordeaux. Nel 2013 il Museo del Louvre di Parigi ospita la sua mostra personale Michelangelo Pistoletto, année un - le paradis sur terre. In questo stesso anno riceve a Tokyo il Praemium Imperiale per la pittura. Nel 2014 il simbolo del Terzo Paradiso è stato installato nell'atrio della sede del Consiglio dell'Unione Europea a Bruxelles durante il semestre di presidenza italiana. Nel 2015 la Universidad de las Artes de L'Avana gli conferisce la laurea honoris causa. Nello stesso anno realizza un'opera di grandi dimensioni, intitolata Rebirth, collocata nel parco del Palazzo delle Nazioni di Ginevra sede dell'Organizzazione delle Nazioni Unite. Nel novembre 2016 espone al Museo Nacional de Bellas Artes dell’Avana con una grande retrospettiva dedicata al suo lavoro passato e presente. Nel 2017 prende parte alla 57° Biennale di Venezia con “One and One Make Three”, un evento collaterale presso la Basilica di San Giorgio. Memorabile nel 2018 il grande tour in Sud America, tra le mostre più importanti realizzate quella a Lima e a Santiago del Cile. Sue opere sono presenti nelle collezioni dei maggiori musei d’arte moderna e contemporanea.
Pascale Marthine Tayou (Nkongsamba, Cameroun, 1966; vive e lavora a Gent in Belgio) è conosciuto a livello internazionale dagli anni ’90 e soprattutto in seguito alla sua presenza alla Documenta 11 (2002) e alla Biennale di Venezia (2005 e 2009). Ha partecipato a numerose esposizioni internazionali e a eventi artistici come la Biennale di Dakar (2018), la 5° Biennale Lubumbashi, Hangar Picha (2017), la Biennale PARCours – PARKunst (2016) ,la Triennale del Cairo (2015), la Triennale di Torino (2008), le Biennali di Gwangju (1997-1999), Santa Fe (1997), Sidney (1997), L’Avana (1997 - 2006), Liverpool (1999), Berlino (2001), San Paolo (2002), Munster (2003), Instanbul (2003) e Lione (2002-2005). L’artista ha presentato delle esposizioni personali nelle seguenti istituzioni: Macro (Roma, 2004 - 2012), S.M.A.K. (Gent, Belgio, 2004) MARTa Herford (Herford, Germania, 2005), Milton Keynes Gallery (Milton Keynes, Gran Bretagna, 2007), Malmo Konsthall (Malmo, Svezia, 2010) Mudam (Lussemburgo, 2011), La Villette (Parigi, Francia, 2012), KUB (Bregenz, Austria, 2014), Fowler Museum (Los Angeles, USA, 2014), Serpentine Gallery (Londra, Gran Bretagna, 2015), Bozar (Bruxelles, 2015), Musée de l’Homme (Parigi, Francia, 2015), CAC di Malaga (Malaga, Spagna, 2016), Varbergs Konsthall, Varberg (Svezia, 2017), IFA (Institut für Auslandsbeziehungen), Berlino (Germania, 2017), Mu.ZEE, Oostende (Belgio, 2018). Le sue opere fanno parte delle prestigiose collezioni di istituzioni internazionali come Centre Pompidou, Centre National des Arts Plastiques, Mudam, ARKEN Museo d’Arte Moderna, SMAK, Stedelijk Museum voor Actuele Kunst, Kunsthaus Bregenz, Museo Guggenheim di Abu Dhabi, Tate Modern, Louisiana Museum of Modern Art, MAC Lyon, MACRO Museo d’Arte Contemporanea Roma, National Gallery of Victoria, Salama Bint Hamdan Al Nahyan Foundation.
SUN YUAN & PENG YU
Inaugurazione sabato 27 aprile 2019, via del Castello 11, 18-24
Fino al 1 settembre 2019, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
A distanza di alcuni anni dalla loro prima personale in Italia tornano ad esporre a Galleria Continua di San Gimignano due figure di spicco del panorama cinese contemporaneo Sun Yuan & Peng Yu. Conosciuti internazionalmente per il carattere spesso destabilizzante e provocatorio delle loro opere e per l’uso di materiali singolari, gli artisti iniziano a collaborare come duo dalla fine degli anni ’90.
Il lavoro di Sun Yuan & Peng Yu è incentrato sulla costante conferma del paradosso, sulla ricerca perpetua della dualità tra il bianco e il nero, tra realtà e menzogna, tra manifesto e celato. La loro opera è la dimostrazione di una costante analisi della vita attraverso l’esperienza a cui spesso anche il pubblico è invitato a partecipare nella volontà di trovare l’essenza e la sostanza che si nasconde dietro l’apparenza.
I conflitti esistenziali, la condizione umana, l’ossessione per la morte e la vecchiaia, la violenza sono i temi che affrontano ponendo lo spettatore di fronte a scenari spogliati di qualsiasi filtro convenzionale. Video, fotografie, documentari e installazioni s’ispirano talvolta alla realtà, che lo sguardo personale degli artisti trasforma e altera rimandandoci immagini perturbanti nelle quali l’ironia, anche amara, ci svela significati più profondi. Emblematica da questo punto di vista è “I didn't notice what I am doing”, un’installazione composta da una serie di oggetti che pongono al centro la dimensione sublimale che sottende i processi cognitivi e le azioni quotidiane. Guardando gli animali rappresentati, il rinoceronte e il triceratopo, il nostro cervello stabilisce automaticamente connessioni e somiglianze che non hanno, invece, nessuna attinenza con la realtà né alcuna pertinenza scientifica. In un’altra opera, “Teenager Teenager”, la riflessione si sposta sui limiti della comunicazione, sui conflitti generazionali ma anche sulla possibilità di cambiare e di proteggere ciò che abbiamo: adagiati su dei divani in pelle alcuni adulti ben vestiti ‘osservano’ dei bambini che giocano. Sulle loro teste ingombranti massi impediscono in realtà ogni tipo di visione.
L'interesse per i materiali insoliti (dai tessuti di adipe umana, agli animali vivi o imbalsamati ai feti morti), lo stile iperrealistico ed una straordinaria capacità di intuizione è ciò che rende le opere di Sun Yuan & Peng Yu intense e uniche. Nelle installazioni e nelle performance più recenti i mezzi organici sono sostituiti da materiali sintetici e "macchine onnipotenti", caratterizzate da un grande virtuosismo tecnico, agiscono come metafore di una società consumistica che ha perso la sua strada.
Sun Yuan & Peng Yu sono tra gli artisti invitati da Ralph Rugoff a prendere parte alla 58° Biennale di Venezia.
Sun Yuan nasce nel 1972 a Pechino. Peng Yu nasce nel 1974 a Heilongjiang, in Cina. Si formano negli stessi anni presso la Central Academy of Fine Arts di Pechino, città dove tuttora vivono e lavorano. Numerose le istituzioni pubbliche e private dove hanno esposto: 5° Biennale di Lione (2000); Triennale di Yokohama (2001); 1° Triennale di Guangzhou (2002); Today Art Museum, Pechino (2003); MAC Museo d’arte contemporanea, Lione (2004); Biennale di Kwangju (2004); MuHKA: Museo d’arte contemporanea, Anversa (2004); Kunstmuseum di Berna (2005); 51° Biennale di Venezia (2005); Biennale Liverpool (2006); 2° Biennale di Mosca (2007); Kunsthaus di Graz (2007); Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Les Moulins / Habana (2008, 2009, 2011); The Saatchi Gallery, Londra (2008); The National Art Center, Tokyo (2008); Ullens Center for Contemporary Art - UCCA, Pechino (2009); 2° Biennale di Mosca (2009); Triennale di Aichi, Nagoya (2010); Biennale di Sydney (2010); Para\Site Art Space, Hong Kong (2011); The Pace Gallery, Pechino (2011); dOCUMENTA(13), Kassel (2012); Contemporary Art Center di Taipei (2012); Hayward Gallery, Londra (2012); PinchukArtCentre, Kiev (2013); Uferhallen, Berlino (2014); Qatar Museums (QMA), Doha (2016); Guggenheim Museum, New York (2016); 11° Biennale di Shanghai (2016); DMA- Daejeon Museum of Art, Daejeon (2017); Guggenheim Museum, Bilbao (2018).