Classico attualissimo. Umberto Riva a Milano
Fondazione Sozzani, Milano – fino al 5 maggio 2019. Tra le numerosissime proposte di una Design Week sempre più bulimica, spicca l’omaggio ‒ pacato, raccolto, “analogico” ‒ a una figura importante, ma spesso defilata, del progetto italiano. Ultimi giorni per visitare “Forme: Umberto Riva architetto e designer”.
“Ero ingordo di immagini”, racconta Umberto Riva davanti alla telecamera, nel video inedito realizzato da Francesca Molteni e Claudia Adragna che chiude la mostra inaugurata all’inizio di aprile alla Fondazione Sozzani, forse con l’intento di spiegare un percorso di studi erratico e l’approdo quasi casuale alla professione. “Il mio non è un lavoro di un intellettuale, ma quello dell’artigiano che si approssima alla forma”, prosegue il decano degli architetti italiani, 91 anni e ancora in attività, mentre spiega nello stesso filmato il suo approccio ‒ lento, individuale, più empirico che ideologico ‒ alla progettazione. Nell’intersezione tra queste due affermazioni trova tutto il suo senso il percorso espositivo curato da Gabriele Neri (autore anche di una recente monografia, Umberto Riva. Interni e allestimenti, edita da LetteraVentidue), una chicca tra le tante mostre organizzate a cavallo della Design Week milanese che rende un doveroso omaggio a una figura mai entrata veramente nel mainstream, concentrandosi sulla sua attività di designer.
I TEMI
Il discorso si sviluppa intorno a tre nuclei tematici: il rapporto di Riva con la luce, esplicitato attraverso i “vetri illuminati” disegnati per FontanaArte, Barovier & Toso e altre importanti aziende del settore e spesso ispirati alle arti figurative, gli arredi, con pezzi storici, prototipi rari e creazioni più recenti, e la ricerca in ambito grafico, con quadri, fotografie di edifici e schizzi inediti provenienti dall’archivio personale del Maestro, che mostrano la ricorrenza di alcuni pattern e forme geometriche, anche in progetti incomparabili per scala e finalità.
I pezzi esposti rivelano un’ispirazione onnivora che spazia dalla natura (Medusa, realizzata nel 1972 per VeArt) ai classici vasi veneziani in vetro soffiato (Veronese, disegnata nel 1984 per Barovier & Toso) e una continua sperimentazione di forme e materiali, dal vetro di Murano al cemento, dall’acciaio al legno o alla plastica, tipiche di chi non esclude nessuna delle molte possibilità del progetto. A fare da contraltare a questa curiosità aperta e trasversale c’è la leggendaria ritrosia di Riva, che lo porta a interpretare il design come una sommessa arte del quotidiano progettando interni tanto raffinati quanto discreti, da apprezzare palmo a palmo mentre li si attraversa, e disegnando mobili e oggetti talmente in armonia con il loro contesto da fondersi in esso.
L’ATTUALITÀ
A colpire è anche l’attualità di certi progetti degli Anni Sessanta e Settanta, tra i primi in una linea temporale che si spinge fino a includere due pezzi editati dalla galleria romana Giustini/Stagetti nell’ultimo biennio, la lampada Sud-Est (presentata, durante la Design Week 2018, in un allestimento che affiancava a Riva un progettista di tutt’altra generazione, il falegname-designer Giacomo Moor) e la poltrona E19 (2019). Esemplare in questo senso è la storia della lampada E63, disegnata da Riva nel 1963 raccogliendo l’ispirazione di una scultura di Brâncuși e diventata un’icona senza tempo al punto da essere scelta dall’arredatrice di scena di Blade Runner 2049, sequel della famosa pellicola di Ridley Scott, ambientato, come l’originale, in un futuro distopico.
‒ Giulia Marani
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