Bogdan Raţă e l’arte del desiderio
Combinazioni e deformazioni nella scultura di Bogdan Raţă, al confine con l’erotico.
Eros uguale Desiderio: brama – a volte drammaticamente quasi insopprimibile – di aderire, carezzare, possedere, compenetrare un altro da sé. È uno struggente moto psichico che però si indirizza in modo inevitabile a un che di fisico. Una fantasia affamata di realtà. Un esercizio di immaginazione che vorrebbe farsi magia: evocazione al presente di ciò (di chi) al momento spesso è assente. Quindi anche (al limite, ma neppure tanto) un atto creativo. È partendo da tali preamboli che si approda ad alcuni come e perché che caratterizzano la creatività strettamente erotica, un’arte (o pure un artigianato) più diffusa – per quanto dissimulata – di quanto si possa credere. L’arte del desiderio. Rivolta all’invenzione di un qualche corpo che non c’è.
Ed è esattamente il caso di Bogdan Raţă, scultore 35enne rumeno di Timișoara noto soprattutto per aver installato di recente differenti versioni di un colossale simulacro di una mano tesa verso il cielo, dal titolo The Middle Way, colorata in rosso acceso sia a Liverpool (di fronte alla neoclassica St. George Hall) sia a Porto (davanti all’ingresso della futuribile Casa da Música, a celebrare un secolo di amichevoli relazioni diplomatiche tra Romania e Portogallo), e invece con un elettrico blu a Kiev (in una piazza del centro, dove ha sostituito una precedente statua di Lenin distrutta a furor di popolo).
INCONTRI OCCASIONALI
Ma una “via di mezzo” è esattamente definibile anche tutta intera l’arte plastica di questo artista, che dagli inizi della sua attività, appena una decina d’anni fa, si è consacrato a ibridare diverse parti del corpo umano in modo da dare forma a nuove anatomie post-umane, come si usa dire. Ma se del post-umano si ha ormai un’idea più che altro lugubre, depressiva, fondamentalmente spaventosa, invece la combinatorietà di Raţă riesce a mantenere anche qualche aspetto ludico, non sempre preoccupante. Ha cominciato usando come modello il proprio corpo. Poi è passato a riprodurre corpi altrui, tanto maschili quanto femminili, innestando sempre a sorpresa parti incongrue tra loro: dita delle mani su piedi, mani su teste, capezzoli su talloni… Ma anche deformazioni differenziate, con introflessioni ed estroflessioni fra torsi, gambe, genitali e altro riprodotti con estremo realismo e trapiantati con tagli da provetto chirurgo. L’effetto spiazzante è assicurato, in perfetto ossequio fra l’altro alla celebre massima surrealista che proclama “bello come l’incontro occasionale di un ombrello e di una macchina da cucire su un tavolo operatorio”.
MISTERI DEL DISTURBANTE
Il fatto che le opere di Raţă siano realizzate intorno ad armature metalliche con resine sintetiche, poliestere, polistirene, fibra di vetro e infine tinteggiate con vernici industriali non deve trarre in inganno: al di là della “freddezza” dei materiali contemporanei, l’impatto che suscitano nel profondo è emotivo, coinvolgente, “caldo”. L’apparenza anche grottesca, il sottotesto anche respingente, lo spaesamento inesorabile che ne deriva, nonostante tutto, non escludono una forma di attrazione in qualche modo positiva – perlappunto, a sorpresa, persino erotica. Misteri del disturbante. Ma le figurazioni che si fanno sfigurazioni, le contorsioni che evolvono in distorsioni, le deviazioni che qualcuno chiamerebbe perversioni restano comunque sempre eccitanti. Difatti il “verso” normale, la via diritta e senza alcuna svolta, non ci appare banale piattume?
‒ Ferruccio Giromini
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #48
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