I numeri delle mostre italiane. L’editoriale di Stefano Monti
Stefano Monti analizza i numeri legati alle mostre italiane. Evidenziando la loro potenzialità su scala globale. Ma servono ulteriori strategie.
Con lo sguardo rivolto ai due anni appena trascorsi è possibile individuare alcune evidenze in merito ai trend di consumatori delle blockbuster exhibition in Italia rispetto allo scenario internazionale.
Quanto emerge dall’analisi dei dati permette di affermare che una strategia di posizionamento internazionale sarebbe più che auspicabile per il nostro Paese. Se da un lato, infatti, la stampa generalista non fa altro che osannare il ruolo che le cosiddette città d’arte giocano nello scenario turistico internazionale, dall’altro le nostre mostre e i nostri musei hanno macinato record più dovuti al “caso specifico” che a una visione strategica chiara.
Se per i musei, infatti, gli ingressi sono notevolmente aumentati in corrispondenza di ingressi gratuiti, le mostre hanno avuto una spinta grazie ad alcune iniziative estemporanee che difficilmente potranno essere replicate.
Limitando l’analisi alle sole top ten dei dati relativi alle mostre internazionali negli ultimi due anni, raccolti e resi pubblici da Il Giornale dell’Arte, i flussi di visitatori delle big exhibition nostrane conducono alla formulazione di alcune osservazioni di cui è necessario tenere conto.
Italia record di visitatori nel biennio: sembra strano, vero? Considerando esclusivamente le top ten del 2017 e del 2016, l’Italia è il Paese che ha mostrato livelli di visitatori più elevati sia per i visitatori totali (3.746.160) sia per visitatori al giorno (23.478). Prima che il buonumore si diffonda, tuttavia, è opportuno precisare che questi dati sono falsati dalla presenza della big exhibition The Floating Piers, l’installazione evento di Christo sul Lago d’Iseo che ha riscosso un successo raramente raggiunto in precedenza.
“L’Italia può essere un punto di riferimento per le mostre a livello europeo e internazionale”.
Tolta la dimensione record, i numeri delle strutture italiane mostrano livelli non altrettanto entusiastici. Le potenzialità sono ovviamente notevoli. Nello scenario domestico, le Gallerie degli Uffizi la fanno da padrone conquistando sia il primo che il secondo posto per le mostre più visitate, mentre il bronzo va alla Biennale di Venezia. Nel confronto internazionale, senza considerare l’evento di Christo, l’Italia è quarta per numero di visitatori totali (2.546.160 contro i 3.659.974 del Regno Unito, cui spetta il primato) e settima per visitatori medi al giorno (6.304 contro i 22.809 francesi).
Quello che è importante sottolineare è che non si tratta semplicemente di numeri. Queste considerazioni evidenziano che l’Italia può ambire a essere un punto di riferimento per le mostre a livello internazionale ed europeo. Continuando a guardare i dati, infatti, emerge come i visitatori dei grandi attrattori nostrani tendono a essere inclini alle cosiddette attività di up-selling: vengono a visitare un museo e poi hanno maggiore inclinazione a pagare anche per la visita di una mostra. Ciò non implica, tuttavia, che tali mostre debbano essere completamente contenute all’interno di quegli spazi: i grandi attrattori dovrebbero svolgere una funzione di hub, rimandando i visitatori anche ad altre strutture cittadine.
Iniziare a ragionare in ottica sistemica implica anche che si superi quella sorta di competizione che c’è tra le varie strutture museali.
‒ Stefano Monti
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #16
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