L’impermeabile di Barthes. Sei artisti a Perugia
Studio Franca, Cannara – fino al 23 giugno 2019. Keith Arnatt, Gene Beery, Jeff Gibbons, Fabio Giorgi Alberti, Marco Raparelli e Nyla van Ingen sono i protagonisti della mostra curata da Jo Melvin in provincia di Perugia.
“Language Games”, l’esposizione organizzata a Cannara (in provincia di Perugia, fra Bevagna e Assisi) negli splendidi spazi dello Studio Franca, non è soltanto una mostra in cui immagine e parola si incontrano per creare piacevoli cortocircuiti linguistici o forme e formule di continuità tra sostrati scritturali e iconosferici, ma anche un dispositivo riflessivo che si rapporta con lo spazio e trasforma quest’ultimo in un’opera d’arte integrale, dove lo spettatore può riconoscere la parte e il tutto, l’opera e il suo rapporto con le altre opere, le opere diligentemente impaginate e, appunto, l’ambiente che le ospita.
Curata da Jo Melvin, questa piacevole passeggiata offerta a Cannara (attenzione, la mostra è visitabile su appuntamento, pertanto +39 328 1688775 | 340 3837989) è scandita da sei nomi dell’arte – Keith Arnatt, Gene Beery, Jeff Gibbons, Fabio Giorgi Alberti, Marco Raparelli e Nyla van Ingen –, le cui opere sono unite al filo sottile e irrequieto di un discorso che è gioco, di un linguaggio che è costruzione, di una espressione che è tessuto analitico. Funzionali generatori di effetti che virano sull’attualità, e dunque sulle trama della storia, del sociale e naturalmente del repertorio antropologico, i lavori di questi artisti sono infatti associati da una idea che investiga i materiali dell’arte e in questi stessi materiali scorge un denominatore comune legato al piacere del testo, al godimento offerto dai linguaggi, alla soggettività della creatività umana la cui tensione è quella di amalgamare, omogeneizzare, afferrare le mille sollecitazioni della vita, facendole stridere tra loro.
LA METAFORA DELL’IMPERMEABILE
Muovendo dalla flessibilità consentita alla scrittura nella pittura, nel disegno e nella scultura, le tappe di Language Games – con il loro profilo corsivo e veloce – sono scandite da una visione polimediale che accoglie e assorbe nello spazio una serie di transiti, di spostamenti, di slittamenti, di traduzioni al cui baricentro possiamo scorgere la metafora dell’impermeabile proposta da Barthes (“La funzione dell’impermeabile è di proteggere contro la pioggia, ma questa funzione è indissociabile dal segno stesso di una certa situazione atmosferica”).
“Qui la pittura gioca fra letteralità e tradizione e su questa tradizione si interroga”, avvisa Jo Marvin. “Le idee associate con qualsiasi pratica riflessiva critica non hanno una specificità di medium, anche se possono emergere da una particolare tradizione. Un film può essere un modo di dipingere, e introdurre nell’idea di pittura l’idea del filmico e della durata, così come un dipinto può portare nuove considerazioni su come vedere un film. Allo stesso modo, il suono richiama lo spazio architettonico, così come l’esperienza della durata e dell’abitare. Questi dipinti usano il linguaggio della pittura, dell’arte, o di uno specifico medium – o della mancanza di esso – e nel farlo sottintendono il movimento o lo spostamento da un materiale a un altro, creando una sorta di transizione”.
‒ Antonello Tolve
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