La galleria aA29 Project Room apre la sua terza sede a Reggio Emilia. Intervista al fondatore
Caserta, Milano e ora Reggio Emilia. Gerardo Giurin, fondatore di aA29 Project Room, ci racconta dell’identità ibrida di questo spazio, tra galleria e incubatore di progetti sperimentali
Il percorso di aA29 Project Room inizia nel 2014 con l’apertura da parte di Gerardo Giurin e del socio Antonio Cecora della prima galleria a Caserta, uno spazio commerciale ma attivo anche con residenze d’artista e progetti site specific. Il modello si dimostra vincente e in poco tempo viene aperta un’altra sede a Milano. Ora aA29 Project Room si appresta a inaugurare una terza sede, in una palazzina ex industriale vicino al centro storico di Reggio Emilia. Con la mostra Open Ceremony, aprirà i battenti il 14 giugno e sarà un compendio dei migliori progetti esposti dalla galleria negli ultimi anni. Gli artisti invitati sono Yvonne De Rosa, Ivan Grubanov (in mostra al Padiglione Serbia della Biennale di Venezia del 2015), Jompet Kuswidananto (alla Biennale di Venezia del 2011 con un progetto site-specific per Gervasuti Foundation) Isabella Pers, Tiziana Pers, Patrizia Posillipo, Matilde Sambo, Kyle Thompson e Sasha Vinci. Le loro ricerche sono legate a temi scottanti e attuali: problematiche ambientali, sociali, antispeciste e non antropocentriche. Abbiamo ricostruito la storia di aA29 Project Room assieme al fondatore Gerardo Giurin.
A cosa si riferisce il nome della galleria?
aA29 prende il nome da un piccolo asteroide che misura 60 km, formatosi dallo scontro tra la Terra e il pianeta Theia, da cui è nata la Luna. Quindi è come un mancato pezzo di Luna. Compie un moto ellittico, a ferro di cavallo, segno fortunato.
Qual è, quindi, la metafora con la galleria?
La cosa che mi affascinava è proprio il senso dell’asteroide: la galleria è come un corpo piccolo che vaga nell’immenso universo del sistema dell’arte, non ci si accorge sempre della sua presenza ma ha una propria traiettoria.
E riguardo alla dicitura Project Room?
L’ho aggiunta perché è il luogo dove si sperimenta, come in un museo. Per me è importante, anche come galleria, mantenere una linea di ricerca continua.
Pensi che sia possibile unire l’identità commerciale della galleria a quella sperimentale della project room?
Assolutamente sì! Presento i progetti creati ad acquirenti che ormai hanno definito un collezionismo di questo tipo, che diventano sostenitori del percorso degli artisti.
Qual è l’indirizzo di ricerca della galleria?
È un approccio a tematiche sociopolitiche, ma anche a declinazioni di sostenibilità ambientale, con artisti che perseguono questo tipo di ricerca da oltre quindici anni.
Quando hai aperto la prima sede di aA29 Project Room?
Alla fine del 2014 ho fondato la prima sede della galleria, a Caserta, mia città di origine. Un anno dopo ho aperto quella di Milano.
Milano e Caserta sono due città molto differenti come approccio all’arte contemporanea: una è tra i centri nevralgici del sistema artistico in Italia, ma non l’altra.
Sì, Caserta ha un’accezione provinciale ma nel senso positivo del termine. Si dice che in Italia l’arte arrivi dai grandi centri, invece arriva dalle province: penso che i grandi centri siano piuttosto un punto di arrivo del lavoro, mentre la ricerca degli artisti arriva da piccoli luoghi, piccole pratiche. Ad esempio, la ricerca di Sasha Vinci arriva direttamente da Scicli e diventa poi qualcosa di universale. Se fossi un artista vivrei in questi luoghi, dove c’è una forte contraddizione.
Da cosa si distingue la sede di Caserta in questo?
Per me è una sede fondamentale frequentata da tanti artisti, in cui la galleria funziona anche da residenza: mettiamo a disposizione l’alloggio e loro ci passano settimane e mesi per sviluppare il proprio progetto. Milano, al contrario, offre più possibilità commerciali e contatti con collezionisti e grandi musei.
In tutto questo, come si colloca Reggio Emilia, destinazione della prossima galleria?
Reggio Emilia è una sede che viene incontro a due esigenze, quella di magazzino, con uno spazio di 600 metri quadrati, e quella di punto commercialmente strategico. Collega un tessuto diventato molto interessante, che unisce Modena, Parma, Bologna; la stessa Reggio Emilia, con il festival di Fotografia Europea, si è ampliata enormemente. Abbiamo molte aspettative su questa nuova apertura.
Quale sarà l’impiego della nuova galleria?
Continueremo a esporre i progetti dei nostri artisti nella loro totalità, anche se molti di loro sono accomunati, per esempio, dall’uso della fotografia come medium trasversale alla scultura, alla performance, al video a altro. Al momento non rappresentiamo nessun artista che si dedichi a un solo mezzo espressivo.
Come sarà lo spazio?
Lo spazio è meraviglioso. Si trova nei pressi del centro, in un ex palazzo industriale degli anni ’50. Fa parte di un complesso in cui i camion non riescono ad arrivare perché le stradine sono concepite con le misure di allora. Non va bene per abitarci, né per usi industriali e noi lo abbiamo adibito a galleria: un open space dove potremo dare il via a tanti nuovi progetti stimolanti.
Puoi anticiparci qualcosa di Open Ceremony, la mostra con cui aprirà il nuovo spazio?
Questa mostra sarà un compendio degli artisti rappresentati negli ultimi due anni con i loro progetti. Ogni artista ha una ricerca di carattere politico con varie declinazioni, quindi possono essere messi insieme e confrontarsi tra loro.
– Giulia Ronchi
Reggio Emilia // dal 14 giugno all’8 settembre 2019
aA29 Project Room – Open Ceremony
Via Verdi 10
Dal mercoledì al venerdì 15:30 / 19:30
[email protected]
www.aa29.it
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati