Edoardo Caimi / Jana Schröder
Mostre personali di Jana Schröder e di Edoardo Caimi.
Comunicato stampa
T293 presenta per la prima volta il lavoro di Edoardo Caimi, il quale focalizza la sua pratica sul contrasto tra moderno e primitivo, tecnologico e tribale, società consumista e natura, creando un immaginario basato sul cortocircuito tra questi due mondi.
La mostra espone alcune installazioni formate da pneumatici contrassegnati da tag colorati. Queste isole di oggetti trovati e recuperati assumono le vesti di una barricata.
Lo spazio della galleria si trasforma in un habitat sicuro in cui gli elementi vengono trasformati in nuovi “graffiti”, tracce del passaggio di una presenza umana. Queste sculture vengono sottoposte a un processo di deterritorializzazione e di riterritorializzazione, trasformandosi in “monumenti dell'altrove”, i quali portano con sé le caratteristiche del luogo e il suo cambiamento legato al tempo e al clima.
Caimi inizia la sua ricerca esplorando la natura che lo circonda - la quale diviene il mezzo attraverso cui confrontarsi con la vita - facendo tesoro di quegli oggetti trovati e raccolti durante le esplorazioni. Questo aspetto è tuttora centrale nella sua pratica. Contemporaneamente alla scoperta dei graffiti, l'ambiente naturale lascia gradualmente spazio agli edifici industriali abbandonati, come vecchie fabbriche o casolari di campagna. L’approccio ai graffiti supera però le regole classiche: i primi tag si trasformano in forme astratte, evidenziando le macchie sui muri lasciate dal tentativo di cancellare altri segni precedenti. In seguito, questi outline vengono trasferiti su oggetti trovati in loco, così da virare l'attenzione sull’elemento stesso. Nell'era post-moderna l'iconografia della rovina porta con sé i segni del suo passato, definendo una stratificazione del tempo e facendosi espressione della tensione tra natura e struttura.
Abbracciando le teorie 'survivaliste', Caimi trasforma l’ambiente in cui opera in un eventuale rifugio per scenari distopici e post-apocalittici, mentre gli elementi del luogo, aggregati tra loro, si tramutano in barriere estemporanee e ripari da possibili pericoli futuri.
T293 will exhibit for the first time works by Edoardo Caimi, introducing his practice focused on the contrast between the modern and the primitive, the technological and the tribal, the consumerist society and nature, that creates an imaginary based on the short circuit between these two worlds.
The exhibition presents some installations consisting of tires which are marked with colored tags. These islands of found objects take the form of a barricade.
The gallery space turns into a safe habitat where the elements are transformed into new "graffiti", traces of the passage of a human presence. These sculptures undergo a process of deterritorialization and reterritorialization, they become “monuments of the elsewhere”, and they bring along with them the characteristics of the place and its variation along with time and climate.
Caimi started his research when he was young. Exploring the nature around him became the mean through which he was confronting with life. He treasured the found objects by collecting them, and this aspect never left his practice. Simultaneously with the discovery of graffiti, the natural environment he was used to explore gradually left space to industrial spaces such as abandoned factories, or abandoned farmhouse in the countryside. His approach has always gone beyond the classic rules: at the beginning he was used to highlight stains on walls left by the attempt to erase other previous graffiti. By doing this his tags turned into abstract shapes. Later on, these outlines were transferred to found objects found in the place, so that the attention towards them became much more significant. The iconography of ruin, in the postmodern era, brings with it the signs of its past, by defining a stratification of time. It is an expression of the tensions between nature and structure.
Embracing the ‘survivalist’ theories, the buildings thus become a refuge from dystopian and post-apocalyptic scenarios, while the elements of the place are composed together to become barricades, improvised walls, and a shelter from these possible dangers.
Jana Schröder fa il suo ritorno in galleria con una serie di nuovi dipinti monocromatici, come proseguimento della serie Kadlites.
In questi nuovi lavori la superficie pittorica viene ridotta per dare maggiore importanza al contenuto, lasciando spazio a una contaminazione di linee ripetute e stratificate, che conferiscono densità, ritmo e armonia.
Schröder ci presenta una pittura concettuale nella sua molteplicità d’azione, in cui la pratica gestuale costante diventa al contempo meditativa e performativa. Questi ‘segni di energia’ vengono marcati ripetutamente con la grafite e con il pennello, mescolando la trementina con polvere di piombo. Attraverso cancellature di alcuni tratti per mezzo di una gomma o di ulteriore pittura, Schröder moltiplica poi i segni già tracciati, che così sconfinano in negativo in nuove direzioni.
La ripetizione è “memoria invertita”, sosteneva Kierkegaard, ossia è la produzione di qualcosa di nuovo, e non semplice riproduzione di ciò che già esiste. Così le opere di Schröder agiscono nel substrato dell’astrazione: i segni gestuali formano strati di livelli e diventano vere e proprie sperimentazioni. Queste tracce, temporali e spaziali, sono testimonianza dell’esperienza pittorica dell’artista. Le marcature invitano ad avvicinarsi alla tela, a studiare più da vicino le linee e le loro progressioni. Divengono una sfida percettiva per lo spettatore, che si trova di fronte a un’idea, trasportata energeticamente in pittura.
I confini tra disegno, scrittura e pittura appaiono ormai valicati. È il processo, la ripetizione del gesto, lo studio delle possibilità del divenire dell’opera e il superamento dei suoi limiti ciò che interessa all’artista. Il linguaggio segnico si espande sulla superficie della tela, nella quale non esiste un vero centro, andando quasi a sconfinare dallo spazio.
Jana Schröder returns to the gallery with a series of new monochrome paintings, a continuation of the Kadlites series.
In these new works the pictorial surface is reduced in order to give a greater importance to the content, and it turns into a space for contamination of repeated and layered lines, that confer density, rhythm and harmony.
Schröder presents conceptual painting in its multiplicity of action, in which the constant gestural practice is both meditative and performative. These 'energy signs' are repeatedly marked by the graphite pencil and the brush, mixing the turpentine with lead powder. By erasing some traits by means of a rubber or another painting, Schröder then multiplies the previously traced signs, which cross over into new directions.
Repetition is "inverted memory", according to Kierkegaard, a production of something new, and not merely a reproduction of what already exists. The works of Schröder act in the substratum of abstraction: gestural signs form layers of levels and become actual experimentations. These temporal and spatial traces represent a record of the artist's pictorial experience. The marks invite you to get closer to the canvas, to study the lines and their progressions more closely. They become a perceptive challenge for the viewers, who find themselves in front of an idea that is being energetically translated into painting.
The boundaries between drawing, writing and painting appear to be already overcome. What the artist is interested in is the process, the repetition of the gesture, the study of the possibilities of the becoming of the work, as well as of the overcoming of its limits. The sign language expands on the surface of the canvas, in which the centre doesn’t exist anymore, and goes beyond the limits of the space.