La Madonna Benois. Una primizia leonardesca a Fabriano
Poco più che bambina, sorridente e divertita nel guardare il suo piccolo che goffamente cerca di afferrare un fiore. Dopo un lungo viaggio, la “Madonna Benois” è giunta a Fabriano per celebrare la XIII Unesco Creative Cities Conference (10-15 giugno) e porta con sé la testimonianza dello stile di un giovane Leonardo, oltre a una storia misteriosa.
Una musica soffusa, appositamente composta, e un labirinto nero accompagnano i visitatori della Pinacoteca Molajoli verso un unico punto di luce, verso un capolavoro tornato in Italia dopo tanti decenni e che ben rappresenta il non scontato rapporto di intensa collaborazione culturale tra il nostro Paese e la Russia. Giunge infatti dall’Ermitage la piccola, rivoluzionaria Madonna Benois: uno dei pochi dipinti esistenti di Leonardo da Vinci, nonché una delle rare opere la cui attribuzione al maestro toscano, “azzardata” dallo studioso Liphart nel 1908, non è più stata messa in discussione.
Ci si potrebbe chiedere perché il prezioso quadro ha trovato la sua casa temporanea proprio nella piccola Fabriano, dove Leonardo non è mai stato pur essendosi occupato di studi e progetti in territori relativamente vicini, come ad esempio a Cesenatico. “In Italia non esistono città che non meritano grandi capolavori” – afferma il direttore dell’immenso museo russo, Michail Piotrovskij. Si pensi infatti che pure il grande toscano è nato in un piccolo borgo, Vinci, e che la cittadina marchigiana ha dato i natali al celebre Gentile, che da essa prende il cognome. L’Ermitage in questi mesi di celebrazioni per i 500 anni dalla morte di Leonardo, invece di organizzare grandi eventi a San Pietroburgo, ha deciso di “donare”, e il termine è volutamente enfatizzato, la possibilità alle opere leonardesche – la Madonna Litta, ad esempio, arriverà presto a Milano – di tornare nel Paese che le ha viste nascere. L’operazione non sarebbe tuttavia stata possibile senza il consistente impegno di Maria Francesca Merloni – erede di una famiglia di noti imprenditori e Unesco Goodwill Ambassador for Creative Cities –, che non dimentica il suo territorio e che lavora per offrire alla sua città “il privilegio della bellezza”.
UNA STORIA ANCORA MISTERIOSA
Ma come è finita la tenerissima “Madonnina bambina” a San Pietroburgo? Di preciso non si sa, ma sicuramente il trasloco risale a un’epoca antica. Nel XVI secolo si trovava a Firenze, per poi comparire a inizio Ottocento nella prestigiosa collezione del generale Aleksej Ivanovič Korsakov, il più antico proprietario finora conosciuto; alla sua morte la raccolta fu venduta e la tavoletta – poi trasportata su tela – venne acquistata nel 1824 dal mercante di caviale di Astrachan’ Aleksandr Petrovič Sapožnikov e donata nel 1880 alla fortunata Marija Aleksandrovna per le sue nozze con l’architetto Benua/Benois. La ricca signora decise di vendere il capolavoro nel 1913: il “re degli antiquari” parigini le offrì una cifra considerevole per poterne entrare in possesso, ma Marija, convinta patriota, scelse di cederla all’Ermitage Imperiale, rinunciando a una parte consistente del prezzo di vendita per conservare il dipinto in Russia. La Madonna Benois fu l’ultimissima e la più importante opera acquistata dall’Ermitage Imperiale prima della rivoluzione.
UNA NUOVA ICONOGRAFIA
È lo sguardo delicato eppur profondissimo di Carlo Bertelli che accompagna l’incontro con la Madonna Benois: “una precoce, piena e indipendente affermazione della pittura di Leonardo nel momento in cui, a circa ventisei anni, il giovane maestro abbandona la bottega del Verrocchio”, scrive lo studioso. Il dipinto, che si data tra il 1478 e il 1480, rimase incompiuto – la finestra è priva della veduta – e il pittore tramite esso scardinò la precedente tradizione iconografica: la Vergine non è in trono ma seduta su una semplice panca; le figure sono ritratte in un interno oscuro – “il mistero fa parte della sua poetica”, afferma Bertelli –, e il drappo d’onore è trasformato in una tenda; la Madre di Cristo è appena adolescente, ha un volto paffuto e immaturo, e soprattutto sorride, è “una mamma che si diverte con il suo bambino”, nonostante quel bambino cerchi di afferrare un rametto fiorito identificato come una “crucifera”, evidente prefigurazione del destino di Gesù.
La mostra è anche occasione di studio e approfondimento: il catalogo esamina “al microscopio” l’opera e la sua storia, e non manca un primo, parziale bilancio sulle celebrazioni per i 500 anni di Leonardo tracciato da Pierluigi Panza, il quale, dopo l’elenco delle iniziative – a partire dalla ormai notissima querelle e dei misteri attorno al Salvator Mundi di Abu Dhabi – conclude non senza una nota di polemica: “Non si sono registrati particolari avanzamenti interpretativi sulla figura di Leonardo”, che invece “è stata preda della ‘brandizzazione’ e di un consumo a tutti i livelli”.
‒ Marta Santacatterina
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