Accademia oggi
Cosa c'è di buono nel sistema italiano delle Accademie di Belle Arti e cosa invece deve essere completamente sovvertito? Questa è la domanda che abbiamo posto a dieci addetti ai lavori, che nelle accademie insegnano giorno dopo giorno, assumendosi gli oneri e gli onori della formazione artistica. Da Sud a Nord, sia i punti di forza che i problemi sembrano comuni. Una buona vitalità di studenti e docenti da un lato, strutture organizzative deboli, programmi antiquati, fondi scarsi e legislazioni bloccanti dall’altro.
RICCARDO CALDURA
docente di fenomenologia delle arti contemporanee – accademia di belle arti, venezia
Saper fare un’incisione o conoscere l’anatomia artistica può sembrare anacronistico quanto rivelarsi un vantaggio. Ma nell’articolazione dei percorsi formativi sarebbe necessario distinguere meglio gli aspetti legati all’educazione e all’insegnamento da quelli professionalizzanti nei settori delle arti applicate. E infine da quelli della creazione vera e propria. Rispetto a quest’ultima, l’impalcatura basata sulle discipline “classiche” mantiene una distinzione fra teoria e prassi, e fra le diverse tecniche, che ha poco senso nella complessità della ricerca attuale.
LUCA COSER
docente di elementi di morfologia e dinamiche della forma – accademia di belle arti, roma
Le accademie sono e continueranno a essere luoghi molto significativi per lo sviluppo delle ricerche artistiche giovanili. Per quello che in esse si può imparare, di certo la professionalità e la personalità dei singoli docenti è da sempre importante, ma soprattutto il “luogo accademia” in sé, ideale a creare tra gli studenti rapporti e dinamiche virtuosi. C’è da migliorare? Sempre! È così per ogni struttura di alta formazione che voglia dimostrare di saper stare al passo con un mondo che muta rapidamente.
GIACINTO DI PIETRANTONIO
docente di storia dell’arte e di teoria e critica del design – accademia di belle arti di brera, milano
Intanto c’è bisogno di più fondi, come per tutta la scuola italiana. Poi bisogna riformare la relazione numerica, e non solo, tra studenti e docenti. Da noi ogni docente ha qualche centinaio di studenti, mentre all’estero una decina. Va da sé che l’insegnamento ne risente. Poi bisognerebbe poter chiamare docenti senza concorsi, per chiara fama, che è uno dei motivi per cui molti artisti internazionali non insegnano nelle nostre accademie, anche se l’internazionalità di un artista non garantisce il fatto che sia sempre un buon docente. Poi c’è da dire che quelli che ci sono, e non è una difesa di categoria, si danno molto da fare per mandare avanti la scuola, ci mettono tanta passione, anche se da sola la passione non basta.
MARCELLO FALETRA
docente di fenomenologia dell’immagine – accademia di belle arti, palermo
La formazione artistica non è risolvibile nella parcellizzante formula 3+2. L’interiorizzazione dell’offerta formativa che ha invaso l’intera scuola italiana (accademie comprese) equivale all’interiorizzazione della concorrenza a scapito della conoscenza: da eliminare. Di buono le accademie hanno una variegata presenza di artisti, lavoratori della conoscenza, laboratori. Dunque, sono un osservatorio privilegiato per studiare e conoscere i profondi mutamenti delle forme e delle pratiche artistiche sia contemporanee come del passato. Formano e informano.
FLAMINIO GUALDONI
preside del dipartimento di comunicazione e didattica dell’arte – accademia di belle arti di brera, milano
La scelta di appiattirsi sull’università, che era già nel marasma di suo, non è stata il colpo di genio del secolo. Ciò ha accelerato gli aspetti peggiori: molta scuoletta e poca alta cultura, docenti sempre più improbabili, progetti didattici grotteschi. In Italia servirebbero cinque accademie forti, e ne abbiamo una pletora di scalcagnate. Il buono è che all’accademia lo studente può prendersi quello che vuole, alla faccia di ciò che non gli danno: e diventare ciò che crede, senza baroni arbitri del suo destino.
GIULIANO LOMBARDO
docente di teoria della percezione e psicologia della forma e culture digitali – accademia di belle arti, sassari
L’aspetto più positivo dell’accademia è la possibilità che i ragazzi hanno di portare avanti le loro ricerche e sperimentazioni in spazi comuni. Questo permette loro di confrontarsi stimolando un dialogo e uno scambio. Purtroppo la preparazione degli studenti che entrano in accademia è spesso povera dal punto di vista di cultura generale e di conoscenza dell’arte e della sua storia. Per evitare l’arbitrarietà dell’insegnamento, alcune materie necessitano di una letteratura scientifica che focalizzi i temi di un dibattito e produca degli orientamenti didattici di riferimento. Poi c’è la burocrazia, che non giova alla ricerca e alla didattica.
ANGELA MADESANI
docente di editoria per l’arte – accademia di belle arti di brera, milano
Molte accademie offrono degli ottimi insegnamenti teorici, anzi nel corso degli anni questa parte si è decisamente ampliata, tenendo conto delle nuove competenze artistiche. I linguaggi dell’arte negli ultimi cinquant’anni sono profondamente mutati e le accademie faticano a stare al passo, soprattutto per ragioni di natura economica. Non credo abbia più un gran senso la divisione in pittura, scultura ecc. È una divisione non tiene conto della realtà. Gli artisti più significativi che insegnano nelle accademie vanno ben oltre queste ormai desuete suddivisioni tematiche.
LUCIANO MASSARI
direttore – accademia albertina di belle arti, torino
[attualmente commissariata, l’Accademia di Torino è ora diretta da Nicola Maria Martino]
Le accademie, scuole di livello universitario per la formazione artistica, seppur con limiti di natura economica, offrono notevoli opportunità formative ai giovani: occasioni espositive, di sperimentazione e di confronto diretto con gli artisti che sono docenti nelle accademie. È auspicabile un potenziamento di questi aspetti attraverso un incremento della ricerca per le nuove tecnologie per l’arte e per la comunicazione, perché sono campi nei quali possono trovare impiego nuove professionalità.
BRUNO MUZZOLINI
docente di digital video – accademia di belle arti di brera, milano
Tutto sommato l’accademia assomiglia a questo Paese in cui viviamo, dove tutto è determinato da dinamiche stantie e inattuali. Serve aria fresca, presto, o le energie migliori finiranno per espatriare. Le accademie sono bloccate in uno stallo legislativo e strutturale che ne impedisce parzialmente il potenziale e lentamente le sta isolando dal mondo che le circonda. Nonostante ciò, ogni anno nuovo mi sento un privilegiato, incontro energie fresche e straordinarie, occhi che brillano e teste veloci, ragazzi appassionati e docenti motivati che contribuiscono a determinare un territorio fertile, ricco di stimoli e riflessioni sulla contemporaneità, che genera giovani artisti di grande interesse, consapevoli e determinati.
FABIOLA NALDI
coordinatore del corso di studi nuove tecnologie e docente di teoria delle arti multimediali – accademia carrara, bergamo
docente di problemi espressivi del contemporaneo – accademia di belle arti, bologna
Le accademie italiane sono ancora in grado di formare coloro che vogliono intraprendere la dura carriera dell’artista. Purtroppo le stesse vivono costantemente di restrizioni statali e di limiti interni. Le restrizioni riguardano leggi, regole, circolari che obbligano i direttori e i coordinatori a sottostare a vere e proprie imposizioni per quanto riguarda le diciture dei corsi e i programmi di studio. Questo ovviamente si riflette sulle potenzialità teoriche/pratiche interne al singolo insegnamento, che soffre di carenze gestionali sia per quanto riguarda i contrattisti sia per quanto riguarda gli interni, che spesso sono obbligati a fare molte più ore ma che non necessariamente hanno le reali competenze per intraprendere un nuovo programma di studio. Gestire questa parte in modo differente, a partire dalle basi delle stesse leggi, sovvertirebbe in parte questo problema.
LUIGI PAGLIARINI
docente di teoria della percezione e psicologia della forma – accademia di belle arti, macerata
La ricchezza insostituibile dell’accademia è la prerogativa di essere un laboratorio pubblico di ricerca artistica di base, affrancato da logiche di mercato, capace di donare ai giovani artisti un forte senso di comunità, tramandando tradizioni, pensieri e tecniche, altrimenti difficilmente conoscibili. Al contrario, ciò che non va è la gestione, caratterizzata dalla mancanza di fondi e la scarsa ricerca di quest’ultimi, da un sistema di reclutamento del personale fin troppo discrezionale e da insegnamenti che si rinnovano a fatica, perdendo il passo coi tempi.
MARIAGRAZIA PONTORNO
docente di installazioni multimediali e multimedia – accademia di belle arti, frosinone
Per un artista, lavorare in accademia è il privilegio più grande. E per artista intendo chi ha deciso consapevolmente di fare questo mestiere e tutti i giorni affronta la realtà da tale prospettiva, creando un circolo virtuoso lavoro, luogo di apprendimento e formazione. I corsi a contratto hanno posto in maniera prorompente la questione del curriculum, incrinando la logica del “chi sa fa, chi non fa insegna”. Poi, per le gestioni clientelari e campanilistiche delle graduatorie esiste sempre il ricorso al TAR!
MARCO SCOTINI
direttore del dipartimento arti visive, performative e multimediali – naba – nuova accademia di belle arti, milano
Se qualcosa di buono c’è all’interno delle accademie italiane (penso a Brera, all’Albertina) è sicuramente affidato a singole personalità (direttore, docente o assistente) e dunque è un fatto temporaneo, episodico, non sistematico. Per il resto le accademie italiane sono dispositivi di formazione fuori dai confini dell’arte contemporanea, macchine burocratiche, ruderi disciplinari. Conosco meglio tutto quello che nelle accademie non funziona e da qui sono partito per strutturare il dipartimento di arte che dirigo in NABA. Bisogna capire che quando l’arte è il motore delle attuali industrie creative, l’accademia non può che essere uno spazio di produzione.
a cura di Valentina Tanni
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #5
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