Arte a palazzo. Icaro, Mattiacci, Carboni e Termini a Urbino
Galleria Nazionale delle Marche, Urbino – fino al 21 luglio 2019. Lo storico edificio di Urbino ospita il dialogo fra quattro artisti contemporanei e i suoi spazi.
Baldassarre Castiglione l’aveva definito “una città in forma di palazzo”, per descrivere le proporzioni maestose e perfette del Palazzo Ducale di Urbino, uno degli edifici più esemplificativi delle forme armoniose dell’architettura del Quattrocento. Sede della Galleria Nazionale delle Marche, si è aperto per la prima volta all’arte contemporanea grazie al lungimirante coraggio del direttore Peter Aufreiter (il quale ha appena annunciato che non accetterà il rinnovo del contratto visto che non vede “certezze” nelle scelte del Governo riguardo a cultura e musei… NdR), che vi ospita mostre legate alla storia dell’edificio e al territorio marchigiano. L’ultima iniziativa espositiva è Incontro a Palazzo, un dialogo fra quattro artisti che vivono nella provincia di Pesaro-Urbino e lo spazio delle soprallogge, il corridoio di collegamento tra i vari ambienti del piano nobile dell’edificio.
Si tratta di Luigi Carboni, Paolo Icaro, Eliseo Mattiacci e Giovanni Termini, invitati da Adele Cappelli, che ha assegnato ad ognuno un lato del corridoio.
“Ho voluto rendere omaggio a un territorio che ha alimentato energie, raccolto fermenti, divulgato l’eco delle ricerche artistiche dagli Anni Sessanta a oggi”, spiega la curatrice. Gli artisti appartengono a due generazioni diverse, ma sono legati da amicizia e frequentazione, che li ha portati a costruire un progetto condiviso nelle sue linee espositive, con un risultato di grande sintesi e rigore.
ICARO E MATTIACCI
Il percorso comincia con Linea di equilibrio (2011) di Paolo Icaro, una lunga e sottile linea di acciaio posta sul pavimento, stretta in alcuni punti da blocchetti di granito che le conferiscono un andamento liquido e sinuoso, come un segno poetico nello spazio rinascimentale, quasi un sussurro nella coralità di un’architettura perfetta. Più concettuale l’intervento di Eliseo Mattiacci, che ha affidato l’incontro con il Palazzo Ducale a un’opera del 1972, Tavole degli alfabeti primari, esposta in quello stesso anno alla Biennale di Venezia: dieci grandi tavole di alluminio, simili ad antiche steli, recano incise a mano le lettere degli alfabeti arcaici, selezionati dall’artista con l’aiuto del suo amico, il poeta e critico d’arte Emilio Villa.
Scrittura come linguaggio, parola misteriosa e incomprensibile, comunicazione profonda ed esoterica, “al centro di un rito sulle origini capace di evocare le culture di tutti i popoli” (Cappelli).
CARBONI E TERMINI
Luigi Carboni presenta cinque tele delle stesse dimensioni (Cosa ben fatta, 2014-16, Sex, 2013-16, Luoghi Comuni, 2017, Dormiente, 2012-13, Senza varianti, 2013-18), poste in dialogo con le finestre dall’altro lato del corridoio: la struttura vibrante e stratificata delle opere, che la Cappelli ha felicemente definito come “risultati di scavi nei terreni dell’intimo, del reale, nel tempo della pittura”, scandiscono la lunghezza della parete come pause cromatiche, che suggeriscono il sedimentarsi del quotidiano e il sovrapporsi di storia e realtà.
L’ultimo intervento è Ostacoli (2019) di Giovanni Termini, ed è l’unico site specific: sei strutture utilizzate per rallentare o bloccare il passaggio delle persone attraverso dispositivi e materiali differenti, tutti dipinti da Termini con un colore azzurro chiaro, che li smaterializza per ricondurli a forme disegnate nello spazio. Un’opera che sottolinea la funzione delle soprallogge come luoghi di passaggio e di comunicazione tra i diversi ambienti della “città in forma di palazzo”, punteggiando il corridoio di strutture che ne limitano la fruizione.
Degna conclusione di una mostra che suggerisce una modalità di dialogo tra luoghi storici e arte contemporanea, basata sulla relazione diretta e dialogica con gli spazi, senza sovrapposizioni traumatiche ma nel rispetto assoluto del genius loci.
‒ Ludovico Pratesi
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