L’Art Bonus compie 5 anni. Bilanci e prospettive
Mentre la riforma Bonisoli attende il passaggio in aula, Federico Solfaroli Camillocci fa il punto sull’Art Bonus a cinque anni dalla sua introduzione. Mettendone in luce criticità e vantaggi.
L’Art Bonus compie 5 anni. Introdotto con il Decreto Legge n. 83 del 2014, il credito d’imposta del 65% per le erogazioni liberali a favore dei beni culturali pubblici e dello spettacolo è stato successivamente esteso ai beni culturali religiosi dei comuni terremotati e a numerosi enti dello spettacolo dal vivo.
L’Art Bonus ha segnato una svolta nel quadro delle agevolazioni tributarie a sostegno della cultura del nostro Paese. Grazie a questo nuovo strumento, in cinque anni sono stati donati oltre 350 milioni di euro da più di 11.600 mecenati e a favore di circa 1.650 beneficiari. Tra i maggiori interventi finanziati figurano quelli a favore dell’Arena di Verona, del Teatro alla Scala, del Teatro Regio di Parma, del Museo Egizio di Torino, del Teatro Donizetti di Bergamo, delle Mura urbane di Lucca. La chiave del successo sta anzitutto nella rilevanza del beneficio fiscale (in sostanza, a fronte di una donazione di 100, il donatore ha diritto a un credito d’imposta di 65 euro, con un costo effettivo della donazione di 35 euro), nonché nella semplicità del suo funzionamento: è sufficiente fare una donazione con una modalità tracciabile e conservare la ricevuta.
COME FUNZIONA
A differenza di altre detrazioni e deduzioni fiscali, il credito d’imposta può essere utilizzato anche in caso di mancanza di reddito imponibile, essendo scomputabile da tributi e contributi e portato agli anni successivi. Inoltre, a differenza delle sponsorizzazioni culturali, è irrilevante ai fini dell’IVA.
In breve, il beneficio riguarda le erogazioni liberali in denaro effettuate ‒ oltre che per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, anche se gestiti da concessionari o affidatari privati – per il sostegno degli istituti e luoghi della cultura di appartenenza pubblica, nonché per il sostegno di enti nel settore dello spettacolo e la realizzazione di nuove strutture e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo.
È possibile scegliere l’intervento da finanziare consultando il portale www.artBonus.gov.it, gestito dalla Ales, società in-house del MiBAC, contenente tutte le informazioni relative alla disciplina dell’Art Bonus e costantemente aggiornato con i chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate e gli importi delle donazioni per singolo intervento. I mecenati sono imprese e fondazioni bancarie, ma anche cittadini comuni che hanno l’opportunità di contribuire a preservare il nostro patrimonio artistico godendo di una parziale ma significativa detassazione. Oltre a stimolare la responsabilità sociale delle imprese, l’Art Bonus ha il merito di incentivare i privati a partecipare attivamente alla salvaguardia dei beni culturali, in particolare di quelli situati nel proprio territorio, rafforzando il legame con le realtà e i siti culturali locali.
I LIMITI
Va riconosciuto, peraltro, che, accanto a numerosi vantaggi, l’Art Bonus presenta anche dei limiti. Anzitutto, è riconosciuto per gli interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali “pubblici”, con esclusione quindi dei beni culturali di proprietà privata. Questa restrizione, giustificata da ragioni di controllo, è per la verità attenuata dall’interpretazione estensiva del requisito dell’“appartenenza pubblica” dei luoghi della cultura adottata dall’Agenzia delle Entrate. In alcune risposte a interpelli, il credito d’imposta è stato ritenuto applicabile anche a erogazioni a favore di enti di diritto privato purché si tratti di interventi a favore di luoghi della cultura aperti al pubblico e situati in edifici pubblici. Inoltre, l’Art Bonus è stato riconosciuto per erogazioni a favore di iniziative private di crowdfunding destinate al restauro di beni culturali pubblici. Da più parti si chiede una modifica legislativa che renda applicabile l’Art Bonus anche ai beni culturali privati, purché vincolati e aperti al pubblico, che siano iscritti in un’apposita anagrafe. In tal modo, la nostra normativa si allineerebbe a quella di molti Paesi europei, accogliendo una nozione di bene culturale basata non sulla titolarità formale dello stesso, ma sulla natura di bene destinato a una fruizione pubblica.
Altra criticità è costituita dal fatto che il credito d’imposta compete nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile per le persone fisiche e gli enti non commerciali, e del 5 per mille dei ricavi per le imprese. Per la verità, la fissazione di limiti massimi, dovuta a ragioni di cautela fiscale, costituisce un elemento costante anche di altre agevolazioni fiscali presenti nella legislazione italiana nonché in quelle estere.
La maggiore limitazione dell’Art Bonus è rappresentata, a nostro parere, dall’impossibilità pratica di fruizione da parte di quei soggetti che, essendo titolari unicamente di redditi soggetti a imposte sostitutive o a ritenuta a titolo d’imposta o a cedolare secca, non sono in grado di far valere il credito d’imposta. Il problema potrebbe essere superato prevedendo la cedibilità del credito d’imposta, analogamente a quanto accade per altri Bonus. La circolazione del credito potrebbe incentivare, in particolare, le erogazioni da parte di residenti all’estero, i quali, in assenza di redditi prodotti in Italia, attraverso la cessione del credito sarebbero in grado di monetizzare il beneficio fiscale.
POSSIBILI SVILUPPI
Altra prospettiva interessante potrebbe essere quella di riconoscere il credito d’imposta per il sostegno dell’attività di giovani artisti italiani, allargando quindi l’operatività della leva fiscale anche all’arte contemporanea.
Una riflessione va fatta, infine, sulla scarsa conoscenza di questo strumento fiscale, nonostante la campagna pubblicitaria di qualche anno fa con la felice formula “Siamo tutti mecenati”. Ne andrebbe diffusa ulteriormente la conoscenza tra le imprese e i cittadini, con accurate campagne di promozione di progetti che mirino a coinvolgere stabilmente i donatori nel sostegno della cultura. Si pensi, ad esempio, alle campagne di fidelizzazione promosse dallo Sferisterio di Macerata o al progetto Art Bonus della Regione Lazio, che propone un mix di sponsorizzazioni e donazioni dirette al recupero di beni culturali della regione.
In attesa di un’auspicabile revisione organica della disciplina fiscale del settore, l’Art Bonus ha dimostrato di essere un valido strumento per il sostegno delle attività culturali, suscettibile di estensione e miglioramento, non certo di ridimensionamento.
‒ Federico Solfaroli Camillocci
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