La morte di Andrea Camilleri. Il ricordo dell’artista e amico Paolo Canevari
L’artista Paolo Canevari (Roma, 1963, vive e lavora a New York) ricorda in questo articolo lo scrittore Andrea Camilleri, al quale lo legava una amicizia profonda. Nel 2002 al suo lavoro è dedicata una monografia con i testi di Andrea Camilleri.
Caro Andrea,
ti scrivo oggi. Sì, lo so, è tardi e tu questa lettera non puoi leggerla; non avresti potuto in ogni caso, so anche questo: da quando tre anni fa ti ha colpito la cecità, le lettere bisognava che le leggesse qualcun altro, ma io sono certo che questa mia ti arriverà comunque e che potrai ascoltarla serenamente dall’alto di qualcosa che non so se è una nuvola, ma sicuramente in alto si trova.
Ti scrivo per dirti grazie, nient’altro.
LE ESTATI SUL MONTE AMIATA
Grazie dei giorni solari passati in campagna, quando nella controra estiva del monte Amiata venivo a “tuppiare” alla vostra porta, peraltro sempre aperta, e a cercare la compagnia di Mariolina, Betta e Andreina, le tue tre figlie compagne d’infanzia per me e per le mie sorelle Angiola e Barbara. Con loro abbiamo avuto la fortuna di nascere insieme, agli inizi degli anni Sessanta, e crescere così accomunati da esperienze di vita, vedendo il mondo sotto quella lente di racconti che tu e mio padre Angelo sapevate narrare così bene. Certo è strano quanto avete vissuto, quante cose avete visto. Ma ora mi rendo conto che quella vita che vivevo insieme a voi era anche la mia. Ora sono più solo nel cammino e non mi resta altro che, come mi avete insegnato, continuare a vivere e a guardare la vita per quello che è: un momento, un passaggio in cui si possono realizzare delle cose belle vivendo l’arte in tutte le sue espressioni e testimoniando la nostra esistenza attraverso di lei. Con voi ho capito che è nella fragilità che risiede lo spirito delle cose e il mistero metafisico dell’arte, ed è nelle cose semplici ed effimere che si rivela la grandezza del cosmo nella sua essenza.
LA TESI DI DIPLOMA
Grazie di avermi ascoltato pazientemente quando ti lessi la mia tesi di diploma per l’Accademia di Belle Arti, che parlava dei parallelismi tematici tra Samuel Beckett e Francis Bacon. Beckett era un autore a te caro (la tua prima messa in scena di Fin de partie era del1958) e io avevo scoperto le sue poesie grazie a te e a papà che lavoraste insieme a tante delle sue pièce (tu come regista, lui come scenografo). Grazie per avermi guardato con amore, unico maschio di dieci anni tra cinque femmine, mentre mi vestivano da donna per la recita estiva rappresentata sul terrazzo di casa. Grazie di avermi fatto capire che il consumismo rampante di quegli anni, in cui adolescente crescevo, era un non-valore a cui tu ti sei sempre opposto con nonchalance e distacco anticonformista, inserendo una scatoletta di tonno vuota come portacenere nel Maggiolino Volkswagen di Rosetta, che come te se ne “stratacafotteva” dei valori borghesi così di moda allora come oggi. Grazie per tutto quello che hai scritto, detto e fatto. Sì, so anche che non ti sembra di aver detto e fatto abbastanza, ma io invece penso che una parte importante nel grande sistema delle cose tu sia riuscito ad averla.
Grazie di aver risposto alle mie poche lettere quando ero a New York e cercavo aiuto per scelte difficili e supporto negli sforzi per essere un artista. In quei momenti, per sentirmi meglio, a volte guardavo l’orizzonte verso est pensando a voi, alla casa di Viale Carso, al rumore del bus che passava di sotto e al gatto Barone o Pimpigallo. Questi ricordi, nella loro stupida e realistica umanità, mi aiutavano a vivere e ad andare avanti in quella giungla di cinismo che era ed è l’America.
Grazie per avermi dato l’occasione di dare un segno alle tue parole con i miei disegni degli anni 90 per i racconti del tuo libro I tacchini non ringraziano. È bello poter pensare che tu quei disegni li ricordavi, li avevi visti.
Grazie per avermi sempre accolto e ascoltato come un tuo pari; io ho sempre saputo che non lo ero, grazie dunque per avermi regalato quell’illusione.
Grazie di essere (non dico: essere stato) una presenza fondamentale nella mia vita, come bambino, come adolescente e come uomo, ma soprattutto grazie per avermi insegnato come vive, pensa e agisce un vero artista.
-Paolo Canevari
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