Fantagraphic. Intervista a Miguel Angel Valdivia
San Giuseppe da Copertino, il “santo asino” capace di elevarsi in volo in contemplazione di un quadro della Madonna: è lui il protagonista de “Il divino inciampare”, fumetto di Miguel Angel Valdivia edito da Coconino Press, con i testi di cyop&kaf. Un libro quasi muto che è tutt’altro che un’agiografia, in un’Italia della Controriforma profondamente reinterpretata. Ne abbiamo parlato con l’autore.
La vita, i miracoli e la persecuzione di San Giuseppe da Copertino: così viene presentato in quarta di copertina Il divino inciampare, che tuttavia rinuncia a essere un’agiografia fin dalla prima pagina. Miguel Angel Valdivia, artista messicano alla sua prima prova col fumetto, dà una nuova e coraggiosa interpretazione della vita del santo e del suo scontro con il Vaticano, raccontando una storia universale di oppressione e leggerezza divina. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con l’autore sul suo nuovo libro edito da Coconino Press.
Il divino inciampare è la storia di San Giuseppe da Copertino, meglio conosciuto come il “santo asino”, capace di elevarsi in volo nell’adorazione di un quadro della Madonna con bambino. Quando e perché hai scelto di dedicare un libro a questo personaggio?
Ho “incrociato” San Giuseppe da Copertino più o meno quindici anni fa attraverso il libro A boccaperta di Carmelo Bene, regalo di un carissimo amico. Mi è sembrata una storia affascinante e molto ricca. Forse da subito mi colpirono i voli involontari del santo, il suo “dimenticarsi” di avere un peso… Se potessi per un attimo dimenticarmi di avere peso e per questo volare sarebbe una cosa davvero fantastica, in fondo è un po’ quello che succede nei sogni, no? Mi piaceva anche molto che un personaggio così potesse rappresentare un pericolo per l’ordine della Chiesa. Un elemento da allontanare, da tenere sotto controllo.
Come hai vissuto il rapporto A Boccaperta di Bene, nella fase di ideazione dell’opera? Lo puoi definire come un “modello”?
A Boccaperta è una sceneggiatura per un film che non è mai stato realizzato. Non credo si possa dire che per la narrazione mi sono ispirato al libro di Bene. Per molti anni ho cercato di capire come volevo raccontare questa storia, spesso senza riuscirci. Con il passare del tempo mi sono allontanato dal testo di Bene e mi sono avvicinato a una scrittura che fosse più personale e non una semplice traduzione del testo in fumetto. Allontanarmi mi ha poi permesso di riavvicinarmi in maniera più sincera a quello che avevo “percepito” nel libro di Bene.
Il divino inciampare è un fumetto muto in piena regola: i testi di cyop&kaf che aprono ogni capitolo riescono a dare contesto all’azione, ma è il lettore a dover immaginare pensieri e dialoghi nell’evolversi della storia. Cosa pensi della forma del fumetto muto? Credi di ripetere questo esperimento in futuro?
Mi piace molto che il lettore abbia spazio per poter immaginare, la trovo una cosa bellissima, che personalmente mi manca spesso nei fumetti. Da tempo, anche attraverso la rivista di disegno Le Petit Néant, cerco di esplorare le potenzialità dell’assenza di testo nella narrazione per immagini.
Detto questo, credo che ci siano una serie di sfumature (importanti) che mi impediscono di definire, come qualcosa di ben preciso, il “fumetto muto”. Un amico, qualche giorno fa, mi ha fatto riflettere proprio su questa cosa. Ci sono film muti, dove l’assenza di dialoghi (e non per forza di musiche) crea uno spazio (un vuoto) in cui la nostra immaginazione ha spazio per attivarsi. Ci sono poi i film normali a cui spegniamo semplicemente l’audio e che non per questo sono film muti: sono film pensati in modo diverso e in modo diverso vengono percepiti e vissuti. La stessa cosa vale per il fumetto, credo. Personalmente questa dimensione mi interessa moltissimo e credo che nel futuro vedremo sempre più lavori di questo tipo. Io di sicuro continuerò a esplorare.
In un’epoca in cui i disegnatori preferiscono in larga parte le tecniche del digitale, tu hai scelto di disegnare Il divino inciampare servendoti di una piuma di beccaccia. Perché questa scelta, e come ha influenzato la fase di stesura?
Sono davvero scelte personali e posso solo dire che io preferisco ancora lavorare in modo “tradizionale”. Ma siccome penso che sperimentare sia una parte fondamentale di qualsiasi processo creativo, non mi voglio chiudere a nessuna tecnica. Il mondo cambia, cambio anche io e il mio pensiero si evolve, la mia mente si allarga, o almeno cosi mi piace pensare. La piuma di beccaccia poi, è stato davvero un incontro casuale, o una coincidenza… Forse sarebbe onesto dire che la piuma di beccaccia ha scelto me e non il contrario. Mi ha scelto e mi ha poi “schiavizzato”, per anni. E ha, ovviamente influenzato tutto il lavoro del libro perché è uno strumento fragile, capriccioso, che ha bisogno di una continua manutenzione. Ma ha un tratto di cui mi sono innamorato subito, anche prima di imparare a usarla…
Il tuo è, per quanto riguarda la vicenda, un libro calato in un certo contesto storico, come molte biografie o presunte tali, ma che non ha paura di discostarsi dall’aderenza ai fatti per portare un messaggio universale. Automobili, computer e televisioni entrano prepotentemente nella vicenda: quando e perché hai scelto di raccontare una vicenda storicamente incasellata in un modo così atipico, e quale vorresti fosse il messaggio trasmesso al lettore?
Il divino inciampare non è una biografia, come neanche era una biografia il libro di Bene. E con molta sincerità vorrei dire che non c’è davvero nessun messaggio (tanto meno universale) che io voglio trasmettere al lettore. Ma al tempo stesso è chiaro che ci sono spazi che possono ispirare, evocare e forse fare riflettere.
Per quanto riguarda il “contesto” atipico in cui si svolge il mio libro penso che il modo più semplice di spiegarlo sia questo: io ho tradotto in immagini la storia e le visioni che avevo e che il libro di Bene hanno indubbiamente innescato (come anche altre cose) e l’ho fatto grazie all’aiuto di una semplice struttura narrativa. Io ho un’immaginazione abbastanza vivace e ricca, dove tutto si mischia continuamente.
La mia immaginazione, non deve rendere conto a nessuno, non è soggetta alla realtà né alle regole spazio-temporali “comuni”. Mi rendo conto che nel Seicento non esistevano televisioni né macchine, ma nel “mio” Seicento invece tutto è possibile, perché così funziona la mia immaginazione. Se i miei inquisitori vanno in Cadillac e non a cavallo, che differenza fa per il lettore? Quale lettore, vedendo un motorino nel Seicento, chiuderebbe il libro furioso per l’oltraggio storico da me recatogli? In tal caso rivelerebbe i suoi limiti, non certo le mie incoerenze…
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto pensando a un altro libro. Ma per adesso non ho ancora un’idea chiara. Nel frattempo mi godo l’inquieta soddisfazione che mi da il riguardare ogni tanto Il divino inciampare. Ora che è uscito ha una seconda vita ed è un’esperienza molto interessante per me. È difficile da spiegare ma io ho dato forma al libro e lui ora sta dando forma a me.
– Simona Di Rosa
Miguel Angel Valdivia – Il divino inciampare
Coconino Press, Roma 2019
Pagg. 208, € 20
ISBN 9788876184321
www.fandangoeditore.it
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