Le due anime del tempo. Arte contemporanea sul Palatino

Palatino, Roma – fino al 3 novembre 2019. L’arte contemporanea torna sul Palatino, con la mostra “Kronos e Kairos”, a cura di Lorenzo Benedetti.

Il Palatino è uno dei luoghi più significativi della Roma Imperiale: affacciato sul Circo Massimo, costituisce una delle immagini più forti della città archeologica, con un genius loci che si è strutturato nei secoli attraverso sovrapposizioni di edifici costruiti da imperatori di dinastie diverse. Spazio archeologico par excellence, dal 2013 ha cominciato a ospitare, nel periodo estivo, mostre collettiva di arte contemporanea con tagli e impostazioni diverse.
La prima, intitolata Post-Classici e curata da Vincenzo Trione, occupava un’area molto vasta e riuniva le opere di sedici artisti italiani chiamati a confrontarsi con la classicità, con risultati assai discontinui. Tre anni dopo è la volta di Pars Tibi, Roma, Nihil: una collettiva di opere di trentasei artisti internazionali delle ultime generazioni (con qualche eccezione) provenienti dalla collezione della Nomas Foundation, curata da Raffaella Frascarelli in collaborazione con Roma Europa Festival. Con una importante novità: l’area dell’esposizione, che comprendeva le Arcate Severiane, la parte inferiore della Domus Augustana e lo Stadio di Domiziano (usato anche per Post-Classici) veniva aperta al pubblico per la prima volta. Ottima la scelta di opere e artisti, e quindi meritato successo.
Nel 2017, negli stessi spazi, arriva Da Duchamp a Cattelan. Arte Contemporanea sul Palatino: cento opere della collezione Alt di Tullio Leggeri, selezionate da Alberto Fiz forse con ambizioni eccessive, che rendevano l’operazione confusa e tutto sommato poco convincente.

Jimmie Durham, Stone Foundation, 2019, photo Studio Zabalik

Jimmie Durham, Stone Foundation, 2019, photo Studio Zabalik

KRONOS E KAIROS

Quest’anno la sfida è stata affidata a Lorenzo Benedetti, curatore informato e di esperienza, che propone Kronos e Kairos. I tempi dell’arte contemporanea e riunisce quindici opere di artisti italiani e internazionali dell’ultima generazione. Il tema riguarda la tensione tra il tempo inteso come quantità (Kronos) e come qualità (Kairos), che Benedetti ha declinato attraverso un allestimento quasi mimetico, che rifugge volutamente da una spettacolarità esibita e non necessaria per suggerire una prospettiva lineare, non basata sul confronto tra passato e presente ma sulla continuità. “Un contemporaneo che si deve adattare a un tessuto passato, un contemporaneo che si deve posizionare in una produzione accelerata del consumo di arte, un contemporaneo che affronta la complessità del tempo”, spiega il curatore.
Nell’insieme la mostra appare raffinata, con una scrittura curatoriale coerente e consapevole, anche se un filo autoreferenziale. La vera scoperta sono le sculture in bronzo del tedesco Hans Josephsohn, la cui poetica arcaicità si sposa perfettamente con gli spazi monumentali dell’archeologia, creando inattesi rimandi alla pittura metafisica di Giorgio de Chirico o alla scultura di Alberto Giacometti. Intensa e poetica appare Stone Foundation (2019) di Jimmie Durham, una scultura composta da un assemblaggio di elementi meccanici e ossa preistoriche che allude al “tempo lineare” della mostra, e interessanti appaiono anche Hundemensch (2018), le due sculture in resina di Oliver Laric che riprendono motivi classici.

Hans Josephsohn, Untitled (Mirjam), 1953, photo Studio Zabalik

Hans Josephsohn, Untitled (Mirjam), 1953, photo Studio Zabalik

GLI ARTISTI

Poetica l’opera di Hans Op de Beeck Blossom Tree (2018), un alberello fiorito in bronzo   cresciuto tra le rovine, mentre la visibilità della mostra dall’esterno è garantita da tre grandi bandiere di Matt Mullican. Tra le opere più spiccatamente concettuali spicca Pantone-500 +2007 (2007) di Cristina Lucas, una videoinstallazione che mostra la situazione della geografia del mondo dal 500 a. C. al 2007 attraverso una mappa colorata in continua evoluzione. Valide le opere degli artisti italiani invitati: tra le più significative 3000 B.C.E.-2000 (il cammino verso se stessi) (2012) di Giovanni Ozzola, che traccia le rotte di viaggio degli esploratori del passato su lastre di ardesia, The Stand-In (2011) di Rä di Martino, con dieci proiezioni che raffigurano i set dei film di fantascienza girati nel deserto del Nord Africa, ma soprattutto Hey Kiddo! (2019), l’installazione di Catherine Biocca, giovane artista italiana di stanza a Berlino, che interpreta in chiave contemporanea l’epistolario scritto da Seneca all’allievo Lucilio nel 65 d.C.

Ludovico Pratesi

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Ludovico Pratesi

Ludovico Pratesi

Curatore e critico d'arte. Dal 2001 al 2017 è stato Direttore artistico del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro Direttore della Fondazione Guastalla per l'arte contemporanea. Direttore artistico dell’associazione Giovani Collezionisti. Professore di Didattica dell’arte all’Università IULM di Milano Direttore…

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