Sulla dimensione di spazio esistenziale #2

Questa nuova serie della rubrica “inpratica”, divisa in dieci puntate, costituisce il testo critico realizzato da Lucrezia Longobardi in occasione della mostra “Lo spazio esistenziale. Definizione #2” (Fondazione Morra a Napoli, 31 maggio ‒ 21 luglio 2019). Il testo è stato presentato in prima stesura il giorno dell’opening e mantenuto nello spazio come elemento di confronto e discussione con i visitatori, utilizzando il tempo della mostra come momento critico attivo. Il risultato finale che viene qui pubblicato è la forma che lo scritto ha preso nei mesi trascorsi dalla curatrice all’interno del dispositivo abitativo che la mostra stessa costituiva.

D’ora in poi, lo spazio solo o il tempo solo sono condannati a sparire come ombre; soltanto una specie di unione tra essi conserverà la loro esistenza”. Hermann Minkowsky, 1908

Una specie di unione tra essi”, riferito allo spazio e al tempo, è la formula che scandisce la nostra vita rendendo esistenziali i connotati di questi due agenti. Assodato che lo spazio abbia un’esistenzialità per ogni individuo, e che il tempo operi perché questa sia circoscritta in un momento definibile, possiamo anche affermare che il tempo esistenziale, completamente instabile rispetto alle leggi della società civile e organizzato in maniera autonoma e libertaria, faccia di noi gli esseri che siamo.
In questa seconda riflessione sul tema dello spazio esistenziale, vorrei spostare lo sguardo su una prospettiva differente rispetto alla precedente. Tenendo come snodo principale la misura dell’abitare, e quindi lo spazio esistenziale che ci lega ai luoghi della vita, può essere interessante concentrarsi sul tempo di abitare questi spazi e su come il tempo viene usato per abitarli.
Il tempo in quanto metro di misura dei nostri vuoti.
Il tempo come organizzazione della vita nello spazio.
Queste due assunzioni tendono a definirei la metrica per scandire la costruzione dei nostri intenti, ma da essi consegue evidentemente che la percezione del tempo non può essere in maniera assoluta la stessa per ogni individuo. Al di là del tempo convenzionale per cui ora, in Italia, sarebbero le 15:53 esatte, interrogando, semplicemente, l’orologio che porto al polso, potrei notare che esso indica le 18:34, in ogni momento della giornata, ogni giornata dell’anno, da anni. Oltretutto, personalmente, mi trovo spesso in una ulteriore circostanza temporale, un terzo tempo, un tempo interiore ancora diverso, incerto rispetto al presente. Se, quindi, il “secondo tempo” dell’orologio rotto che porto al polso è solo l’evidenza, la prova a carico, di un collasso, di un intento sabotativo dell’ordine cronologico operato da un mortale fra i tanti, all’altro tempo, il terzo, tenterò di dare la definizione di tempo esistenziale, per integrarla poi, secondo Minkowsky, a quel concetto di spazio esistenziale su cui ruota questa riflessione in più parti che da un po’ di tempo cerco di portare avanti.

Roberto Cuoghi, Foolish Things, 2002. Installation view at Fondazione Morra, Napoli 2019

Roberto Cuoghi, Foolish Things, 2002. Installation view at Fondazione Morra, Napoli 2019

IL SENTIMENTO DEL TEMPO

Nell’orizzonte di un sistema capitalista mediatizzato, rappresentare la soggettività, l’emotività e il sentimento del tempo può rischiare di incorrere in una contrazione che nel momento in cui cerca di riscontrare una posizione reale si sente schiacciata dalla gravità angosciante del reality, nella sua versione ormai processata, interiorizzata, funzionalizzata alla intima autorappresentazione.
In opposizione a questo è possibile anche trovare dei punti d’inciampo temporali che possano provocare la nostra uscita dalla corrente di un continuum  condiviso, per finire nelle molteplici zone di ristagno periferiche in cui si arenano alcuni residui che, così, sfuggono al flusso turbolento che confonde i contorni, fra sommersioni, sbalzi e accelerazioni, per ritrovare la nettezza dei propri perimetri nella circostanza statica di una zona morta, ma in salvo dalla crudele consunzione del tempo.
La scelta della sottrazione, dell’ingresso nella dimensione morta, costituisce quindi al contempo una resa e una fuga. La dinamica del tormento e la ciclicità del dubbio, nel segno della distanza da noi stessi, dell’abbandono e dello svuotamento, costituiscono il punto centrale su cui l’individuo è portato a girare a vuoto, perdendosi nel proprio tempo interiore, all’interno di uno spazio emotivo costruito nella disperata possibilità di sottrarsi alla cronologia della vita.

Lucrezia Longobardi

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Lucrezia Longobardi

Lucrezia Longobardi

Lucrezia Longobardi è nata nella provincia di Napoli nel 1991. Laureata presso il corso di Grafica d’Arte all’Accademia di Belle Arti di Napoli con una tesi sul concetto di spazio esistenziale e una ricerca storico-artistica su Gregor Schneider, Renata Lucas,…

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