L’estate del Museo Novecento di Firenze. 5 mostre da non mancare
Dalla riscoperta della passione di Gino Severini per i soggetti della Commedia dell’Arte alla struggente intensità dei lavori dell’artista cilena Sandra Vásquez de la Horra, alla sua prima personale in un museo italiano. E per l’architettura un focus sui disegni di Adolfo Natalini. Contemporaneamente alle mostre “Duel. Davide Balliano. L'attesa”, “Campo Aperto. Luciano Caruso” e “Ora et labora. Gabriele Mauro. Oro”, inaugurate a giugno, il museo di piazza Santa Maria Novella accoglie altri cinque progetti espositivi.
ROOM. SANDRA VASQUEZ DE LA HORRA
Alla prima personale in un museo italiano, dopo importanti riconoscimenti internazionali ed esposizioni in tutto il mondo, la cilena Sandra Vásquez de la Horra (Viña del Mar, 1967) incoraggia gli osservatori a penetrare in Aguas Profundas, come indica una delle opere dell’intensa mostra fiorentina. E, in effetti, di fronte ai suoi lavori – alcuni dei quali realizzati appositamente per l’occasione, dopo “l’incontro” con Mario Sironi; altri al proprio debutto espositivo – è impossibile sottrarsi all’esercizio del pensiero e rinunciare a un’analisi anche introspettiva. In tutti i suoi disegni, di dimensioni variabili, e nelle loro “evoluzioni” tridimensionali, Vásquez de la Horra agisce sempre imprimendo un peculiare sigillo: l’immersione nella cera costituisce infatti il passaggio conclusivo del suo processo artistico. Disegno e scultura si combinano e armonizzano, senza tuttavia che la potenza narrativa del tratto manuale, nel quale si rincorrono memorie personali ed echi di matrice latinoamericana, risulti indebolita.
NEL NOVECENTO. DA MODIGLIANI A SCHIELE, DA DE CHIRICO A LICINI
È lungo l’asse Roma-Firenze che la mostra sul disegno allestita in queste settimane al secondo piano del Museo Novecento ha “preso forma”. Non solo perché, come si potrebbe dedurre a una prima rapida valutazione, la quarantina di opere esposte proviene dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. A unire le due città, sulla scia della figura del collezionista Alberto Dalla Ragione, ci sono anche tracce e memorie più sottili, come quelle legate a una conoscenza che, nata sulle rive dell’Arno, produsse i suoi effetti nella Capitale. Tra i disegni che attivano un dialogo tra il museo fiorentino e quello romano, emerge infatti un importante nucleo espressionista, composto anche da lavori requisiti dai nazisti ed esposti alla Mostra dell’arte degenerata di Monaco di Baviera, nel 1937. Alcuni vennero acquistati dal pittore Emanuel Fohn e, più tardi, furono donati da sua moglie alla Galleria Nazionale, in seguito all’incontro tra la signora Fohn e l’allora direttrice del museo: Palma Bucarelli. Proprio a Firenze, a Palazzo Strozzi, le due donne si conobbero nel 1965, in occasione della XXVII edizione del Maggio Musicale Fiorentino, dedicato alla musica e al teatro espressionista.
SOLO. GINO SEVERINI
Nel suo percorso di analisi dei maestri del Novecento, il ciclo espositivo Solo si sofferma questa volta su Gino Severini (Cortona, 1883), ricostruendo la fase della sua produzione legata alla Commedia dell’arte. Per circa un decennio, tra gli Anni Venti e Trenta del secolo scorso, l’artista subì il fascino di soggetti come Pulcinella e Arlecchino, di ispirazione anche per altri autori coevi. Nelle mani di Severini, incaricato della decorazione di un castello in Toscana e di una dimora parigina, le maschere si intrecciano con gli stilemi del paesaggio classico e acquisiscono un’identità sorprendente.
PARADIGMA. IL TAVOLO DELL’ARCHITETTO. ADOLFO NATALINI
Co-fondatore, con il compianto Cristiano Toraldo di Francia, del collettivo d’avanguardia Superstudio, l’architetto Adolfo Natalini è il sesto protagonista di Paradigma. Il Tavolo dell’architetto, il ciclo espositivo promosso dal museo fiorentino con partner esterni, tra cui Manifattura Tabacchi. L’esposizione indirizza l’attenzione sulla pratica del disegno, insostituibile – e indispensabile – atto di espressione creativa per Natalini, fin dagli esordi. Fogli di carta, quaderni, taccuini, acquerelli e matite appaiono come gli strumenti d’elezione di un incessante processo di indagine del mondo naturale e costruito. Ausili del pensiero anche in assenza di processi di composizione architettonica.
THE WALL. SOS ‒ SUSTAINABLE THINKING EVOLUTION
L’ormai tradizionale infografica sviluppata lungo una parete di 12 metri, al piano terra del museo, è stata affidata al team formato da Mario Cucinella Architects e SOS ‒ School of Sustainability. Il risultato è una timeline in cui viene ripercorsa la storia del rapporto tra uomo e natura, a partire dalle innovazioni nel campo dei materiali da costruzione e dell’architettura. “Non ci sarà alcun futuro sostenibile finché l’umanità non ridisegnerà le regole della sua partecipazione all’evoluzione del pianeta. Il nostro sistema di valori è ancora pervaso dalla cultura dell’alterità e gran parte dell’attuale dibattito sulla sostenibilità e sulla conservazione degli habitat è visto in modo molto utilitaristico”, ha raccontato Massimo Imparato, direttore di SOS ‒ School of Sustainability.
‒ Valentina Silvestrini
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