Cinema e musei. Tutte le volte che si sono incontrati

Un viaggio nella storia della settima arte attraverso le scene girate nei più grandi musei. Dal Louvre alla National Gallery, dal MoMA al Metropolitan fino all’Ermitage.

Tra i registi il primato è da attribuirsi ad Alfred Hitchcock mentre tra i musei emerge incontrastato il Louvre. Stiamo parlando di tutte quelle volte che i musei sono finiti nell’obiettivo cinematografico dei grandi registi. I musei e la loro sacralità, in quanto custodi d’arte e di storia, sono da tempo entrati a far parte dell’immaginario collettivo attraverso i media, soprattutto in quello che è l’ambito cinematografico, come luogo di incontri clandestini, di relazioni umane, di vicende oscure, di furti rocamboleschi e scontri. Talvolta come pretesto per conferire monumentalità alle scene clou tra gli imponenti ritratti alle pareti e le sculture immobili. Altre per restituire alla pellicola quell’atmosfera di suspense e mistero accentuata dallo scandire dei passi nel silenzio e dagli sguardi dei personaggi ritratti che non fanno più parte di questo mondo. In entrambi i casi rientrano, appunto, alcuni capolavori del maestro del brivido che, appassionato d’arte nonché collezionista, non è stato solo innovatore del linguaggio filmico bensì anche testimone dell’evoluzione estetica delle avanguardie del XX secolo. A iniziare da Blackmail, con l’inseguimento di Tracy nelle sale del British Museum che culmina su una delle cupole esterne da dove precipita nel vuoto. A Vertigo, con una Kim Novak, osservata furtivamente da James Stewart, che siede in una delle sale del Legion of Honor Museum di San Francisco davanti a un ritratto del passato che pare somigliarle. Passando per Strangers on a Train, con alcune scene girate alla National Gallery di Washington, e Il sipario strappato (Tom Curtain) che vede Paul Newman addentrarsi circospetto tra le sale della Alte Nationalgalerie di Berlino dopo averne varcato il monumentale ingresso.

IL LOUVRE

Leggendaria è la scena della frenetica corsa nelle sale del Louvre da parte di Odile e dei suoi due amici in Bande à part di Jean-Luc Godard, uno dei film simbolo della Nouvelle Vague. Lunga scena improvvisata dal regista e citata quasi quarant’anni dopo da Bernardo Bertolucci in The Dreamers. E se Audrey Hepburn in Cenerentola a Parigi sfila sulle scale del museo parigino coi gli abiti di Givenchy proprio davanti alla “Nike di Samotracia”, Martin Scorsese dedica una scena alla sala del museo riservata a Rubens nel film in costume L’età dell’innocenza. Mentre nello struggente e al limite del grottesco Gli amanti del Pont-Neuf di Leos Carax, Juliette Binoche ammira per l’ultima volta l’autoritratto di Rembrandt grazie all’ex guardiano che le apre le porte e la guida a lume di candela, prima che diventi del tutto cieca. È ancora il museo parigino a fare da protagonista in Francofonia di Aleksandr Sokurov che, tra documentario e finzione, ne rivela i tesori e si domanda: “cosa sarebbe la Francia senza il Louvre?”. Stesso discorso per quanto concerne lo spettacolare Arca russa, che il regista gira interamente in piano sequenza all’interno dell’Ermitage, un tempo residenza degli Zar. Anche il regista taiwanese Tsai Ming-liang celebra il museo francese nella pellicola Visage, scenario ideale per il mito di Salomè. Ma anche quando si tratta di fantascienza c’è chi non rinuncia a esibire le magnificenze del Louvre: lo fa Doug Liman in Edge of Tomorrow allagando le rovine del museo dopo un attacco alieno che mette a ferro e fuoco Parigi. E ancora in Mr. e Mrs. Bridge la stancante routine di coppia è spezzata solo da una vacanza in Europa che porterà i due a percorrerne le sale, ognuno per conto proprio, nella pellicola omonima di James Ivory, fino ad arrivare a Belfagor di Jean-Paul Salomé, remake dello sceneggiato televisivo del 1965 e al fantasioso Codice da Vinci, tratto dal best seller di Dan Brown, per citare i più celebri film dove il Louvre ha fatto da sfondo.

Woody Allen, Match Point (2006)

Woody Allen, Match Point (2006)

NEW YORK E DINTORNI

New York era la sua città e lo sarebbe sempre stata”. Recita la voce fuori campo del regista sulle note di Gershwin. Il regista è Woody Allen e il film uno dei suoi più grandi capolavori: Manhattan. Non a caso la pellicola è anche un omaggio ai grandi musei di NY. Dal Planetarium, dove i protagonisti si rifugiano per la pioggia improvvisa, al MoMA, dove i due si rincontrano in occasione dell’inaugurazione di una mostra di Sol LeWitt e al Whitney Museum, davanti a un’opera di Franz Kline. Le sale dei musei per Allen sono teatro di relazioni, sfondo di variegati dialoghi spesso esilaranti così come avviene nel maldestro approccio al Museum of Modern Art di San Francisco in Provaci ancora, Sam che si conclude con: “Che fa sabato sera?”, “Occupata, devo suicidarmi”. “Allora facciamo venerdì sera?”. Diversa location ma sempre museale anche in Match Point, dove la Tate Modern di Londra fa da scenario all’incontro fatale dei due protagonisti che diverranno amanti.
A Chicago, più precisamente all’Art Institute, John Hughes gira Ferris Bueller’s day off, una pellicola dedicata all’angoscia esistenziale in età adolescenziale che è anche un pretesto per mostrarne gli artisti prediletti: Hopper, Kandinskij, Pollock, Modigliani, fino ad arrivare alla grande di vetrata di Chagall davanti alla quale due dei ragazzi si scambiano un bacio mentre il terzo si perde nel puntinismo di Domenica a La Grande Jatte di Georges Seurat. E se in The International di Tom Tykwer il Guggenheim diventa teatro di una sparatoria, in Dressed to Kill di Brian De Palma il Metropolitan è luogo d’incontro della protagonista fatalmente attratta da uno sconosciuto. Lo stesso museo ha un ruolo di primo piano in Gioco a due di John McTiernan, remake de Il caso di Thomas Crown di Norman Jewison, che descrive il furto dell’opera di Monet San Giorgio Maggiore al crepuscolo da parte di un ladro gentiluomo il quale, non sospettato, propone l’acquisizione di un’opera della sua collezione al museo, Il giardino dell’artista a Eragny di Camille Pissarro. Opera che si rivelerà, attraverso un’azione rocambolesca con tanto di omaggio a Magritte, una copia dipinta proprio sopra l’opera trafugata di Monet. Sempre il furto è al centro del film Topkapi di Jules Dassin, interpretato da un ladro professionista a da una affascinante avventuriera che progettano di sottrarre il prezioso pugnale del sultano Mehmet I dal Palazzo del Topkapi a Istanbul.

Aleksandr Sokurov, Arca russa (2002)

Aleksandr Sokurov, Arca russa (2002)

DA KUROSAWA AD ALBERTO SORDI

Non solo donne bellissime e auto per la saga di James Bond ma anche location mozzafiato e musei. Da citare Il mondo non basta di Michael Apted, dove compaiono gli esterni del Museo Guggenheim di Bilbao e Skyfall di Sam Mendes, dove la consegna delle armi si consuma in una delle sale della National Gallery di Londra. Mentre al British Museum avviene l’incontro tra gli amanti Scudder e Maurice nell’omonima pellicola di James Ivory ambientata a Londra nei primi anni del XX secolo.
Non si può prescindere, per questo viaggio all’insegna di cinema e musei, dall’episodio Corvi tratto dal visionario film Sogni di Akira Kurosawa, dove l’alter ego del regista, visitando le sale del Museo di van Gogh ad Amsterdam, si ritrova all’interno dell’opera Campo di grano con volo di corvi, e da quelle pellicole girate in Italia come Napoli velata di Ferzan Özpetek che si serve del Gabinetto segreto del Museo Archeologico Nazionale, dove sono custoditi gli affreschi con le scene erotiche rinvenuti a Pompei, affinché i protagonisti si incontrino per la seconda volta. Sempre a Napoli, nello specifico al Museo Pignatelli, è girata la scena della lezione d’arte contemporanea de Il mistero di Bellavista, del recentemente scomparso Luciano De Crescenzo. E ancora Asia Argento viene colpita dalla sindrome di Stendhal nel film omonimo di Dario Argento, davanti all’opera La caduta di Icaro di Bruegel, per finire con Dopo mezzanotte di Davide Ferrario, dove il guardiano notturno della Mole Antonelliana trascorre il tempo a passare in rassegna vecchi film muti nelle sale del Museo del Cinema.
Ma i musei sono stati anche teatro di pellicole ironiche e paradossali. Mr. Bean. L’ultima catastrofe di Mel Smith ne è un esempio, col malaccorto custode della National Gallery che viene inviato a Los Angeles in occasione dell’acquisizione dell’opera di James Abbott Whistler La Madre. Così come avviene per la saga Una notte al museo di Shawn Levy con il guardiano del Museo di Storia Naturale che, nelle sue scorribande, restituisce una panoramica anche del British Museum di Londra e dello Smithsonian Museum.
Non è un museo ma la Biennale di Venezia del 1978 lo sfondo scelto da Alberto Sordi per il terzo episodio del film Dove vai in vacanza? dal titolo Le vacanze intelligenti. Connotato da una feroce critica nei confronti di un intellettualismo a tutti i costi e di come l’arte contemporanea assurga a simbolo di una cultura d’élite ostracizzando quella popolare, per cui la kermesse più prestigiosa diventa luogo alieno e incomprensibile. Indimenticabile la scena dove la moglie, seduta su una sedia, parte dell’installazione di Maurizio Nannucci, viene scambiata per una scultura vivente.

Roberta Vanali

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Roberta Vanali

Roberta Vanali

Roberta Vanali è critica e curatrice d’arte contemporanea. Ha studiato Lettere Moderne con indirizzo Artistico all’Università di Cagliari. Per undici anni è stata Redattrice Capo per la rivista Exibart e dalla sua fondazione collabora con Artribune, per la quale cura…

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