I Piccoli Musei non sono musei piccoli! L’editoriale di Marta Coccoluto
Non fatevi tratte in inganno: Piccoli Musei non significa musei poco capaci di lasciare il segno. Specie quando sono riuniti in una associazione nazionale in cui confluiscono 350 realtà italiane. Ne parla l’archeologa e giornalista Marta Coccoluto.
I dati della terza edizione dell’Osservatorio Innovazione Digitale nei Beni e Attività Culturali pubblicati a maggio parlano chiaro: i musei italiani sono in forte accelerata sul digitale. In un solo anno, dal 2017 al 2018, i musei che hanno un sito web sono saliti dal 57% al 69%, quelli che utilizzano Facebook sono balzati dal 54% al 67% e anche gli account Instagram sono in crescita (dal 23% al 26%). Una spinta inevitabile, stimolata da un uso del digitale sempre più pervasivo e dal riconoscimento nel web un’opportunità irrinunciabile per avvicinare nuovi pubblici, aprirsi all’esterno e valorizzare il patrimonio culturale.
Un nuovo rapporto tra musei e digitale che dovrebbe rispecchiare una cultura museale profondamente diversa, che metta al centro le relazioni tra il museo e il suo pubblico. Quando un museo opta per “stare sul web”, non sta decidendo semplicemente di creare un sito o gestire un account social, ma sta scegliendo – o almeno dovrebbe – di raccontarsi online. Sta decidendo di privilegiare la dimensione narrativa rispetto a quella commerciale, dando agli utenti prima contenuti di qualità e poi servizi in vendita. Sta decidendo di offrire online un’esperienza di conoscenza, indipendentemente dal fatto che un utente si trasformi poi in un visitatore pagante. Le dinamiche che si sceglie di innescare online devono inoltre essere coerenti con l’esperienza “reale” nel museo. Nello spazio tangibile del museo, il visitatore si aspetterà di trovare la stessa atmosfera che online lo ha invitato a visitarlo e le condizioni per vivere davvero l’esperienza evocata online, insieme agli strumenti per gestirne il “dopo”.
L’autenticità delle relazioni, la qualità dell’accoglienza, la gestione del ricordo sono i punti cardine su cui si fonda la cultura di gestione dei Piccoli Musei. I capilettera servono a non confondere i Piccoli Musei – riuniti dal 2007 in un’Associazione Nazionale guidata da Giancarlo Dall’Ara che a oggi conta oltre 350 realtà – con i musei piccoli, tali per spazi, visitatori, addetti e risorse. Non una versione rimpicciolita e limitata di un grande museo, ma il risultato di una specifica cultura di gestione, che ben collima con quanto oggi si chiede a un museo online, di cui i grandi musei sono alla rincorsa.
I risultati di un’indagine condotta nel 2019 su 115 associati testimoniano la grande dinamicità online dei Piccoli Musei, unita a una maggiore e più ampia presenza in Rete. Il 75% ha un sito web e nell’81% dei casi è un sito proprietario, contro il 47% dei musei indagati dall’Osservatorio. Il 90% è presente sui social network (vs. il 69%), usati per promuovere gli eventi e le iniziative del museo (96%), per dare informazioni sui servizi (84%) e per condividere contenuti culturali (60%). Dei Piccoli Musei online, il 98% usa Facebook, il 48% è su Instagram (vs. il 26% dei musei più grandi). Oltre il 70% è presente su almeno due social network e oltre il 30% su almeno tre, tra Facebook, Instagram, Twitter, YouTube e Pinterest. Su Facebook il 12% dei Piccoli Musei pubblica quotidianamente contenuti, il 52% condivide da 1 a 3 post ogni settimana, su Instagram l’11% posta ogni giorno e il 34% da una a tre volte a settimana. Stessa percentuale settimanale su Twitter, che in buona parte (pari al 21%) è giustamente usato in specifiche occasioni, legate al “qui e ora”, come il live di eventi e incontri, breaking news o durante la Museum Week.
Un altro aspetto interessante riguarda le figure professionali che curano la presenza online. Se nel 37% dei casi è lo staff del piccolo museo a occuparsi della comunicazione online secondo necessità, seguito da un 17,4% dove è il curatore a svolgere questo compito, emerge una consapevolezza rispetto al fatto che il web non sia uno strumento a costo zero, maneggiabile da chiunque. Nel 39% dei Piccoli Musei la comunicazione online è affidata a personale interno (26%) o esterno (13%) che ha competenze digitali, di base o avanzate (5,2%), unite a competenze in ambito museale. Lo stesso non si riscontra nelle realtà più grandi e teoricamente più strutturate, dove l’Osservatorio registra nel 2019 un 64% di musei privo di figure professionali con competenze legate al digitale.
I piccoli musei, consapevoli di essere tali, sono più innovativi nella gestione e dunque più attivi online: con le loro competenze possono contagiare il sistema dei beni culturali in Italia, perché la loro sfida non è di crescere in dimensione, ma in considerazione.
‒ Marta Coccoluto
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #50
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