Kristina Inčiūraitė – Reflecting Women
Ad AlbumArte – spazio indipendente per l’arte contemporanea di Roma – inaugura la mostra Reflecting Women, prima personale in Italia dell’artista lituana Kristina Inčiūraitė.
Comunicato stampa
Lunedì 16 settembre 2019 dalle ore 18.30 ad AlbumArte – spazio indipendente per l’arte contemporanea di Roma – inaugura la mostra Reflecting Women, prima personale in Italia dell’artista lituana Kristina Inčiūraitė. La mostra, a cura di Benedetta Carpi De Resmini, resterà aperta fino a sabato 26 ottobre.
Reflecting Women si incentra sul concetto di identità al femminile. Quando Simone de Beauvoir dichiarava “una non nasce, ma piuttosto, diventa una donna", sta affermando che il genere non è in alcun modo un'identità stabile, un impianto fisso, ma è un individuo costruito in continuità nel tempo. Questa mostra, all’indomani del Leone d’oro vinto nella 58° edizione della Biennale di Venezia dalle tre artiste del padiglione lituano, intende aprire una riflessione su uno dei temi più controversi degli ultimi tempi, sull’identità femminile, attraverso lo sguardo di una delle artiste più rinomate del panorama lituano: Kristina Inčiūraitė. Il titolo stesso indica una riflessione sul gender, quel genere generalmente istituito attraverso la stilizzazione del corpo. Reflecting, esprime una riflessione sulla figura femminile ma anche un riflesso, inteso come percezione che ognuno di noi ha attraverso l’osservazione degli altri. Infatti, nessuno può osservare se stesso, se non attraverso uno specchio, ma uno specchio può restituire anche un’immagine distorta, come quella che ogni donna riceve e assorbe dall’iconografia femminile della società contemporanea.
Attraverso le sue opere, Kristina Inčiūraitė spesso si interroga sulla condizione del divenire donna, e Reflecting Women approfondisce anche la consapevolezza che ogni donna ha del proprio ruolo, evidenziandone le problematiche sociali e politiche legate alla figura femminile. In modo paradossale la donna viene mostrata attraverso la sua assenza corporea, ciò che ne rimane è il suono della voce.
All’inizio del percorso espositivo è collocata l’installazione audio-video Desertification (2016), dove la voce di un coro di bambini canadesi emerge come una tempesta di sabbia nel deserto, riflettendo le problematiche dei rifugiati siriani. Spinsters (2003) esprime invece l’isolamento vissuto da alcune adolescenti cresciute in una casa famiglia a Vilnius. June (2015), opera video a due canali, mostra una donna cinese intrappolata, metaforicamente associata all’immagine di un grillo, animale diffuso nella cultura cinese, imprigionato all’interno di un barattolo. La tematica del malessere è connessa anche con l’opera The Echo of a Shadow (2015). Il documentario sperimentale, girato in Cina, si interroga sul rapido sviluppo urbanistico avvenuto nel paese e sulla nascita del fenomeno delle città fantasma, attraverso le parole e lo sguardo delle poetesse della Cina imperiale, svelando anche le difficoltà del proprio essere donna in un paese come la Cina.
Il progetto è stato creato in collaborazione con Latitudo e lo Studio di Kristina Inčiūraitė. È stato promosso dall’Ambasciata della Repubblica di Lituania in Italia e realizzato grazie al supporto del Lithuanian Council for Culture, i-Portunus (progetto selezionato e finanziato da Creative Europe Programme) e Lithuanian Culture Institute.