Musei nascosti. La Pinacoteca Enrico Giannelli di Parabita
La storia della Pinacoteca Enrico Giannelli, in provincia di Lecce. Ospite di una collezione speciale.
C’è un angolo di Napoli in Salento, tra sculture da camera e dipinti sorprendenti, esposti nelle preziose sale affrescate di un palazzotto. È una collezione speciale, quella di Enrico Giannelli a Parabita, paese con un castello ancora da valorizzare e un centro storico da riscoprire, non ancora entrato nel circuito modaiolo e turistico di un terra sempre più attrattiva ma densa di paradossi. Palazzo Ferrari è tra questi: spazioso, etimologicamente bello, ma (maledettamente) chiuso (quasi sempre) al pubblico. Custodisce oltre cinquanta opere nelle sale del primo piano, restaurate di recente, ma non ancora valorizzate adeguatamente. Vincenzo Caprile, Achille D’Orsi, Francesco Mancini e molti altri sono i protagonisti di questa raccolta speciale, messa insieme da un artista nato nel 1854 in un paese vicino, Alezio, e cresciuto culturalmente a Napoli, a stretto contatto con il clima culturale della città, soprattutto per quel che riguarda la riflessione sulla pittura di paesaggio.
ENRICO GIANNELLI
È Enrico Giannelli il padre nobile di questa collezione. Pittore, un po’ tradizionalista, ma soprattutto autore di un fondamentale testo sugli artisti dell’Ottocento a Napoli, ancora oggi punto di riferimento nella bibliografia più studiata sull’argomento (a tal proposito, nella biblioteca del piano terra si conservano i libri appartenuti al pittore-studioso, vere rarità per bibliomani): Giannelli è personalità complessa, capace di instaurare rapporti significativi, come ricorda Aldo D’Antico, studioso locale, custode onorario di questo luogo.
A vent’anni Giannelli si iscrive all’Istituto di Belle Arti di Napoli, dove studia paesaggio sotto la guida di Gabriele Smargiassi, maestro della Scuola di Posillipo; dieci anni dopo diventa segretario della Società Promotrice Salvator Rosa, confrontandosi così con numerosi artisti di transito in città fino al 1910, anno in cui termina il suo incarico. È chiaro che questa esperienza gli consente di rapportarsi e dialogare con i protagonisti della scena partenopea del suo tempo, tanto da raccogliere un significativo numero di opere, poi donate a Parabita.
LE OPERE
Ha una posa fiera, Giannelli, nel ritratto che gli ha dedicato Vincenzo Caprile, posizionato all’ingresso del percorso museale. Non mancano le presenze pugliesi di respiro: Giuseppe Casciaro, anzitutto. Ma ciò che rimane maggiormente impressa nella memoria è la sezione dedicata alla scultura: Achille D’Orsi e – soprattutto – Vincenzo Gemito, con dei bronzetti iconici, che meriterebbero però un allestimento più appropriato. Così come si dovrebbe immediatamente smantellare la sezione secondaria del museo, con una sfilza di pareti piene zeppe di tele e tavole di pittori spesso dilettanti. Il Comune possiede una collezione di migliaia di manifesti donati dall’artista Rocco Coronese diversi decenni fa: forse questo palazzo potrà essere il luogo giusto in cui esporli e finalmente valorizzarli!
‒ Lorenzo Madaro
Articolo pubblicato su Grandi Mostre #17
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