Il Tar dice sì allo spostamento dell’Uomo Vitruviano. L’esito dopo settimane di polemiche
Doveva raggiungere la grande mostra “Leonardo Da Vinci” che inaugurerà il 24 ottobre al Louvre. Ma la decisione del Tar del Veneto di sospendere il prestito potrebbe vanificare gli accordi presi dall’Italia a Parigi.
Sembra essere giunta alla conclusione la bufera creatasi attorno allo spostamento dell’Uomo Vitruviano al Louvre. Secondo le ultime notizie, infatti, il prestito avverrà: ancora il Tar del Veneto ha respinto il ricorso di Italia Nostra e ha decretato che il disegno di Leonardo “non ha carattere identitario e quindi non è inamovibile”. Definito valido e competente anche l’operato del Mibact e gli accordi presi nei mesi precedenti con Parigi.
Nell’anno dedicato al 500esimo anniversario dalla scomparsa di Leonardo da Vinci, il Louvre sarà promotore di una grande mostra che aprirà il 24 ottobre. Una celebrazione a cui avrebbe dovuto anche prendere parte l’Uomo Vitruviano, attualmente custodito nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Una promessa siglata da tempo tramite accordi tra l’Italia e Parigi, che potrebbe non essere mantenuta, a seguito della decisione del Tribunale amministrativo regionale del Veneto di sospendere il prestito. Una svolta non del tutto inaspettata ma che ha odore di intrusione politica da parte delle fazioni sovraniste del Paese.
NESSUN PRESTITO DELL’UOMO VITRUVIANO: LA DECISIONE DEL TAR DEL VENETO
Precisamente, la barriera è stata innalzata dagli esponenti di Fratelli d’Italia i quali, tramite la onlus Italia Nostra, hanno presentato un ricorso. Lo hanno fatto appellandosi a un articolo del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio e sostenendo che il disegno non potesse uscire dal territorio nazionale, in quanto parte del “fondo principale di una determinata ed organica sezione di un museo, pinacoteca, galleria, archivio o biblioteca o di una collezione artistica o bibliografica”. La mozione, dal malcelato sentimento nazionalista, è stata determinante per la decisione del Tar del Veneto il quale, sospendendo il prestito, causa inevitabilmente una figuraccia diplomatica con l’importante museo parigino. Tra le reazioni, non si è fatta di certo attendere quella di Vittorio Sgarbi, che da sempre aveva sostenuto l’opportunità dell’iniziativa. Durante il dibattito in commissione Cultura della Camera (indetto dallo stesso Tar a seguito della delibera), il critico e storico dell’arte ha infatti tuonato più volte in aula con il suo proverbiale “Capra!”, rivolto al capogruppo Fdi Federico Mollicone, seguito da insulti e anche da un contatto fisico. Qui, un video che riprende lo scontro (prima che lo streaming venisse interrotto a causa della rottura dell’ordine istituzionale).
IL PRESTITO DELL’UOMO VITRUVIANO: LA REAZIONE DEL MIBACT
“Da una prima lettura delle anticipazioni di stampa risulta del tutto incomprensibile il riferimento a una presunta violazione del ‘principio dell’ordinamento giuridico per cui gli uffici pubblici si distinguono in organi di indirizzo e controllo da un lato, e di attuazione e gestione dall’altro’ nello scambio di opere tra i musei italiani e il Louvre”, ha commentato l’ufficio legislativo del Mibact tramite una nota, il quale sostiene di aver preso un impegno con Parigi in maniera del tutto trasparente. Un accordo che, prosegue, “è stato esclusivamente il riconoscimento da parte dei ministri di decisioni e atti tutti presi, per parte italiana, dai competenti uffici tecnici del Mibac. Il prestito di ogni opera italiana risultava già autorizzato al momento della sottoscrizione dell’accordo che prevede, peraltro, che lo scambio di opere avvenga secondo le specifiche prescrizioni di tutela dettate dai singoli musei. Una semplice lettura dei documenti dimostra facilmente tutto ciò e all’udienza del 16 ottobre tutto questo emergerà con assoluta chiarezza e trasparenza”. Intanto, nella capitale francese, tira un’aria gelida. Secondo quanto riportato dall’ANSA, dal Louvre giunge un secco “no comment”. Chissà se tale disordine potrà essere risanato con un dialogo. Non tanto verso i colleghi d’Oltralpe, quanto con gli attori di una amministrazione nazionale che non riesce a mettersi d’accordo su una visione condivisa del patrimonio artistico. Ma neanche ad evitare pessime figure nei rapporti diplomatici internazionali.
– Giulia Ronchi
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