La pacifica invasione di Wolfgang Laib a Firenze: al via la mostra diffusa in città
Curata da Sergio Risaliti e prodotta da Museo Novecento, “Without Time, Without Place, Without Body” introduce il lessico essenziale e poetico dell’artista tedesco in quattro luoghi simbolo dell’arte e della spiritualità del capoluogo toscano. Le immagini.
Operazione corale, impegno condiviso tra istituzioni culturali, regia e produzione del Museo Novecento di Firenze: il racconto della mostra diffusa Without Time, Without Place, Without Body, al via questo fine settimana in quattro luoghi della città, non può che partire dal concetto di incontro. Quello tra Wolfgang Laib e i titani dell’arte del passato, Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Benozzo Gozzoli e Beato Angelico, ovviamente. Ma anche l’incontro – in parte inedito, alla luce della “formazione” messa in campo – tra vari soggetti attivi sul fronte culturale cittadino. Non è la prima volta che una mostra curata da Sergio Risaliti è concepita come un’operazione diffusa, promossa per connettere più sedi e per introdurre nello stratificato spazio pubblico fiorentino i linguaggi dell’arte contemporanea. Eppure, le peculiari caratteristiche materiche delle opere di Laib – che, come noto, impiega polline, miele, latte, riso, cera d’api e altri elementi di matrice organica -, la vocazione spirituale e introspettiva di questi lavori e, non da ultima, la selezione delle sedi incluse nel circuito incoraggiano a identificare Without Time, Without Place, Without Body come un’esperienza distinta rispetto ai percorsi tracciati, nel recente passato, da mostre come quella di Urs Fischer o Jeff Koons. Ha osservato Risaliti: “Mai come in questa occasione bisogna centellinare le parole, essere essenziali. Il grande esempio di Laib è proprio questo: un’essenzialità assoluta, senza retorica. Con grande poesia e grande spiritualità. Oggi non esiste il contemporaneo o l’antico. Non esiste essere o meno in sintonia con la contemporaneità e con il mondo antico. Oggi abbiamo la possibilità di trascendere la nostra temporalità per entrare in relazione con l’essenza del Creato. Questo il messaggio, puro e semplice, di Laib”.
-Valentina Silvestrini
http://www.museonovecento.it
MUSEO DI SAN MARCO
Laib sfida le tradizioni dello “scrigno delle meraviglie” in piazza San Marco. Mai, prima d’ora, due delle celle dell’antico convento domenicano, progettato da Michelozzo ed affrescato dal Beato Angelico, avevano aperto le proprie porte a un artista contemporaneo. Accade con Pollen from Dandelion e Pollen from Hazelnut che, esclusivamente nel weekend di apertura della mostra, inseriscono nella celletta con l’affresco del Noli me Tangere e in quella di Cosimo il Vecchio, affrescata con l’Adorazione dei Magi, una piccola montagna in polline e una sua delicatissima “traduzione” in terra, di forma quadrata.
CAPPELLA DEI MAGI – PALAZZO MEDICI RICCARDI
La piccola “montagna” di polline di Pollen from Hazelnut si misura con il maestoso racconto affrescato di Benozzo Gozzoli. Come suggerito dallo stesso Laib, l’opera “appare circondata da una delle opere più incredibili della storia dell’arte europea, che è anche una raffigurazione del Potere a cavallo e rappresenta potenzialmente l’origine del mondo vegetale, l’avvio alla vita”.
CAPPELLA RUCELLAI – CHIESA DI SAN PANCRAZIO, MUSEO MARINO MARINI
Posizionate sull’altare marmoreo della celebre cappella, le sculture dell’opera Towers sono state realizzate in cera d’api. Testimoniano lo spiccato interesse di Laib verso l’analisi delle forme geometriche basilari; le variazioni in altezza rimandano a “un’ideale ascensione verso l’alto”.
CAPPELLA PAZZI – COMPLESSO MONUMENTALE DI SANTA CROCE
Imponente, tanto dal punto di vista olfattivo quanto visivo, Without Beginning and Without End, in legno e cera d’api, dà vita al confronto-incontro probabilmente più temerario – e d’impatto – dell’intera mostra. La monumentale costruzione, opera di Laib nel 1999, conquista il centro della cappella commissionata dalla famiglia Pazzi a Filippo Brunelleschi. L’invito verso l’alto acquisisce la forma di una doppia scala con gradini da salire, in una simbiosi completa arte e natura.
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