La spiritualità dell’arte. Salvatore Manzi a Napoli
Saaci/Gallery, Saviano – fino al 9 novembre 2019. L’installazione di Salvatore Manzi, alla sua quarta personale presso il gallerista Sabato Angiero, compone un nuovo capitolo della sua esperienza artistica, che dal 2006 affronta le problematiche iconoclaste ed epistemiche connesse alla rappresentazione e alla conoscenza dello spirituale.
Una diafana luce trapassa l’ordito dell’opera di Salvatore Manzi (Napoli, 1975), riverberandosi nello spazio della galleria, saturo del fumo rarefatto che ne offusca la percepibilità, per rendersi fenomenica e rivelatrice di quel “luogo secondo”, il Deuteroluogo, oltre il quale lo spettatore è condotto. Questi, spinto al di là di una soglia, alla deriva dell’essere, è partecipe di una dimensione altra, allusiva di un’alterità aprioristica e spirituale, originata a partire dall’intreccio architettonico, la cui forma archetipica è intessuta nella struttura della galleria, interrompendone la trama. Si è come agli albori di una mitogonia, in cui le acufeniche risonanze – prodotte dalla traccia sonora composta da Giuseppe Fontanella, chitarrista dei 24 Grana – indicano la presenza auratica di quell’entità appena percepita, che è apparizione unica di una lontananza. Nel candore alabastrino, cui fa eco la visione ravvicinata della cavità di una conchiglia, nel video Dimora (2019), il proprio corpo, eletto a primo luogo, grado zero dell’esperienza, diviene condizione necessaria perché il contatto tra opera e spettatore si verifichi e perché questi “possano momentaneamente appartenersi”, come afferma la curatrice Luciana Berti.
‒ Rosa Esmeralda Partucci
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