Progettare una Nuova Comunità. Intervista a Sonia Calzoni
Alla guida dello studio Calzoni Architetti, in un volume di recente pubblicazione la progettista ha ripercorso l’esperienza della realizzazione della sede dell’associazione Nuova Comunità, a Milano. Un libro denso di testimonianze, che rinnova l’interesse per la progettazione nelle zone periferiche e “ai margini”.
“Progettare l’architettura non è, non può, non deve essere un’arte esclusivamente personale. È un’arte collettiva”, ha scritto José Ortega y Gasset. Ci sono opere d’architettura che più di altre incarnano questa citazione, come la sede di Comunità Nuova progettata dell’architetta Sonia Calzoni, la cui storia è raccontata nel libro, edito da Electa, L’idea di una Nuova Comunità. Nata nel 1973, grazie alla collaborazione tra Don Gino Rigoldi e alcuni volontari legati all’Istituto Penale Minorile Beccaria, Comunità Nuova è un’associazione non profit che segue i ragazzi usciti dal carcere nel reinserimento nella società. Oggi si occupa anche di aiutare giovani e persone in difficoltà a trovare la propria strada, accoglie bambine e bambini rimasti senza genitori, persone con problemi di tossicodipendenza e migranti senza diritti. Il libro di Calzoni ne racconta il percorso evolutivo, fino alla realizzazione della nuova sede pensata per e, soprattutto, con l’associazione: “Il sogno di ogni organizzazione”, come ha affermato don Gino Rigoldi.
DOPPIA CAMPAGNA FOTOGRAFICA PER IL LIBRO
Il testo raccoglie le voci di coloro che hanno partecipato al progetto. Sguardi molto diversi restituiscono un’immagine complessiva dell’opera sia dal punto di vista strettamente tecnico e architettonico, sia da quello più umano e personale. Alle parole della stessa Sonia Calzoni, di don Gino Rigoldi, delle volontarie e dei volontari si sommano quelle di chi, come Pierluigi Nicolin e Paolo Mazzoleni, è stato chiamato “da fuori” a dare una lettura del prodotto finale di questi racconti, ossia l’edificio realizzato. Due raccolte fotografiche danno la misura di quanto il progetto sia stato pensato per e con la comunità e di come l’architettura sia considerata non il fine ma lo strumento. La prima serie, scattata da Michele Nastasi a progetto ultimato, racconta la qualità architettonica dell’edificio non ancora abitato. Nella seconda Giovanni Chiaramonte, dopo oltre due anni dall’ingresso dell’associazione, documenta il normale funzionamento della struttura. La doppia indagine fotografica è la conseguenza di una ricerca sul rapporto tra luogo e persone necessaria a Calzoni per verificare che la sua architettura fosse integrata con la vita di coloro che la abitano.
L’HUB DI COMUNITÀ NUOVA
L’edificio si trova ai margini della periferia ovest di Milano, nei pressi della metro Bisceglie, in un’area di confine tra il territorio urbanizzato e la campagna. Trovandosi vicino al nuovo quartiere di via Parri e al confine con il carcere minorile Cesare Beccaria, l’edificio avrebbe dovuto funzionare da catalizzatore di queste due realtà. La progettazione ha dunque richiesto da un lato la possibilità di ospitare le persone in un ambiente protetto, ma dall’altro la necessità di aprire le attività dell’associazione verso il quartiere. La prima scelta di carattere insediativo è stata quella di disporre una serie di piccoli edifici attorno a un vuoto, tenuti insieme da un percorso pedonale ad anello; i quattro edifici interpretano il programma funzionale del progetto, mentre il dispositivo di collegamento funge anche da recinzione del complesso. Il recinto costituisce uno degli elementi più interessanti: è realizzato in tondini metallici (normalmente utilizzati per le armature) uniti da piccole piastre orizzontali. La distanza tra i tondini rende la struttura diafana tanto da farla sembrare un filtro più che un recinto: un elemento che, mentre separa fisicamente, e quindi protegge, permette allo sguardo di oltrepassare il confine e mette in contatto l’esterno con l’interno.
INTERVISTA A SONIA CALZONI
Dall’edificio al libro. Perché?
Nasce come testimonianza dell’incontro tra il mio studio e i responsabili di Comunità Nuova. È il racconto di un’esperienza positiva ed entusiasmante, il cui risultato è frutto della disponibilità e della partecipazione di tutti, nel rispetto dei propri ruoli e competenze. Non esistevano modelli precostituiti. Il progetto è nato dall’ascolto di esigenze, funzioni, desideri, necessità di Comunità Nuova. A noi il compito di provare a tradurre tutto questo in spazi che potessero accoglierli. Come ho più volte detto, quello che è avvenuto, nella vita di un architetto, non è scontato o banale. Dopo tanti anni di esperienza professionale lo considero, in qualche modo, irripetibile.
L’HUB di Comunità Nuova è stato possibile grazie allo scomputo degli oneri di urbanizzazione del Quartiere Parri e alla collaborazione, quindi, tra Comunità Nuova e l’amministrazione comunale. Qual è stato il rapporto con i due committenti, nella costruzione del programma funzionale e nella successiva fase di realizzazione del progetto architettonico?
La collaborazione tra sviluppatore, amministrazione pubblica e gestore finale è stata certamente fondamentale per la riuscita del progetto. Ritengo che, proprio a partire dal dialogo tra i soggetti che sono intervenuti a livello decisionale, si sono poste le basi del programma funzionale corretto, individuando e coinvolgendo fin dall’inizio il gestore finale, ovvero Comunità Nuova. Spesso questo non avviene o non è possibile per varie ragioni; tuttavia considero questa opportunità e questa volontà dell’amministrazione e dello sviluppatore alla base del risultato ottenuto.
A quali esigenze risponde la scelta insediativa? E perché questa e non altre?
Nell’area sono collocati quattro volumi, tra loro differenti per forma e funzione, derivati dalla particolare conformazione geometrica del lotto stesso ma anche espressione di un collage tipologico che caratterizza il centro, rendendolo riconoscibile all’interno del territorio. L’individuazione di differenti blocchi edilizi risponde alla richiesta di organizzare attività tra loro differenti e con precise richieste di separazione o contiguità; ogni parte del nuovo complesso poteva e doveva essere liberamente pensata, ampliata, rivista, discussa, ridistribuita. La disposizione sul terreno disegna uno spazio centrale evidenziato nelle sue geometrie dagli edifici stessi, permettendo la creazione e l’organizzazione anche degli spazi aperti in dotazione del nuovo centro, ovvero di una nuova corte verso cui convergono e si aprono le attività.
Quale elemento agisce da “filtro” tra città ed edificio?
Il porticato è l’elemento fondamentale di tutto il complesso che collega, racchiude, risolve i percorsi e organizza lo spazio, ma soprattutto è l’espressione stessa della volontà e del messaggio della Comunità, aperta al territorio e dialogante con la società in cui è inserita. A delimitarlo un filtro leggero, variabile e tridimensionale che pone in rapporto il luogo interno e protetto della Comunità con il quartiere e la città, ma anche un filtro che vela e al contempo rivela, ponendo in risalto quello che dall’esterno vedo all’interno e viceversa.
Il sindaco Beppe Sala, nell’introduzione del suo libro, scrive: “Anche un edificio può esprimere chi siamo e dove vogliamo andare”. In che modo il progetto dell’HUB esprime questi aspetti di Comunità Nuova?
La stessa collocazione dell’edificio è espressione della volontà di Comunità Nuova. Si trova in un’area periferica della città e a fianco del carcere minorile Beccaria di cui don Gino Rigoldi e un gruppo di operatori e volontari si occupano da oltre quarant’anni, anche promuovendo l’inserimento sociale di quei minorenni che, usciti dal penitenziario milanese, sono privi di lavoro, casa e contesto in grado di accoglierli. Tra gli obiettivi principali del nuovo Hub, spicca la volontà da parte di Comunità Nuova di avere una presenza più tangibile nel quartiere dove tutto ha avuto origine, realizzando un ulteriore passo in avanti verso l’integrazione tra cittadinanza e minori detenuti nell’Istituto Penale Beccaria. Il nuovo Hub è un luogo aperto al quartiere, un luogo da attraversare liberamente e da frequentare durante gli eventi. Da questo è emersa la ricerca di un progetto in grado di coniugare la volontà di apertura con le fondamentali esigenze di sicurezza, tutela e protezione.
Uno dei testi che più mi ha colpita è quello di Paolo Mazzoleni, che analizza il progetto nel contesto periferico nel quale si trova. Come indica Mazzoleni, introducendo il suo discorso, le chiedo: “Cosa vuol dire, oggi, costruire in periferia?”
È stata un’importante occasione di riflessione proprio a partire dall’intuizione che il nuovo centro sarebbe potuto diventare un elemento catalizzatore per la vita di questa parte di città, innescando la possibilità di ottenere una maggior cura e attenzione verso questi luoghi. Credo che architetti e urbanisti siano chiamati a dare risposte e a immaginare spazi che accolgano la vita delle persone, in particolare stando ai margini, intendendo i confini come luoghi di proficue transizioni, di rimescolamenti culturali, di incontri senza ruoli prefissati, attraverso accoglienza e consapevolezza delle differenze e del loro valore.
Quali sono i progetti più interessanti di cui si sta occupando ora lo studio Calzoni Architetti? Quali gli obiettivi futuri?
Lo studio da molti anni è impegnato nella progettazione di nuove costruzioni residenziali: attualmente abbiamo cinque cantieri a Milano che saranno terminati con tempistiche diverse entro i prossimi due anni, mentre altri interventi sono ancora in fase di progetto. L’abitazione è un tema che ci interessa e sul quale abbiamo maturato una certa esperienza, ma non lo considero prioritario, avendo fatto nel corso di venticinque anni di pratica professionale molte altre esperienze. È in fase di realizzazione anche un grande studentato in zona Bocconi e il complesso uffici all’EUR per il recupero delle torri del Ligini a fianco del Centro Congressi. Per il futuro… ci stiamo lavorando; sarebbe interessante una nuova esperienza all’estero.
‒ Miriam Pistocchi
http://www.calzoniarchitetti.it/
Sonia Calzoni (a cura di) ‒ L’idea di una Nuova Comunità
Electa, Milano 2019
Pagg. 144 € 27,20
ISBN 9788891825483
https://www.electa.it/
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