Modernità e tradizione. Natal’ja Gončarova a Firenze

A Palazzo Strozzi va in mostra la carriera di una delle prime artiste donne a imporsi sulla scena internazionale, anche nel mondo del teatro. 130 opere raccontano il suo interesse per l’avanguardia europea, dal Primitivismo al Futurismo, che coltivò restando comunque legata all’immaginario della tradizione russa.

Negli anni cruciali a cavallo del 1917, la Russia intera conosce un periodo di agitazioni sociali e fermenti culturali. Se da un lato si cerca una via politica alla libertà e all’uguaglianza, dall’altro il mondo dell’arte avverte l’urgenza di nuovi linguaggi per raccontare queste tensioni e al contempo mantenere la memoria di un grande patrimonio culturale. Natal’ja Sergeevna Gončarova (Negaevo, 1881 – Parigi, 1962) fece questo e molto altro: fu un’artista di respiro europeo, prima donna a esporre nudi femminili, anticipò Marina Abramović nelle performance di Body Art, collaborò con i Ballets Russes e frequentò il Blaue Reiter.

AVANGUARDIA E TRADIZIONE

Pur interessata al Primitivismo, sulla scorta degli studi di Picasso e Modigliani, così come al cromatismo di Matisse, al dinamismo di Boccioni e Balla e all’Espressionismo tedesco, Gončarova fu un’artista a suo modo eclettica nell’ambito dell’avanguardia, e concepiva l’arte come un qualcosa di vivo, in continua, necessaria evoluzione. Per cui, nelle sue tele trovano spazio il geometrismo delle forme, la sovrapposizione dei piani prospettici, l’accostamento di colori sgargianti, l’essenzialità del tratto. Ma se il linguaggio è strettamente modernista, l’immaginario pittorico è invece legato alla tradizione, ai ricordi d’infanzia, alla quotidianità dei contadini; con Gončarova nacque il cosiddetto neoprimitivismo russo legato al folklore e alla religione. Il raffinato allestimento ‒ con pannellature che riproducono motivi decorativi tradizionali russi, creando un’atmosfera intima e avvolgente, quasi l’interno di un’isba dove avrebbero potuto vivere molti dei personaggi raffigurati dall’artista ‒ esalta la delicatezza di opere in cui risplendono i colori della natura, si susseguono i lavori nei campi, di svolge placida la vita della Mir, quasi come stessimo leggendo un racconto di Tolstoj o Lermontov. Alla loro stregua, Gončarova era consapevole della necessità di perpetuare nel tempo il patrimonio spirituale russo.

Natalia Goncharova, Primavera, 1927 28. Chicago, The Arts Club of Chicago © Natalia Goncharova, by SIAE 2019

Natalia Goncharova, Primavera, 1927 28. Chicago, The Arts Club of Chicago © Natalia Goncharova, by SIAE 2019

UN APPROCCIO CONCETTUALE SCETTICO

Avanguardista nello stile, della modernità Gončarova non condivideva necessariamente gli entusiasmi. Formatasi a Mosca, la grande città non corrispondeva alla sua idea di civiltà. Legata al mondo della tradizione rurale (proveniva da una famiglia della borghesia campagnola), in armonia con la natura e i suoi cicli e custode di una spiritualità millenaria, guardava con diffidenza allo sviluppo industriale, all’inurbamento quasi forzato di migliaia di contadini, alla vita alienante e caotica delle città, al pericolo dell’inquinamento. Diffidenza che emerge con chiarezza nella tela Fabbrica (futurista), del 1912, in cui le ciminiere sembrano gettarsi sulla città con la furia di draghi medievali, eruttando un fumo minaccioso, pronti a divorare case e persone. Un sentire ben diverso dall’entusiasmo “guerriero” di futuristi convinti come Balla, Boccioni, Depero (che incrociò a Roma), dalle cui opere esposte per confronto si riceve un opposto messaggio, un inno alla velocità, all’industria, alle luci della città, che avrebbero spazzato via la vecchia e stagnante borghesia liberale aprendo la strada alla modernità.

IL TEATRO

Avvicinatasi al Blaue Reiter già dal 1911, frequentò brevemente anche l’Astrattismo ispiratole da Kandinsky, ma sempre con richiami al mondo della natura, esperienza che inieme a Larionov la porterà a fondare in Russia l’avanguardia raggista. Monaco non fu l’ultima delle esperienze europee, a lasciare un segno forse più profondo sopravvenne Parigi, dove si stabilì a partire dal 1917, al seguito di Sergej Pavlovič Djagilev l’impresario dei Ballets Russes con cui collaborava dal 1913 fra Roma e la Spagna e che sosteneva la necessità di un’arte disimpegnata e aperta all’Europa, alla società, al teatro, al mondo del design. Attraverso i costumi da lei disegnati, Gončarova rievoca un sontuoso mondo sospeso tra realtà e fantasia, antiche leggende e simboli tradizionali russi. A suo modo di vedere, anche il teatro era un mezzo per dare nuova vita a una cultura antica e nobile come quella russa, nella quale credeva con sincera fede, e per la quale trepidava dopo i giorni sanguinosi dell’ottobre 1917, a causa dei quali scelse di non rientrare mai più in patria.

Niccolò Lucarelli

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Niccolò Lucarelli

Niccolò Lucarelli

Laureato in Studi Internazionali, è curatore, critico d’arte, di teatro e di jazz, e saggista di storia militare. Scrive su varie riviste di settore, cercando di fissare sulla pagina quella bellezza che, a ben guardare, ancora esiste nel mondo.

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