6 anni a capo dell’Accademia Albertina di Torino: parla il direttore in uscita Salvo Bitonti
Prosegue l’incursione di Artribune all’interno delle accademie italiane, raccontate da chi le ha vissute in prima linea. Ora è il turno di Salvo Bitonti e dei suoi anni carichi di iniziative – locali, ma non solo – coltivate a favore della crescita dell’istituzione torinese.
Dopo aver parlato dell’Accademia di Roma, attraverso una lunga intervista all’ex direttrice Tiziana D’Acchille, ci spostiamo questa volta nel nord Italia, a Torino. Turnover per l’Accademia Albertina: il direttore appena eletto, Edoardo Di Mauro– storico dell’arte già direttore del MAU, Museo d’Arte Urbana – prende il posto di Salvatore Bitonti (Siracusa, 1961), detto Salvo, alle redini dell’istituzione torinese per due mandati di fila. Un’occasione per ripercorrere sei anni di progettualità volti alla crescita dell’Accademia, condotti con un’attenzione alla straordinaria rete museale del territorio, ma senza tralasciare l’apertura internazionale. Con successi e “falle al sistema” ancora da aggiustare. Bitonti, regista teatrale, cinematografico e drammaturgo (dal 2001 docente di Regia presso la stessa accademia), ha posto al centro del suo programma anche una grande promozione delle arti performative, concretizzatasi in svariati progetti e appuntamenti, oltre che con l’istituzione del Festival Internazionale delle Scuole d’Arte e Design (FISAD). Impegno che proseguirà riprendendo la carriera cinematografica (in preparazione dei film d’artista legati a una riattualizzazione delle figure delle donne della mitologia Fedra, Elena, Ismene e Medea). A Bitonti la parola.
Sono passati sei anni dall’inizio del suo incarico come direttore dell’Accademia Albertina. È giunto l’inevitabile tempo di bilanci…
Oltre un anno fa, Paola Gribaudo, (quando non era ancora divenuta presidente dell’Accademia Albertina e mai avrebbe pensato che un giorno avrebbe assunto tale ruolo), essendo sempre molto attenta e partecipe a tutte le iniziative dell’Accademia, mi propose di scrivere un piccolo libro, una volta concluso il mandato. Il titolo che mi suggerì era L’Accademia che non c’era.
Come mai?
Ho assunto la direzione a novembre 2013. L’Accademia Albertina ha una gloriosa storia di trecentocinquanta anni, ma conosceva un periodo di trascuratezza e forse di vero declino; non era più riconosciuta da diverso tempo all’interno del territorio della città per la sua importanza e valore. Era percepita semplicemente come una scuola e nient’altro.
Come sono cambiate poi le cose?
L’inizio del mio lavoro di Direttore in Accademia coincideva con la presenza di Fiorenzo Alfieri, presidente dell’Istituzione già da 8 mesi; già Assessore alla Cultura della Città di Torino per un lungo periodo di tempo, ho trovato in lui un formidabile alleato e una totale consonanza di intenti, in primis nel voler riportare l’Albertina al centro del sistema culturale delle città e di tutte le grandi Istituzioni torinesi che la compongono.
Qual è stato l’esito?
In questi anni l’Albertina ha stabilito partnership con tutte le realtà museali della città, con i teatri e con le fondazioni private pubbliche. I nostri allievi hanno partecipato come stagisti a un numero impressionante di iniziative, in ruoli diversi ma con il principio costante della loro valorizzazione professionale. In estrema sintesi, l’Albertina da Istituzione di formazione superiore qual è, ha acquisito anche lo status ideale di centro di produzione culturale di livello nazionale ed internazionale. Ricordo che in 6 anni sono state proposte e realizzate oltre quaranta mostre negli spazi della Pinacoteca, che la stessa Accademia possiede. Il numero dei visitatori che negli anni prima era assestato sui 3mila totali annui, è schizzato ai 24mila delle ultime stagioni, in una posizione leader tra i musei di media grandezza a Torino.
Cosa ha messo tra le priorità su cui lavorare durante il suo mandato?
Vede, gli obiettivi del mio programma di direzione puntavano molto sull’internazionalizzazione dell’Accademia Albertina, ma prima ancora, sulle linee strategiche di sviluppo e conoscenza del sistema educativo italiano all’estero elaborate pochi anni fa dal MAECI – Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. In questi anni abbiamo firmato oltre trenta bilateral agreement con Istituzioni similari extra europei; abbiamo realizzato mostre di nostri allievi in Russia, nel Regno del Bahrein, in Brasile, in Germania e in altri paesi. Inoltre, abbiamo aperto gli spazi della Pinacoteca Albertina, il cui patrimonio artistico, appartiene direttamente all’Accademia, (cosa unica fra le Accademie di Stato italiane) a esposizioni di lavori di studenti e docenti-artisti. Abbiamo creato dei corsi d’italiano, in collaborazione con l’Istituto interlinguistico dell’Università di Torino, per il numeroso contingente di studenti di lingua cinese del progetto Turandot, ai fini di un miglioramento dell’apprendimento e della conoscenza della lingua italiana da parte di questi studenti. Siamo anche l’unica Accademia italiana ad aver creato un progetto di collaborazione con una piattaforma educativa privata cinese sul web, la L-Art University per l’inizio di lezioni online pay per view con la partecipazione dei nostri docenti, che partiranno nel 2020.
Si è quindi insistito con particolare attenzione sulla Cina.
Abbiamo una posizione leader per conoscenza e apprezzamento nei paesi asiatici oltre che ovviamente in Cina. Il numero di studenti di lingua cinese che vogliono iscriversi da noi è in continua crescita. Per questo, già da tempo ci è stato proposto di aprire in Cina una Albertina China come succursale della nostra Istituzione. E ci stiamo pensando.
Lei viene da una carriera come regista teatrale. Pensa di aver portato questa esperienza all’interno dell’Accademia?
Ho sospeso la mia carriera di regista per cinque anni riprendendola solo l’anno scorso, con lo spettacolo Io e Pirandello che sarà in tournée nel 2020 e che in questa stagione è stato ospitato, tra gli altri, al Teatro Nazionale di Genova e al Teatro La Pergola di Firenze. È stato un elemento determinante nella mia direzione. Nelle iniziative promosse ha contribuito anche la mia esperienza di direzione artistica di un festival del cinema italiano a Miami per ben sei anni. In teatro ho spesso collaborato all’ideazione e realizzazione delle scenografie di molte mie regie e sono stato anche costumista di alcuni miei spettacoli.
E per quanto riguarda Torino?
Nel 2016/17, negli spazi di archeologia industriale dell’ex fabbrica Incet, ora divenuti un centro di innovazione, sono stato promotore della creazione del Polo della Scenografia dell’Albertina, dove sono state collocate varie discipline: vi è un attrezzato laboratorio di scenografia, di illuminotecnica e scenotecnica, ma soprattutto un laboratorio di sartoria in grado di realizzare costumi e abiti in modo perfettamente professionale. Nello stesso 2017 la Scuola di Scenografia ha realizzato scene e costumi per L’incoronazione di Dario di Vivaldi, nella stagione del Teatro Regio di Torino, con particolare consenso di critica. I nostri studenti sono attivamente impegnati come stagisti in molteplici ruoli in molte produzioni televisive e cinematografiche, grazie alla Film Commission Piemonte e svolgono da diversi anni un campus professionalizzante durante gli annuali cicli di spettacoli classici al Teatro Greco di Siracusa per l’Istituto Nazionale del Dramma Antico. Sono stati poi nostri diplomati Honoris Causa e hanno tenuto workshop i pluripremiati dagli Oscar, scenografi e art director come Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo e il regista Walter Guadagnino.
Ci racconti qualcosa sul FISAD, il festival da lei avviato.
Quando sono giunto alla direzione nel 2013, volevo realizzare qualcosa che portasse l’attenzione internazionale sull’Albertina, coerentemente con la mia progettualità. Avevo notato che non esisteva una manifestazione che raccogliesse le Accademie internazionali in un grande festival europeo ed extra-europeo, ovvero un’iniziativa che sapesse guardare e portare al confronto i giovani artisti prima della loro uscita dal percorso di formazione: prima della loro ufficializzazione artistica. È nata così l’idea del Festival Internazionale delle Scuole d’Arte e Design, il cui format è unico, in quanto comprende non solo le arti visive, ma anche le arti performative come il teatro, il circo, la danza e le arti multimediali tra cui il cinema in tutti i suoi aspetti dallo sperimentale all’animazione.
Come si è evoluto il festival?
La prima edizione si è svolta nel luglio del 2015 e ha visto la partecipazione di oltre 70 istituzioni di formazione artistica tra italiane ed internazionale. Questa seconda edizione, che si conclude il 17 Novembre con un evento alla Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia, è stata organizzata in concomitanza con il Premio Nazionale delle Arti, giunto alla sua quattordicesima edizione e promosso dal MIUR. Le Istituzioni straniere selezionate sono state circa venti e per la prima volta abbiamo avuto la partecipazione di Etiopia, Emirati Arabi Uniti e Australia, oltre a Cina e Russia come ospiti d’onore.
A seguito di una lunga lista di successi, ci chiediamo se abbia anche qualche rimorso: ci sono degli obiettivi che non è riuscito a portare a termine, o aspetti dell’istituto che vorrebbe fossero implementati?
Le istituzioni AFAM (che è un acronimo che sta per Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica) hanno sempre purtroppo avuto poco stima da parte della politica in genere e il discorso sarebbe troppo lungo da affrontare qui. Si pensi invece che all’estero noi siamo grandemente apprezzati per le nostre Accademie e i nostri Conservatori di musica, oltre gli ISIA e le Accademie di danza e d’arte drammatica. In proporzione per gli studenti stranieri che si iscrivono alle nostre università, il 70% sceglie le Istituzioni AFAM. Gli obiettivi che avrei voluto e voglio perseguire in futuro riguardano più il sistema complessivo di questo importante e strategico settore più che la mia singola istituzione. Rimorsi? Mai avuti in vita mia!
Una delle sue più grandi battaglie, infatti, è stata quella per l’equiparazione ministeriale tra università e accademie.
È una vexata questio che ha radici lontanissime, probabilmente andando indietro nel tempo ci si può riferire al pensiero gentiliano di impronta idealistica che privilegiava l’aspetto teorico dell’insegnamento a scapito dell’azione pratica. Consideri che in tutta Europa le istituzioni di Belle Arti sono facoltà universitarie a tutti gli effetti. I nostri titoli di studio sono equipollenti ma manca ancora lo status di studente universitario ai nostri studenti, cosa gravissima, e manca di conseguenza l’equiparazione giuridica-economica dei nostri docenti ai colleghi universitari. Potrei dire che è una anomalia che può esistere solo in questo strano paese.
Perché questo argomento è ancora tanto ostico in Italia?
Sicuramente la prima ostilità viene proprio dal sistema universitario italiano, che teme di perdere una parte dei fondi, quelli ai quali noi ora non possiamo accedere. A questo si aggiunge la latitanza storica della politica sulla questione. È una dura battaglia che certamente intendo perseguire nei prossimi anni anche procedendo in sede di comunità europea, che ha più volte evidenziato questa disparità italiana.
A vantaggio della Accademia Albertina c’è il fatto di trovarsi in una posizione privilegiata, che gode di una rete di istituzioni audaci e influenti sparse sul territorio (penso alla fondazione CRT ma anche alla valorizzazione delle Langhe, con iniziative di punta come la Art Week di Artissima). È una ventata d’aria buona di cui gode anche l’Accademia?
L’Accademia Albertina ha goduto della stima e quindi del sostegno economico delle sue iniziative dalle più importanti fondazioni bancarie di Torino. La Compagnia di San Paolo, con un investimento di oltre tre milioni e mezzo, ha finanziato nel 2015 il restauro de La Rotonda del Talucchi, opera ottocentesca che era e ritornerà ad essere sede didattica, inaugurata parzialmente in occasione del FISAD. La Fondazione CRT è stata partner economica del FISAD 2015 e 2019, così come la stessa Compagnia di San Paolo. La Consulta per la valorizzazione dei beni artistici e culturali ha sponsorizzato la nuova sistemazione museale dei cartoni gaudenziani conservati nella Pinacoteca Albertina e che saranno inaugurati il 5 Dicembre. Artissima, nella persona della sua direttrice Ilaria Bonacossa, ha preselezionato lo spazio espositivo dell’ipogeo sotterraneo de La Rotonda, di cui si è detto, per la prossima edizione della fiera d’arte. Il sistema di rete, non posso che affermare che a Torino funziona.
Soprattutto al Nord Italia c’è una proliferazione di istituzioni private che offrono corsi professionalizzanti paralleli a quelli delle Accademie (anche di breve durata, come quello in curatela di CAMPO, della Fondazione Sandretto-Re Rebaudengo). Pensa che l’Accademia debba temere la concorrenza?
Assolutamente no! Pensi che noi ogni anno abbiamo oltre 500 richieste di studenti che si iscrivono agli esami di ammissione. E ne vengono ammessi meno della metà. L’Accademia non punta sulla quantità ma piuttosto sulla qualità degli studenti. Con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo abbiamo da molti anni un proficuo rapporto di collaborazione e il loro prestigioso corso sulla curatela d’arte è semmai complementare alle nostre Scuole di Didattica dell’Arte e di Comunicazione e valorizzazione del patrimonio artistico contemporaneo.
Come direttore di questa istituzione, avrà imparato tanto anche lei. Cosa porta a casa nel suo bagaglio esperienziale?
Lei ha perfettamente ragione. Io ho più imparato probabilmente di quanto effettivamente ho potuto dare come direttore. Dirigere un’accademia è un’attività complessa e delicata. Tutti gli elementi che la compongono, il corpo docente, il corpo studentesco, il personale tecnico-amministrativo e gli organi di governo devono essere sempre in equilibrio armonico onde evitare qualsiasi frizione che possa turbare il buon andamento delle attività dell’Istituzione e in primis l’attività didattica che deve essere sempre in primo piano e tutelata sopra ogni cosa. Direi che doti di equilibrio di giudizio ed essere sempre super partes sono elementi di una buona capacità direttiva. Ho sempre detto che l’accademia è come una meravigliosa ma fragilissima esposizione di cristalli, in cui occorre muoversi con molta cautela.
-Giulia Ronchi
https://www.albertina.academy/
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati