Whatever Happened to Baby Jane? è un bel thriller colto e cinefilo degli Anni Sessanta che rientrava nel filone del riesame di Hollywood e del suo passato, e naturalmente di contenuti come storia, novità, gioventù, presenza e scomparsa e tutti gli elementi legati alla spettacolarità del nuovo e del suo necessario consumo.
Le novità del digitale nelle sue componenti più estreme si sono in parte consumate in un’ondata di passione e investimento creativo e psicologico che ha trascinato diverse generazioni. Ha creato un’infinità di ipotesi, sogni, previsioni, progetti, imprese, idee di cui oggi viviamo le conseguenze. Come tutti i movimenti d’avanguardia, la cybercultura ha avuto un andamento da marcia trionfale, una marcia che naturalmente ha lasciato vittime, caduti e dispersi sul suo percorso. Ma anche un’infinità di materiali e di esperienza su cui sono nati e nasceranno altri percorsi. Molte imprese si sono esaurite nello sforzo, ma altre si sono radicate in terreni fertili.
L’americana Rhizome è stata una delle prime riviste a pubblicare completamente online informazioni e materiali su arte e cultura nelle nuove ottiche aperte dal digitale, partendo dalla metafora delle piante rizomatiche che diffondono le loro radici orizzontalmente (Lacan, Deleuze, Guattari), una metafora in quegli anni molto diffusa in campo digitale, che esprimeva la necessità di una nuova cultura diversamente democratica. Dopo i consueti cambiamenti e tormenti finanziari, la rivista scelse di chiedere contributi agli utenti (mentre prima era completamente free). In una cultura dell’open source, questo creò scandalo e protesta. Con il progressivo commercializzarsi della Rete, la cosa è stata però accettata.
Oggi Rhizome lavora nell’ambito del New Museum di New York, museo attento a tutte le manifestazioni fra comunicazione, sociale e arte, sempre più un modello di operatività museale e urbana. Più centro culturale che museo. Rhizome sta lavorando su una faticosa ricostruzione e restauro dei primi lavori di Net Art, lavoro difficile per via dei continui cambiamenti dei software, difficile quasi quanto la ricostruzione degli affreschi frantumati nei terremoti italiani. Questo futuro archivio della Net Art porta con sé una progressiva attività di promozione e mostre online, per ora visibili solo in forma di clip o lecture.
A parte le prime opere/azioni di Net Art che rompevano il ghiaccio della comunicazione dall’alto, i lavori che hanno maggiormente segnato questi ultimi anni sono stati quelli di forte contenuto politico, come Paolo Cirio che denuncia i paradisi fiscali o le provocazioni di Franco ed Eva Mattes nelle loro parodie in VR delle performance concettuali. Ma le premesse degli inizi erano molto vaste e vedremo nuove forme multimediali online. Come la Baby Jane protagonista del vecchio film, alla fine la Net Art ricomincia a danzare, anche se in un mondo digitale profondamente mutato.
‒ Lorenzo Taiuti
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #51
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