Ryan Mendoza – Active Shooter
Una mostra mirabile dove l’irriverenza spocchiosa dell’artista americano, la sua poetica sfacciata e ironica, ci costringono a guardare oltre per scoprire un individuo che nel rispetto dei valori pubblici e privati sposta il limite della propria coscienza sempre più in avanti, nella speranza di apparigliarla con i propri sogni.
Comunicato stampa
L’artista americano da poco più di un anno vive tra Berlino e le pendici dell’Etna, a Dagala, dove nel verde dell’attiva signora, ha impiantato il suo nuovo studio.
La ricerca di Mendoza è lo specchio su cui si riflette, in un impietoso gioco di rimandi, l’immagine decadente della società contemporanea. Active Shooter allude ad una personalità ironica, dalla presunta onniscienza, un attivo sparatutto, abile mistificatore e geniale sapientone, un simpatico minchiataro… un tenero eroe quotidiano. Lo si potrebbe parafrasare, con debito rispetto, a un altro titolo ben più noto e siciliano fino al midollo: uno, nessuno e centomila. Capolavoro della letteratura del ‘900 con il quale Luigi Pirandello racconta le persone.
Persone, la cui etimologia risale al latino personam: maschera d’attore, e maschere sono i soggetti di Mendoza, sempre in bilico tra l’essere superuomini e le loro intime fragilità.
Negli spazi della Fondazione le opere invitano ad un percorso inedito, dove il fruitore appare come un voyeur colto in flagrante nell’atto di spiare angoli nascosti in cui si consumano vicende interiori e ambigue di normale quotidianità.
Scene allestite in fatiscenti locali arredati con pretenziose carte da muro che riecheggiano lo sfarzo delle antiche dimore siciliane, sulle quali Mendoza dipinge provocatori e comuni slogan, debitamente censurati, e persone. Motti ed eroi comuni, una eco distorta, distonia personale che tristemente svela le nostre debolezze e decadenza. Comunque svela la formula magica grazie alla quale la società ci accetta.
Nei suoi dipinti è evidente lo scontro tra valori opposti: ambiguità, xenofobia, dominazione, pornografia, lussuria, voyeurismo, odio … fanno il verso a chiarezza, integrazione, dipendenza, castità, riservatezza, amore, intimità … senza mai esprimere un giudizio, pongono interrogativi inquietanti sui valori su cui si fonda la nuova etica sociale.
Nelle sue pitture traspare la grande capacità di legare la visione pop e orizzontale della cultura americana, con la stratificazione barocca del pensiero europeo, creando in tal senso quel cortocircuito che stuzzica la capacità critica e invita a riflessioni su come appariamo e su come intimamente siamo, in un gioco ambiguo e tanto intrigante quanto è la personalità ironica e seria dell’artista americano.
I dipinti dialogano con altri elementi scultorei, gli “specchi”. Ricche cornici in ceramica, specchiere vuote che, come buchi neri, risucchiano persone e restituiscono individui. Meccanismi in grado di fermare il tempo e trasportare in una dimensione personale in cui cade la maschera e si manifesta l’intima coscienza di ciascuno.
Una mostra mirabile dove l’irriverenza spocchiosa dell’artista americano, la sua poetica sfacciata e ironica, ci costringono a guardare oltre per scoprire un individuo che nel rispetto dei valori pubblici e privati sposta il limite della propria coscienza sempre più in avanti, nella speranza di apparigliarla con i propri sogni.
Gianluca Collica