Quando nasce l’IIC di Belgrado?
La sua nascita è legata alle vicende storiche e alle relazioni diplomatiche tra Roma e Belgrado, che affondano le radici nella politica estera del Regno d’Italia tra le due guerre. Dalla metà degli Anni Venti si diede impulso alla promozione della lingua e della cultura italiana all’estero nell’ambito di una strategia di soft power, come diremmo oggi, o di propaganda, come si diceva allora. Dopo la stipulazione con il Regno di Jugoslavia nel 1937 di un trattato di amicizia e di un accordo culturale bilaterale, l’Italia decise l’apertura dell’Istituto di Cultura a Belgrado con lo scopo di promuovere “la conoscenza della civiltà e della vita italiana”.
Cosa significa per voi promuovere la cultura italiana all’estero?
L’Istituto si propone come un centro culturale che si integra nell’offerta della città di Belgrado e della Serbia. Mette in contatto il mondo artistico e culturale italiano con quello serbo, dialoga con le istituzioni accademiche e di ricerca e collabora con le organizzazioni locali. Sempre più interessante è la prospettiva di lavorare insieme ai partner europei e l’Istituto è molto attivo nella rete EUNIC in Serbia, l’associazione degli istituti di cultura dei Paesi dell’Unione Europea.
Chi è il vostro target di riferimento e attraverso quali azioni operate?
Dedichiamo particolare attenzione al pubblico dei giovani, il più interessante dal punto di vista dell’investimento promozionale in Serbia. Proponiamo eventi a 360 gradi: arte, design, musica, cinema, spettacoli dal vivo, letteratura, editoria ecc. Ma anche altre iniziative fanno parte della nostra attività quotidiana: collaborazione interuniversitaria e promozione della internazionalizzazione del sistema accademico e della scienza, residenze per artisti, seminari di aggiornamento e iniziative che sorgono dall’incontro e dalla progettualità di operatori culturali italiani e serbi.
Quali sono gli obiettivi?
Se la finalità è quella della politica culturale all’estero del nostro Paese, che si inserisce dunque in un’azione complessiva della missione italiana in Serbia, gli obiettivi più specifici sono legati ai diversi settori di intervento. Immaginiamo dei cerchi concentrici: quello più interno rappresenta il pubblico che conosce la lingua italiana e per ragioni famigliari, di studio o di lavoro è personalmente in contatto con l’Italia. Per loro l’obiettivo è di offrire proposte che possono aiutare a mantenere o migliorare la conoscenza della lingua italiana e ad approfondire alcuni degli aspetti della vita culturale italiana che in parte conoscono o a cui sono già interessati. Un secondo cerchio più vasto di persone è quello di chi ha interesse per l’Italia in generale: molti ad esempio hanno visitato il nostro Paese da turisti e vogliono sapere che cosa succede oggi in Italia nel mondo della musica, del cinema, dell’arte. Un terzo cerchio è quello di chi prova simpatia per il nostro Paese ed è attratto dallo stile di vita italiano, un cerchio che potenzialmente in Serbia arriva a comprendere una grande parte della popolazione e per il quale occorre puntare su eventi in cui la comunicazione ha un ruolo di primissimo piano.
In che modo l’arte contemporanea rientra nei vostri programmi?
È una delle nostre priorità. Organizziamo numerose manifestazioni culturali per lo più orientate alla costruzione di contesti di collaborazione o dialogo fra artisti italiani e artisti locali. Utilizziamo i locali del nostro Istituto per le mostre ma spesso ci piace collaborare con organizzazioni serbe che ospitano artisti italiani. In Serbia esiste una rete di festival a cui cerchiamo di promuovere la partecipazione di artisti italiani. Segnalo anche il bando dell’Italian Council, un’occasione per gli artisti italiani e per gli IIC di collaborare a un progetto di internazionalizzazione molto interessante – qui in Serbia il progetto di Elena Bellantoni.
Su quali risorse economiche contate?
L’Istituto è un ufficio all’estero del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e come tale abbiamo un contributo ministeriale annuale che integriamo con le risorse che riusciamo a generare grazie alla nostra attività, in primis i corsi di lingua, in forte crescita negli ultimi anni. Anche le imprese private ci aiutano con sponsorizzazioni per alcuni eventi, ma occorre fare altri passi avanti. In Serbia non c’è un vero cultural sponsorship market, come si dice oggi, e iniziative culturali pienamente autosostenibili non hanno vita facile. I consumi culturali delle famiglie sono compressi dai redditi, che in media sono tra i più bassi di Europa.
L’Italia e la Serbia celebrano nel 2019 i centoquarant’anni di relazioni diplomatiche. Quali iniziative avete già messo in atto e quali altre sono previste quest’anno, anche in relazione a tale anniversario?
Abbiamo un programma molto fitto, con decine di eventi. Ne ricordo alcuni: la mostra con alcuni capolavori da Palazzo Chigi di Ariccia del Barocco Romano, allestita dal Museo Nazionale di Belgrado; la mostra Passi di Alfredo Pirri alla Cineteca Nazionale di Belgrado; il Festival del cinema italiano con la scenografa Lucia Nigri; l’Italian Design Day con l’architetto Matteo Fantoni; la Giornata del Contemporaneo dedicata a Luigi Di Sarro; la stagione di concerti di musica da camera in Istituto e poi la Conferenza internazionale dedicata proprio alla storia delle relazioni tra Italia e Serbia, in collaborazione con l’Accademia delle Scienze e delle Arti della Serbia e l’Istituto di studi balcanici.
‒ Alex Urso
https://iicbelgrado.esteri.it/iic_belgrado/it/
Articolo pubblicato su Artribune Magazine #51
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