50 anni di Studio La Città a Verona. Intervista a Hélène de Franchis
Le mostre, gli artisti, l’incontro epocale con Lucio Fontana e la sua arte. 50 anni di Galleria Studio La Città, raccontati dalla gallerista Hélène de Franchis
Il 7 dicembre la Galleria Studio La Città di Verona festeggia 50 anni. Un traguardo importante che la gallerista, napoletana di origine Hélène de Franchis ci racconta in questa intervista. Aspettando di inaugurare il 7 dicembre una mostra-summa con un titolo originale e provocatorio. Si chiama infatti Quello che non ho venduto…, a cura di Marco Meneguzzo.
50 anni di galleria: come ci si sente a festeggiare queste nozze d’oro con l’arte?
50 anni sono tanti! Devo dire che non me ne rendo conto, non mi sembra sia passato tanto tempo ma se poi guardo le foto di quegli anni mi accorgo che ci sono stati molti cambiamenti. Non so se veramente festeggio, è semplicemente un traguardo.
Chi sono stati gli artisti con i quali ha sentito un maggiore feeling nel corso degli anni?
Ho conosciuto tanti artisti, con alcuni ho avuto un rapporto di amicizia, stima e affinità. Se penso agli anni 70 ho imparato molte cose del mondo dell’arte dagli artisti inglesi con i quali ho lavorato in quel decennio, con David Leverett, Richard Smith, John Hoyland avevo un rapporto di vera amicizia, avevamo molte cose in comune. In Italia ho avuto un rapporto privilegiato con Concetto Pozzati che mi ha insegnato come guardare l’arte antica, con Igino Legnaghi scultore e mago con qualsiasi metallo… poi altri con i quali ho lavorato con grande intensità e che ricordo sempre con affetto, Gabriele Basilico, Ettore Spalletti, Lawrence Carroll, John McCracken…fino agli artisti di oggi, Jacob Hashimoto, Herbert Hamak, Luigi Carboni, Stuart Arends, Emil Lukas… Cerco comunque sempre di lavorare con artisti con i quali ho delle affinità, questo lavoro è già così difficile che per me sarebbe impossibile lavorare con artisti con i quali non ho niente in comune.
Fontana che ha conosciuto prima ancora di aprire la galleria è stato però un suo grande ispiratore…
Ho conosciuto Fontana quando vivevo a Roma con i miei genitori. Rimasi affascinata dalle tele bucate, tagliate che non capivo fino a quando per caso lo incontrai alla Marlborough durante una sua mostra. Dico sempre che è colpa sua se mi sono occupata e mi occupo tuttora di arte.
Come è cambiato il mondo dell’arte a suo parere in questi 50 anni?
Mi ci vorrebbero tre giorni per dire come è cambiato il mondo dell’arte in questi 50 anni! Se racconto degli aneddoti, gli artisti più giovani pensano che vengo da un altro pianeta. Del resto il nostro modo di vivere è cambiato radicalmente, se penso alla mia infanzia.
La mostra che celebra questo importante traguardo si intitola Quello che non ho venduto. Cosa vuole dirci, insieme a Marco Meneguzzo, con questo titolo provocatorio?
Lascio a voi capire il titolo, è un po’ provocatorio ma fino ad un certo punto, è quello che non sono riuscita a vendere o è quello che non ho voluto vendere? Sono comunque opere che ho tenuto, alcune gelosamente altre meno, ma sempre opere scelte con attenzione.
Cosa vedremo in galleria?
Non vorrei raccontare troppo quello che vedrete in galleria, vorrei che fosse una scoperta, non è una mostra collettiva qualsiasi. Quelli che mi conoscono bene si aspettano di vedere alcuni nomi ma credo che riuscirò a sorprendere anche quelli che mi conoscono meglio… In un certo senso è un mio ritratto.
In questi 50 anni quali sono i risultati più importanti che sente di avere raggiunto?
Qualche anno fa intitolai una mostra Je ne regrette rien. Potrei dirlo ancora, ho avuto dei successi e delle delusioni non desidero niente di eclatante, mi piacerebbe avere ancora l’energia per continuare a fare solo mostre che mi interessano e lavorare con artisti con i quali ho delle affinità per vivere nell’arte.
– Santa Nastro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati