Susan Meiselas – Intimate strangers
E’ una delle pioniere del fotogiornalismo moderno, che con le sue tecniche e serie fotografiche ha rivoluzionato il reportage.
Comunicato stampa
E’ una delle pioniere del fotogiornalismo moderno, che con le sue tecniche e serie fotografiche ha rivoluzionato il reportage. Susan Meiselas, (Baltimora, 1948), fotografa tra le prime donne ammesse alla celebre agenzia Magnum Photos, arriva a Palermo sabato 14 dicembre per inaugurare la sua mostra al Centro Internazionale di fotografia di Palermo diretto da Letizia Battaglia.
Intimate strangers, questo il titolo dell’esposizione, presenta Carnival Stripes e Pandora’s Box, due dei lavori più potenti della pluripremiata autrice, nota per aver fatto della fotografia un importante mezzo di denuncia sociale per combattere ogni tipo di violenza, da quella domestica – che racconta in vari progetti come Archives of Abuse e (1992), Room of their Own (2017)- a quella delle guerre (celebre il suo reportage sulla guerra civile in Nicaragua) oltre che strumento di impegno civile per la difesa dei fondamentali diritti umani, e in particolare delle donne, per cui quest’anno ha vinto il premio Women In Motion.
In Carnival Strippers, confluisce un lavoro lungo tre estati consecutive, dal 1972 al1975, in cui la Meiselas segue le spogliarelliste delle fiere di paese in New England, Vermont e South Carolina. Una documentazione attenta e scrupolosa fatta delle istantanee in bianco e nero non soltanto delle esibizioni sul palcoscenico ma anche dei loro momenti più intimi, alla quali la fotografa affianca le registrazioni audio delle voci delle protagoniste da lei stessa intervistate. Il risultato è un racconto multimediale che per la sua originalità e profondità segna un punto di svolta nella storia del fotogiornalismo, aprendo alla Miselan le porte della Magnum, la più ambita e celebre agenzia di fotogiornalismo del mondo di cui entra a far parte nel 1967.
Da quel momento il coinvolgimento dei soggetti fotografati attraverso la testimonianza diretta diventa una caratteristica del lavoro di Susan Meiselas, una metodologia d’indagine che costituisce per l’artista non solo una pratica analitica ma anche una forma di impegno civile.
Risale a vent’anni più tardi, Pandora’s Box (1995) -seconda parte del percorso espositivo- reportage che può considerarsi l’ideale prolungamento di Carnival Strippers . La serie realizzata in un club sadomaso di New York, svela l’esistenza di un altro rapporto con la violenza e il dolore, che qui è cercato e auto-inflitto per scelta.
Pandora’s Box ci trasporta in un luogo esclusivo di 4000 metri quadrati all’interno di un loft di Manhattan, definito la ‘Disneyland della Dominazione’.
Oscuramente teatrali e allo stesso tempo non studiate, queste fotografie esplorano una rete di stanze opulente e di set di uno storico “dungeon” newyorkese, dove la protagonista Mistress Raven insieme al suo staff di 14 giovani donne, si esibisce in riti di dolore e piacere fortemente formalizzati.
La mostra (fino al s’inserisce nell’ambito della programmazione del Centro Internazionale di fotografia di Palermo dedicata ai grandi fotografi contemporanei in collaborazione con Magnum Photos, che ha già visto protagonisti Joseph Koudelka e Franco Zecchin.
BIO
Nata nel 1948 a Baltimora, Stati Uniti, Susan Meiselas è fotografa documentarista membro dell’Agenzia Magnum sin dal 1976. Vive e lavora a New York. L’importanza della sua fotografia viene notata con il lavoro nelle zone di conflitto dell’America Centrale (1978-1983). I suoi lavori e le sue opere sono spesso di lungo periodo: i soggetti coinvolti e presenti nelle opere, spaziano la gamma degli argomenti da lei affrontati, dalla guerra alle questioni dei diritti umani, dall’identità culturale all’industria del sesso. Suoi sono i lavori di Carnival Strippers (1976), Nicaragua (1981), Kurdistan: In the Shadow of History (1997), Pandora’s Box (2001), Encounters with the Dani (2003), Prince Street Girls (2016) and A Room Of Their Own (2017).
Susan Meiselas è riconosciuta a livello internazionale soprattutto per i suoi lavori legati ai diritti umani in America Latina, tanto che le sue immagini sono presenti in mostre permanenti sia in America che in tutto il mondo. Nel 1992 viene premiata con il MacArthur Awardand, nel 2015 il Guggenheim Fellowship. Di recente è stata anche riconosciuta con il premio Deutsche Börse Photography Foundation Prize 2019.