Roberto Schezen – Architettura silenzio e luce
Un focus sull’architettura di Louis Khan attraverso le fotografie di Roberto Schezen.
Comunicato stampa
A partire dal 18 dicembre 2019 il MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo ospita negli spazi del Centro Archivi la mostra ARCHITETTURA, SILENZIO E LUCE. Louis Kahn nelle fotografie di Roberto Schezen (a cura di Simona Antonacci ed Elena Tinacci, al MAXXI fino al 2 giugno 2020).
La mostra, realizzata in occasione dell’acquisizione nelle Collezioni di Fotografia del MAXXI Architettura del Fondo donato da Mirella Petteni Haggiag, presenta il corpus realizzato dal fotografo milanese Roberto Schezen per una delle principali monografie su Louis I. Kahn, curata da Joseph Rykwert e pubblicata da Abrams nel 2001.
Articolata in due parti, l’esposizione attraversa i principali progetti di Kahn: dall’Indian Institute of Management di Ahmedabad al Kimbell Art Museum di Forth Worth, dalla Phillips Exeter Library in New Hampshire all’Assemblea Nazionale di Dacca. La luce, l’ombra, il silenzio e l’ordine, paradigmi comuni all’architettura e alla fotografia, sono a tutti gli effetti elementi del lessico progettuale di uno dei maestri dell’architettura del Novecento, Louis I. Kahn. Lo sguardo di Roberto Schezen, autore che lo ha certamente amato e che ha trovato nei suoi progetti un’occasione per riflettere sulla propria ricerca, ne assorbe e restituisce la lezione attraverso l’immagine fotografica.
La lunga parete iniziale - con riproduzioni realizzate a partire dalle diapositive 6x6 a colori - è immaginata come un percorso visivo svincolato dalla descrizione del singolo progetto. Qui le lunghe ombre proiettate dagli edifici di Kahn e i neri, profondi e vuoti, che ne disegnano le facciate, danno avvio un percorso che dal silenzio muove verso la luce e la meraviglia della monumentalità. Le inquadrature più classiche, che restituiscono le mutevoli qualità luministiche dello spazio e la rigorosa ricerca progettuale dell’architetto statunitense, si alternano a visioni “spericolate” e dettagli stranianti, in cui l’interpretazione di Schezen appare più libera e sperimentale.
L’interno della sala è dedicato ai materiali fisici che compongono il Fondo: nella teca, articolate per progetti, sono presentate le stampe d’archivio realizzate dall’autore, insieme ai negativi in bianco e nero, alle diapositive 6x6 e alle 35mm con iscrizioni autografe. Qui il linguaggio del bianco e nero, usato in modo a tratti espressionistico da Schezen, indaga la funzione germinativa dell’ombra, controparte della luce in architettura come il negativo con il positivo in fotografia.
Il silenzio in cui sono immersi gli spazi fotografati da Schezen, ripresi sempre in assenza di persone, è interrotto solo dai pensieri di Kahn: densi come manifesti programmatici ma leggeri come brevi liriche, i suoi testi arricchiscono il percorso di un livello di lettura ulteriore, creando risonanze tra le parole e le immagini che sembrano dilatare lo spazio della mostra.
Architetto di formazione, Roberto Schezen (Milano 1950 – New York 2002) inizia a fotografare nei primissimi anni Settanta, collaborando prima con l’agenzia Documents For Press poi con Gamma di Parigi, per la quale realizza diversi reportage in Medio Oriente. Tornato a Milano nel 1976, si interessa alla fotografia pubblicitaria prima di dedicarsi quasi interamente a quella d’architettura. Nel corso della sua lunga ricerca in questo campo ritrae gli edifici di Louis Kahn e Adolf Loos e quelli di Vienna del periodo della Secessione, oltre a palazzi, castelli e prestigiose abitazioni europee e americane. Schezen documenta inoltre gli antichi templi del Messico e dell’America centrale e importanti monumenti italiani. Muore a New York nel 2002.
Louis Isadore Kahn (Isola di Osel, 1901- New York 1974) trasferitosi a 4 anni dall’Estonia a Philadelphia, negli Stati Uniti, qui si laurea in architettura nel 1924. A partire dal 1947 si dedica all’insegnamento, prima a Yale e dal 1957 all’Università di Pennsylvania. Nel 1950 in viaggio nei Paesi del Mediterraneo è affascinato dalle architetture classiche e, tornato negli Stati Uniti nel 1951, si dedica a elaborare una sintesi tra tradizione e modernità. A cinquant’anni inizia così ad affermarsi a livello internazionale, diventando presto un maestro dell’architettura del Novecento. Senza ricorrere a mere citazioni del passato, Kahn nei suoi progetti ricerca l’archetipo. I suoi edifici si fanno volumetricamente sempre più solidi e, in contrapposizione con la compattezza della materia, la luce ne diventa un elemento fondamentale. La sua architettura, così definita, assume un respiro monumentale.