I 10 migliori film del 2019. Parasite, Joker, The Irishman e tutti gli altri
Cinema di genere, d’autore e capolavori d’oriente. Il 2019 è stato un anno cinematografico incredibile, di grandi ritorni e di personaggi emozionanti. Parasite è senza alcun dubbio e in assoluto il film dell’anno, con i suoi toni dolci e amari e con il suo riflesso attuale.
È arrivato il momento di fare il punto cinematografico del 2019. Un anno interessante, in cui sono usciti tanti film attesissimi e alcuni dei quali anche deludenti (tra tutti forse Glass, ambizioso progetto di Shyamalan). È stato l’anno di Moviement, il movimento che ha unito l’industria italiana a sostegno della stagione estiva da noi inesistente rispetto agli altri Paesi d’Europa e del mondo. Un anno in cui il Festival di Cannes e la Mostra del Cinema di Venezia hanno dimostrato di essere l’apice dell’industria, del glamour e delle suggestioni e tendenze cinematografiche del momento. In questo anno ci sono film che hanno lasciato una traccia significativa, anche se non li inseriremo nella nostra top ten. Sono Downton Abbey il film, un regalo splendido che il cinema ha fatto ai tantissimi fan della serie e per cui si sta già lavorando a un sequel; Il signor diavolo di Pupi Avati, ritorno del regista al genere gotico e padano, una favola nera eccellente; Un giorno di pioggia a New York, dolce e leggero film di Woody Allen che rischiava di non uscire neanche da noi e che invece la Lucky Red ha fortemente voluto in sala scommettendo bene; Avengers: Endgame, che dimostra come la Marvel non si limiti solo all’intrattenimento; Dio è donna e si chiama Petrunya, un film che dalla Berlinale agli Efa tutti hanno apprezzato, quinto lungometraggio della macedone Teona Strugar Mitevska e grande e diretto attacco al maschilismo. Ma quali sono i film del 2019 che sono già storia?
– Margherita Bordino
PARASITE
In apparenza una commedia, è in realtà un dramma sociale. La storia di una famiglia in miseria, che abita sotto il livello della strada e che convive con scarafaggi e ubriachi che orinano nella loro casa. Questa famiglia ha un piano per riscattarsi ma tutto dipende da quale tasto riusciranno a suonare, se quello bianco o se quello nero. Un film che sembra intingere al meglio la sua scrittura nella commedia all’italiana. Ricorda molto I soliti ignoti di Gassman e Mastroianni (chissà come sono finiti in Corea). E l’Italia è citata esplicitamente con la canzone di Gianni Morandi, In ginocchio da te, usata come colonna sonora della scena più importante della narrazione. Parasite è un film diretto da Bong Joon-ho, ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes 2019, diventando il primo film sudcoreano ad aggiudicarsi il premio, ed è stato selezionato per rappresentare la Corea del Sud nella categoria per il miglior film in lingua straniera ai premi Oscar 2020.
LA BELLE ÉPOQUE
Quando un imprenditore gli propone di rivivere il giorno più importante della sua vita, il sessantenne Victor, annoiato dalla routine e dalle persone intorno, accetta senza ripensamenti e sceglie di tornare al 16 maggio 1974, il giorno in cui conobbe la donna della sua vita. La belle époque di Nicolas Bedos è una vera dolcezza per gli occhi, per il cuore e per le orecchie. Un film eccezionale come solo i francesi sanno fare, fornendo quel tocco di umorismo misto a romanticismo ma pur restando critici dell’oggi. Victor è un uomo che rifiuta l’evoluzione tecnologica, che non ne capisce la potenzialità, e anche per questo si trova in perfetta disarmonia della moglie. È un sognatore illuso che ritrova la pace con se stesso e con il mondo quando rivivere il momento per lui più importante, un momento che rivive grazie a quella tecnologia che rifiuta e grazie alla magia del cinema. Daniel Auteuil, Guillaume Canet e Fanny Ardant semplicemente splendidi.
JOKER
La sua risata è già parte della storia del cinema. Tutti ne hanno scritto e in tantissimi lo hanno visto. È il villain che si presenta in tutta la sua primaria innocenza e successiva cattiveria. La storia di un uomo fragile, tanto instabile, che ad un certo punto sbotta e diventa, quasi per conseguenza, criminale. Arthur Fleck, prima di diventare il temibile Joker, è un attore comico fallito ed ignorato dalla società che vaga per le strade di Gotham City iniziando una lenta e progressiva discesa negli abissi della follia, sino a divenire uno dei più temuti criminali della storia. Joker di Todd Phillips, basato sull’omonimo personaggio dei fumetti DC Comics, è un film totalmente scollegato dall’universo dei cine-comic. È un vero film d’autore con un interprete strepitoso, Joaquin Phoenix. Il film ha trionfato alla Mostra del Cinema di Venezia 76 e non è in discussione la sua nomination, molte più di una, ai prossimi Premi Oscar. Un film necessario che si serve di una “vecchia maschera” dei fumetti per riflettere sul più grande scivolone e difetto dell’uomo: il pregiudizio.
L’UFFICIALE E LA SPIA
Il personaggio di Marie-Georges Picquart recita: “qualcuno deve raccontare questa storia. Come ufficiale in servizio io non posso dire niente”. Émile Zola risponde: “voi no, ma io sì”. L’ufficiale e la spia è l’ultimo capolavoro diretto da Roman Polanski. Il film è una coproduzione Italia – Francia e ha creato un po’ di scompiglio là dove gli errori dell’uomo sono stati confusi con l’arte. Un film che riflette sugli sbagli e sul perdono e che porta sul grande schermo uno dei peggiori scandali del 1800. Precisamente è il 1894 quando il capitano francese Alfred Dreyfus, quarantenne di origini ebraiche, viene ingiustamente accusato di tradimento e spionaggio, e condannato all’ergastolo da scontarsi sulla temibile Isola del Diavolo, nella Guyana francese. Una condanna che solo in seguito si rivela del tutto errata e vergognosa. L’Ufficiale e la Spia si colloca nella categoria delle opere classiche che trovano sul grande schermo un momento storicamente giusto per essere condivise. Un film capace di arrivare al grande pubblico, di mostrare come è facile costruire una finzione che può resistere nel tempo e sconvolgere più vite. Polanski forse parla di sé attraverso Dreyfus o forse, più semplicemente, pone l’accento sulla memoria collettiva sempre più compromessa dalle fake news di ogni genere e di ogni dove.
MARRIAGE STORY
E se l’Oscar come migliore attore non andasse a Joaquin Phoenix ma a Adam Driver? Nessuno potrebbe storcere il naso per la sua interpretazione in Marriage Story, affiancato dall’incantevole, anche in ruoli drammatici, Scarlett Johansson. Marriage Story è un altro film targato Netflix, diretto da Noah Baumbach. Charlie è un regista teatrale, e Nicole, sua moglie, è attrice, insieme hanno un bambino. Lei è una madre affettuosa e complice, lui un padre attento e presente. Ognuno apprezza l’altro, sia nei suoi pregi che nei difetti. Potrebbe essere il ritratto di una piccola famiglia perfetta, ma c’è qualcosa che non va. Charlie e Nicole in realtà sono molto infelici e l’unica soluzione è il divorzio. Gli ostacoli di una separazione non sono pochi. Lui prendere atto che molto probabilmente vedrà meno suo figlio e decide così di lottare per il piccolo. Lei si rende conto che dedicava tutto il suo tempo al marito e ora deve fare i conti con la vita “reale”. Se da un lato il bambino cerca di tenere uniti i genitori, dall’altro i due adulti devono capire cosa fare, e potranno riuscirci solo insieme. Noah Baumbach lo urla chiaramente: a volte la fine è l’inizio di una storia. Marriage Story è una vera radiografia del matrimonio, troppo spesso confuso con qualcosa di indissolubile.
DOLOR Y GLORIA
Forse il migliore film di Pedro Almodóvar. O forse il film che ne sancisce perfettamente l’idea e la sensibilità cinematografica. Dolor y Gloria è la storia di un regista, Salvador Mallo, nel pieno di una vera crisi esistenziale: sia fisica sia creativa. Nella sua memoria riaffiorano i ricordi della sua infanzia. Giorni di povertà e semplicità in un paesino nelle vicinanze di Valencia. I ricordi di Salvador si uniscono al suo presente e creano un vortice di sentimenti e sensazioni insaziabili e sofferte. Sono il mondo di Pedro, l’uomo, e di Almodóvar, l’autore, che si incontrano e rivelano al grande pubblico con una semplicità assoluta e con i colori pastello che tanto ama il regista. Il miracolo di questo film, oltre la storia, è il suo interprete principale a cui Almodóvar dona tutta il suo affetto di regista e di uomo. Proprio come qualche anno fa è avvenuto con Federico Fellini che aveva trovato in Marcello Mastroianni il suo perfetto alter ego, qui in Dolor y Gloria Almodóvar sceglie Antonio Banderas come sua musa a cui trasmettere i propri pensieri più intimi. Perché Dolor y Gloria è un film intimo e un regalo che il regista fa a se stesso e al grande pubblico.
LA FAVORITA
Un film di Yorgos Lanthimos con Olivia Colman, Emma Stone e Rachel Weisz. Basta già questo per capire perché La favorita entra di diritto nella top ten dei film più belli del 2019. È anche il film che ha trionfato agli EFA con ben otto statuette, tra cui quella per la migliore interprete femminile a Olivia Colman, regina assoluta dell’anno anche per la sua Regina Elisabetta II in The Crown 3. La favorita è ambientato nei primi anni del 1700, durante la guerra tra Francia e Inghilterra. La storia si svolge alla corte della regina Anna Stuart che, non più giovane e con problemi di salute, trascura i suoi impegni di sovrana preferendo la compagnia dei suoi conigli, allevati come dei figli. La consigliera e amica intima della regina, Lady Marlborough, amministra al suo posto il potere, approfittando della sua posizione per favorire la carriera militare del marito, oltre che la fazione politica dei Whig. Gli equilibri cristallini vengono sconvolti quando giunge a corte la cugina Abigail Masham, nobile caduta in disgrazia dopo che il padre l’ha ceduta per ripagare i propri debiti. Lady Marlborough e Abigail Masham entreranno in un vortice di competizione per attirare l’attenzione della regina Anna che, lusingata dal sentirsi contesa tra le due donne, alimenta con tutte le sue forze la rivalità. Un film in costume che gioca assolutamente con crudeltà ed erotismo.
THE IRISHMAN
Un grande film gangster targato Netflix e firmato da Martin Scorsese. The Irishman è un film di oltre tre ore e mezza, un kolossal per durata e per produzione. Ci sono voluti 108 giorni per girare The Irishman e in più di 100 location, di cui 28 costruite da zero. È un film che celebra tutta la carriera cinematografica di Scorsese che par anni e anni ha seguito e inseguito questa storia e ha scelto di farla con i suoi vecchi e cari amici, Robert De Niro, Al Pacino e Joe Pesci. Un film di anzianotti tutti amano. Un film difficile da definire in poche parole, le migliori le ha trovate A.O. Scott del New York Times ha scritto: “è lungo e cupo come un romanzo di Dostoyevsky e scuro come un dipinto di Rembrandt”. The Irishman è il sogno nel cassetto di un regista che ha ancora tanta voglia di fare cinema, di raccontare storie e di non perdersi in discussioni frivole. Incentrato sulla figura realmente esistita del criminale Frank Sheeran, detto appunto “The Irishman”, veterano della seconda guerra mondiale e invischiato con il mafioso Russell Bufalino. Attraverso gli occhi di Frank è raccontata la sua vita e la sua carriera mafiosa, tra cui uno dei più grandi misteri che ha ossessionato l’opinione pubblica statunitense, la scomparsa nel luglio 1975 del leggendario sindacalista Jimmy Hoffa.
LA MAFIA NON È PIÙ QUELLA DI UNA VOLTA
Noi italiani siamo veramente un popolo dalla memoria corta? In molto lo dicono, alcuni lo provano. Questo è il caso di Franco Maresco che con La mafia non è più quella di una volta spiazza tutti alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia. Un film italianissimo in tutto e per tutto. Nel 2017, esattamente a 25 anni dalle stragi di Capaci e via D’Amelio, il regista decide di realizzare un nuovo film. Sceglie due personaggi centrali e agli antipodi: da un lato Letizia Battaglia e dall’altro Ciccio Mira. La prima ribelle, anticonvenzionale, pronta con la parola e con la sua macchina fotografica a mostre e ad additare la piaga della mafia; il secondo organizzatore di feste di piazza, già conosciuto in Belluscone – Una storia siciliana. La prima lotta contro la mafia oggi come ieri, il secondo sente la nostalgia della mafia di una volta. Un film documentario che in modo grottesco mostra la poca memoria del nostro popolo e la tanta ignoranza. Franco Maresco mostra al pubblico un film di un pessimismo unico ma al tempo stesso comico e sano. Un pessimismo che fa riflettere sulla troppa leggerezza con cui alcuni argomenti vengono trattati e si raccontano soprattutto alle nuove generazioni.
BURNING
Altro film dall’oriente che merita di essere in classifica è Burning – L’amore brucia. Quando Jongsu è un aspirante scrittore, quando rincontra Haemi, un’amica d’infanzia, si innamora di lei. La ragazza però parte per un lungo viaggio e torna con un nuovo fidanzato, tanto ricco quanto misterioso, che confessa di avere una strana passione. Ritorno alla regia di Chang-dong Lee dopo otto lunghi anni, e visto il risultato del film questa lunga pausa è più che giustificata. Chang-dong Lee delinea un ritratto virtuoso dell’invisibilità del male. Anche lui, come molti altri registi, di questa top ten, attraverso la magia e l’arte del cinema trovano un unico modo di raccontare un presente complesso e terribile. Burning è un film che ha un crescendo della narrazione molto interessante. Le ansie dei protagonisti crescono pari passo con quelle degli spettatori fino alla parabola finale in cui la storia è pervasa da una danza paranoica, da un fuoco che cresce dentro.
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