Come sarà il 2020 dei Musei italiani? L’intervista a Sergio Risaliti direttore del Museo Novecento
Continua l’inchiesta di Artribune sui musei italiani, con l’intervista a Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze…
Grandi novità per il Museo Novecento di Firenze, raccontate qui ad Artribune, dal direttore Sergio Risaliti. Con questa intervista la nostra testata continua la grande inchiesta di inizio anno sulla programmazione dei musei italiani, cominciata con le chiacchierate con Lorenzo Giusti, alla guida della GAMeC e Cristiana Perrella, direttrice del Centro Pecci di Prato. To be continued…
Come sarà la programmazione dell’anno 2020?
Continueremo con la programmazione espositiva strutturata per cicli negli ultimi anni che vede artisti di diverse generazioni presenti in contemporanea nei vari spazi del museo, in modo tale da offrire una panoramica sempre ampia e aggiornata su autori, linguaggi e ricerche della storia dell’arte, dai primi del Novecento alle nuove generazioni di artisti emerse negli ultimi decenni. Nel 2020 particolare attenzione verrà data alle artiste donne, alle arti performative e all’happening, insisteremo inoltre sul disegno e sulla valorizzazione delle collezioni, nonché sugli artisti del territorio toscano. Dedicheremo molte energie alla creazione di una rivista e alla prima edizione di una scuola per curatori all’interno del museo. Le attività di mediazione culturale proseguiranno e tra queste vorrei ricordare il progetto Outdoor che porta opere della collezione permanente del Museo Novecento al di fuori delle sue mura, all’interno di scuole, di carceri e di ospedali della città. Nel prossimo anno il progetto dovrebbe crescere ancora coinvolgendo anche istituti per anziani e aziende private. Continueremo, come abbiamo fatto nel 2019 ad esempio con VALIE EXPORT e Silvia Giambrone, a promuovere progetti speciali in occasione delle ricorrenze internazionali, come il Giorno della Memoria, la Giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne, la festa dei lavoratori, quella della Repubblica con progetti site-specific. Stiamo inoltre avanzando con il progetto della caffetteria e con quello degli Studios per attivare vere residenze d’artista in sede.
Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
Ci sarà ampio spazio, senza però mai dimenticare l’equilibrio e la dialettica con la scena internazionale. Ospiteremo ad esempio due mostre monografiche delle giovani artiste Elena Mazzi e Francesca Banchelli; due esposizioni, realizzate in collaborazione con gli studenti dell’Università di Firenze e dell’Istituto Lorenzo dei Medici, sui maestri del Novecento Renato Guttuso e Leoncillo e due solo show dedicati a figure straordinarie delle neoavanguardie del secondo Novecento come Fabio Mauri e Emilio Prini. Come si può intendere, ci muoveremo a coprire il novecento e a superare il limite rivolgendo l’attenzione all’attualità e al futuro.
Su quali risorse contate?
Il Museo Novecento è, come dico spesso, un museo ecosostenibile ovvero economicamente sostenibile. Negli ultimi due anni abbiamo innescato un processo virtuoso tra pubblico e privato e finora la sinergia ha funzionato perfettamente. D’altronde un museo di arte moderna e contemporanea a Firenze non può che essere fonte di attrazione, perché può unire e rappresentare da una parte le buone pratiche di conservazione e valorizzazione del passato, dall’altra quelle di innovazione e sperimentazione. In due anni siamo riusciti a creare interesse sull’arte moderna e contemporanea e in questo senso i progetti esterni alla sede ex-Leopoldine, complementari all’attività del museo, sono stati e sono fondamentali per allargare la partecipazione.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
Un bilancio di grande soddisfazione. Abbiamo la consapevolezza di aver raggiunto alcuni degli obiettivi prefissati dal mio arrivo. È cresciuta l’autorevolezza del museo. L’attività svolta ha incontrato un interesse sempre maggiore degli addetti ai lavori e una crescente curiosità da parte del pubblico, che è aumentato di circa il 30% rispetto ai due anni precedenti. Seppur il posizionamento in città sia ancora impegnativo, vista la concorrenza tra musei e fondazioni, la funzione inequivocabile del museo all’interno del tessuto culturale e sociale è ormai indubbia e consolidata. Non possiamo infatti confondere il ruolo di un museo, che comprende non da ultimo anche una collezione permanente e una vitalità tipica dei centri d’arte contemporanea e delle Kunsthalle, con quello di spazi espositivi generici. Grande soddisfazione viene dalla professionalità e affiatamento dello staff dei curatori, impegnati con passione e determinazione nella progettazione e gestione quotidiana della nostra realtà.
Assieme a questo metterei ai primi posti la giornaliera attività della mediazione culturale, il cui lavoro di formazione e sensibilizzazione di un pubblico vasto e molteplice (dai bambini ai giovani, dalle famiglie alla terza età, senza dimenticare i pubblici speciali e gli stranieri) rappresenta un nostro grande punto di forza. Su questo fronte è essenziale e indispensabile la qualità espressa dagli operatori dell’Associazione MUS.E.
E se parliamo di networking?
Abbiamo esteso la rete di rapporti con istituzioni in Italia e all’estero, con privati e operatori del settore, e abbiamo organizzato e prodotto circa cinquanta eventi, tra mostre e progetti speciali, sostenendo in molti casi gli artisti con nuove produzioni. A tutto ciò va aggiunta un’intensa attività editoriale. Abbiamo ottimizzato al massimo le risorse, ma contiamo su una crescita futura degli investimenti da parte dell’Amministrazione e sulle erogazioni liberali. Dal mio punto di vista, inoltre, un obiettivo perseguito è il raggiungimento di un equilibrio fra valorizzazione della collezione e aggiornamento sulle nuove generazioni, cui si unisce la presentazione dei grandi maestri del primo Novecento e l’attenzione verso i protagonisti dell’arte internazionale dagli anni sessanta in poi, nonché il sostegno agli artisti locali e la loro inclusione in un orizzonte internazionale.
Un decennio si è appena concluso. Quale è la sfida che secondo te i Musei e le istituzioni culturali italiani devono affrontare nel prossimo decennio?
La sfida più grossa dell’arte è quella di confrontarsi e far fronte in modo sincronico e veloce alle emergenze planetarie, dall’impatto della nostra civiltà ipertecnologica e consumistica sulla Terra, all’esodo migratorio fino all’emergere di vecchie e nuove problematiche esistenziali legate alla diseguaglianza e alla negazione dei più elementari diritti. Pensando al futuro prossimo, non si può inoltre ignorare l’incidenza sempre più ampia che potranno avere le tecnologie e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale sulle nostre vite (anche sul nostro tempo libero), quindi la nascita di una mano d’opera robotizzata, che nell’arco di pochi decenni potrà creare nuove opportunità di lavoro ma anche tassi di disoccupazione sempre maggiori. Mi domando come potremo gestire la perdita di memoria sempre più evidente e la diffusione sempre più pervasiva della creatività in ogni momento dell’attività umana: da un lato aumenta la produzione di virtualità, dall’altro diminuisce sempre di più la maestria manuale. Come verrà gestita politicamente la dimensione ludica e del godimento? Quanta e quale esperienza o conoscenza verrà condizionata in senso negativo o positivo in tal senso?
Come rispondere a queste domande?
Credo che anche i musei si debbano prepararsi a fronteggiare tutte queste emergenze ed evoluzioni al fine di contrastare il conservatorismo e l’aumento smisurato dell’egoismo e delle paure. Da un lato occorrerà sviluppare sempre di più la sensibilità e la capacità critica di ciascuno di noi, dall’altro bisognerà aumentare in modo massiccio, quasi radicale, la presenza e il protagonismo delle donne nella lettura e nella gestione del mondo.
Per quanto riguarda più strettamente la situazione delle istituzioni culturali italiane, penso che i grandi musei debbano affrontare le problematiche legate alla gestione dei flussi, mentre per i piccoli e medi musei sia necessario migliorare la governance a livello nazionale, ovvero strutturare una rete pervasiva sul territorio che li renda più visibili e sostenibili, dal momento che oggi molte piccole istituzioni sono sempre più offuscate dalle prestazioni dei grandi centri d’arte.
Credo che, in una fase di crisi economica generale e in particolare di quella del pubblico bilancio, sia sempre più necessario ottimizzare gli investimenti e le spese magari pensando anche a procedure di accorpamento.
Quali sono le esigenze del visitatore che il Museo deve cercare oggi di soddisfare?
Il museo ha come funzione principale la mission pedagogica e quello della mediazione critica da cui dipendono valorizzazione e inclusione. In questo senso dobbiamo innanzitutto creare delle esigenze e dei desideri nei visitatori, perché rincorrere le aspettative del pubblico significa alle volte anche essere condizionati da fattori esterni che possono limitare la ricerca scientifica, così come la visione intellettuale critica in cabina di regia.
Se ragioniamo invece in termini di servizi che possano rendere l’esperienza di chi visita appetibile e quanto più godibile, ritengo che sia necessario fare sempre innovazione e ricerca, senza essere succubi di algoritmi e numeri legati all’affluenza di pubblico.
E quali invece le problematiche del sistema dell’arte che oggi impattano sui musei?
Il sempre più stretto rapporto tra mercato, sistema dell’arte e funzione museale non deve spaventare e deve essere virtuoso, fatta salva l’autonomia intellettuale dei musei. Ritengo che sia problematica la carenza quantitativa e qualitativa di formazione in ambito artistico nel nostro paese (sia al livello scolastico che accademico) che si riflette a cascata nel pubblico potenziale di oggi e di domani, spesso poco interessato all’arte contemporanea o poco motivato. Penso che manchi un riconoscimento, organico e di sistema, da parte della politica a livello nazionale e locale, salvo casi virtuosi. In Italia ogni istituzione artistica si muove spesso per conto proprio, contando molte volte sulle capacità relazionali e sull’energia individuale dei singoli (direttori, presidenti, curatori etc.). Spesso risulta più necessaria la persona rispetto alla qualità e solidità istituzionale della struttura. Un museo, al contrario, dovrebbe funzionare in ogni caso e dovrebbe essere messo in sicurezza, ovvero essere nella condizione di lavorare bene sempre. Per fare ciò la vita e il funzionamento di musei e istituzioni culturali devono essere messi al centro dei programmi di governo, devono essere un’esigenza di primaria importanza nell’affermazione di una politica culturale democratica in grado di affrontare le sfide contemporanee.
–Santa Nastro
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati