Fare un bilancio nel momento di passaggio al nuovo anno, parlando di Moda, è molto più complesso che per altre discipline come il cinema o l’arte tutta in generale. Cercando dati significativi del 2019 capiamo di essere andati oltre la lunghezza della gonna o il colore della stagione estiva, oltre per un settore che occupa oramai pagine di arte e di economia, di cultura e società. Una industria talmente forte da guadagnare anche il secondo posto mondiale nella produzione di inquinamento ambientale, dopo il petrolio.
ALLA RICERCA DELLA SOSTENIBILITÀ
Quindi, in un tableau dove appunti, foto, ritagli e immagini rappresentano il moodboard del 2019, spiccano alcune figure proprio perché legate ai concetti chiave fondamentali per entrare nel futuro come la sostenibilità, l’annullamento di genere e l’inclusione.
Vogue, simbolo della comunicazione della Moda internazionale dalla fine del XIX secolo, si conferma portavoce di questa visione nell’ultima copertina del 2019 di Vogue Mexico che ritraeva Estrella Vazquez, la prima indigena transgender, e con il primo numero del 2020 di Vogue Italia privo di foto di abiti e modelle. Si dà più spazio a disegni e illustrazioni di artisti noti, come Milo Manara, mettendo la creatività al servizio della sostenibilità. Il numero speciale, in edicola dal 7 gennaio, è anche a sostegno di un’altra buona causa: la cifra risparmiata per la realizzazione del numero andrà infatti a contribuire al restauro della Fondazione Querini Stampalia onlus di Venezia, danneggiata dall’acqua alta.
L’Inclusione e la sostenibilità hanno guidato anche le scelte dei British Fashion Awards che hanno premiato la modella somala Adut Akeck ma, soprattutto, Daniel Lee e il suo concetto di lusso contemporaneo per Bottega Veneta. I sandali elasticizzati di Lee sono stati infatti le scarpe più ricercate dell’anno 2019. Premiata anche la tradizione con Giorgio Armani.
APOCALYPSE RETAIL E SMART FASHION
Altro segnale di cambiamento epocale che ha catalizzato l’attenzione di esperti di marketing e comunicazione di settore è quello definito “Apocalisse Retail”: un declino inarrestabile per store, mall e centri commerciali, demoliti dalla vendita on-line.
Crisi anche per la Smart -Fashion, colpevole soprattutto delle produzioni a bassissimo costo, salva solo come simbolo di ricercata normalità: diventa “costume di scena”, perfetto nella tutina di H&M indossata dal neonato Archie Harrison Mountbatten- Windsor, figlio della coppia ribelle dell’aristocrazia inglese Henry & Meghan.
L’economia dà segni di ottima salute per brand di lusso o sportivi, oramai impegnati in modo visibile e concreto nel rispetto della produzione e dell’ambiente. Al 16° posto dei fatturati c’è Nike seguita da Louis Vuitton che aumenta del 14% rispetto allo scorso anno. La crescita più importante con un più 23% pari a 15.949 miliardi di dollari la realizza Gucci: quest’anno si calcola una cinta con doppia G venduta ogni minuto.
Lo strapotere dell’on-line oltre a far crollare le speranze e far chiudere le porte della vendita tradizionale, registra quali sono i pezzi più “cliccati”: ad esempio, l’abito a pois di Zara o le minibag Chiquito di Jacquemus, a conferma del valore immenso e immortale del superfluo. Una sindrome che colpisce soprattutto l’accessorio, fino alla spilla a forma di ragno indossata da Lady Hale, Presidente della Corte Suprema del Regno Unito che è diventato il gioiello cult dell’anno.
I LUTTI DEL 2019
La moda raccontata ha visto il successo straordinario della Mostra “Christian Dior: Designer of Dreams”. Organizzata dal Victorian and Albert Museum di Londra, attraverso un team guidato dalla curatrice di moda e tessuti Oriole Cullen e dalla scenografa Nathalie Crinière, ha utilizzato tecniche teatrali, filmati in 3D, nuove installazioni che vanno a integrare le creazioni di oltre 200 capi originali che ripercorrono la carriera di Dior e della casa di moda, dagli esordi nel 1947 fino ai nostri giorni.
Il 2019 è stato anche un anno segnato da gravi perdite nell’olimpo creativo e culturale dell’abito: sono scomparse due icone, due talenti unici nell’invenzione dello stile per la moda e per il cinema, Karl Lagerfeld e Piero Tosi.
Lagerfeld era direttore creativo del marchio che porta il suo nome e supervisore alla direzione creativa delle Maison Chanel e Fendi. Il suo talento visionario ha superato i limiti della moda sconfinando nell’arte dell’illustrazione e della fotografia, fino allo styling e all’editoria.
Tosi era capace di trasferire la bellezza e l’eleganza nei personaggi che hanno influenzato la moda più di ogni movimento artistico, basti pensare a Silvana Mangano con Visconti o a Charlotte Rampling ne “Il portiere di Notte”.
L’anno della moda si è chiuso con un’altra scomparsa eccellente: quella di Ungaro, un raffinato couturier francese con il cuore e l’origine italiana.
– Clara Tosi Pamphili
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