Paolo Balboni – Die Mauer 1961-2020
Esposizione fotografica di Paolo Balboni.
Comunicato stampa
Quando un fatto di cronaca diventa STORIA lo decide l'essenza stessa dell'avvenimento, il suo peso, il suo lasciare segni indelebili nell'emotività collettiva, il suo palesarsi nelle pieghe del presente cambiandone per sempre l'assetto. Quando un fatto di cronaca diventa MEMORIA lo decide invece il tempo che non si arrende di fronte all'inarrestabile oblio.
Paolo Balboni con il progetto espositivo Die Mauer 1961 – 2020 triangola “cronaca”, “storia” e “memoria”, racchiudendo nel perimento di 59 anni, dal 1961 – anno in cui venne eretto il Muro di Berlino – a oggi, la metamorfosi semantica del muro stesso da strumento di divisione a supporto di libera espressione.
L' “è stato”, a 30 anni dalla caduta del Muro, è testimoniato dagli articoli tratti dall'archivio de Il Resto del Carlino, ed è messo in relazione con il presente attraverso le fotografie dell'East Side Gallery, la porzione di muro rimasta, considerata un inno internazionale alla libertà con il susseguirsi di graffiti che ne animano l'identità. Paolo Balboni, con il suo obiettivo, non si limita a prelevare le immagini facendone il ritratto odierno di una cronaca figurativa in evoluzione, ma entra in macro negli spessori del muro cercando le imperfezioni della superficie e le crepe che custodiscono i segreti della storia, enfatizzando la bellezza degli anfratti in cui si deposita il tempo e dando in questo modo un valore incommensurabile al gesto di “scrivere liberamente sul muro”.
Le foto, opere astratte - come l'essenza del tempo - e sintesi cronografa di oltre mezzo secolo, elevano il difetto della materia grezza a perfezione nella ricerca di equilibrio formale, così il Muro di Berlino, uno dei peggiori segni del XX secolo, da elemento di frattura diviene non solo voce che unisce migliaia di persone, ma ritrova nella poiesi dell'artista una nuova natura come strumento concettuale di equilibrio.
La mostra, nel contesto dello showroom Mordakhai, storico negozio di tappeti orientali a Bologna, acquisisce una lettura che evade dall'aspetto propriamente estetico-formale delle fotografie per far perno sulla sottile analogia tra vita e tappeto come aveva intuito l'intellettuale Cristina Campo. Quindi, perché portare il Muro di Berlino in un negozio di tappeti? Perché “Una vita, così come un'opera, non si giudica da ciò che appare, ma dalla qualità, della varietà, dallo spessore dei fili che la formano e dalla complessità con cui essi sono orditi. In altre parole l'essenziale, il fattore decisivo su cui si valutano persone e cose è l'altro lato”.