ArchiDisney. Architettura e design nei fumetti classici di Mickey Mouse
Un gustoso e illustratissimo saggio esplora i rapporti, che si rivelano molto più stretti di quanto si potesse immaginare, fra le strisce americane di Topolino del periodo 1930-1975 e architettura, paesaggio urbano e interior design.
Si sa benissimo che dietro la svolazzante firma Walt Disney non c’era solo lui, uno dei più geniali marketing manager di tutti i tempi, ma pure una nutrita schiera di fidati e creativissimi collaboratori, senza i quali molto probabilmente quell’iconico firmatario non sarebbe passato alla storia. Tra i tanti “disneyani”, un posto di massimo onore spetta senz’altro a Floyd Gottfredson (1905-1986), disegnatore originario dello Utah, che resse le magnifiche sorti dei fumetti di Mickey Mouse per quasi mezzo secolo (l’altro suo pari, omologo per quanto riguarda invece l’universo parallelo dei paperi, fu com’è noto l’oregoniano Carl Barks). Nelle circa 13mila strisce giornaliere e tavole domenicali che Gottfredson pensò e realizzò tra gli Anni Trenta e Settanta del secolo scorso sta il suo altissimo valore: non solamente tecnico e artistico nella resa espressiva, ma sempre acuto e brillante pure sul versante della resa documentativa.
IL SAGGIO DI GIACOMO DELBENE GUIDONI
Al talento intelligente di Gottfredson ha voluto dedicare un saggio chiarificatore quanto divertente l’architetto genovese-barcellonese Giacomo Delbene Guidoni, sì specializzato in urban branding e dinamiche aggregative dei sistemi infrastrutturali ma non meno che grande appassionato e collezionista di fumetto e illustrazione. Dunque ArchiDisney. Architettura, città, design nell’arte di Floyd Gottfredson gli ha permesso di fondere a puntino e con l’adeguato sollazzo le sue due anime. E neppure ha bisogno di ricordare che anche Le Corbusier si cimentò in un exploit di architettura fumettata per giustificare l’inusitato connubio. A partire dunque dai primi Anni Trenta, quando Mickey Mouse è ancora un topo di campagna e pian piano si trasforma in topo di città, sono soprattutto gli esterni a fare da palcoscenico alle sue avventure; e la minuzia descrittiva di Gottfredson si limita a fare da rassegna documentaria del paesaggio americano in lenta ma sicura trasformazione.
SVOLTE FANTAFUTURISTE
È il 1936 l’anno della svolta fantafuturista, quando qualcosa cambia nello sguardo dell’immaginario topolinesco. Qualcuno ricorderà l’epocale apparizione dell’”uomo nuvola”, il Dottor Enigm (Einmug nella versione originale, più vicino ad Einstein…): lì inizia una nuova attenzione al mutare del gusto progettuale anche in America, quello che fu poi certificato in modo esplosivo nel 1939 dalla grande New York World’s Fair, che invitava i visitatori a entrare in contatto con le forme pure e le linee moderniste di “the world of tomorrow“, specie con la spettacolare attrazione della General Motors non a caso battezzata Futurama. Gottfredson e il suo collaboratore alle sceneggiature Bill Walsh ci sguazzano, tra il serio e il faceto, come ci riassume Delbene: “In alcuni casi, certe storie ci permettono di approfondire l’architettura della città in virtù dell’ambientazione stessa che non lascia campo ad altri spazi rappresentativi. In altri casi, invece, la visione ironica che Gottfredson e Walsh sapranno comporre e indurre negli spazi architettonici sarà veicolo di un’efficace satira a sfondo educativo, che metterà in evidenza inaspettate sfaccettature distopiche celate sotto l’altrimenti conformistica accettazione del progresso e degli eccessi della società consumistica”.
TOPOLINIA E LA DISTOPIA
È così che, mentre assistiamo allo sviluppo urbanistico di Topolinia e alternativamente seguiamo il nostro eroe in cento altre ambientazioni memorabili, luoghi sempre di personalità e carattere, le nuove forme sinuose “del futuro” (o del “nuovo presente”) vengono proposte e interpretate da Gottfredson in modo anche sotterraneamente problematico, oscillanti tra utopie e distopie. Verso gli Anni Cinquanta, difatti, gli arguti comics di Mickey Mouse documentano quel che Delbene definisce “la distopia della ricchezza e la quotidianità del design trionfo della classe media”. Quando in particolare, a partire dal 1955, le strip giornaliere del fumetto abbandonano la narrazione a puntate e diventano autoconclusive, gli ambienti si fanno forzosamente più domestici e cresce a dismisura l’attenzione del disegnatore all’interior design. Arredi e suppellettili si fanno pertanto quasi coprotagonisti della commedia quotidiana topolinesca, con Minni che segue entusiasta le ultime mode, Pippo che si arrangia ricorrendo sempre al più bizzarro do-it-yourself e Topolino che assiste generalmente un po’ perplesso alle forme del mondo che cambiano attorno a lui.
– Ferruccio Giromini
Giacomo Delbene Guidoni – ArchiDisney. Architettura, città, design nell’arte di Floyd Gottfredson
Odoya, Bologna 2019
Pagg. 272, € 18
ISBN 9788862884990
www.odoya.it
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