Come sarà il 2020 dei Musei italiani? Intervista a Nicola Ricciardi delle OGR di Torino
Un anno importante il 2019 per le OGR di Torino, con tante mostre, eventi ed appuntamenti. Un bilancio dei dodici mesi appena trascorsi e uno sguardo al futuro…
Continua l’inchiesta sui Musei e le istituzioni culturali italiane che nel corso delle ultime settimane vi ha portato a scoprire la programmazione della GAMeC, del MAMbo, del Maxxi, di Palaexpo, di Punta Dogana e Palazzo Grassi, del Centro Pecci, del Museo Novecento di Firenze. Questa volta facciamo tappa a Torino, dove il direttore Nicola Ricciardi ci racconta cosa accadrà alle OGR…
Come sarà la programmazione del 2020?
L’anno che verrà — o questa è almeno la nostra speranza — sarà quello del consolidamento come istituzione culturale capace di dialogare concretamente con le eccellenze europee. Inaugureremo la programmazione 2020 del Binario 1 con una personale di Trevor Paglen, che presenterà un lavoro inedito e site-specific, seppur in continuità con la ricerca che l’artista porta avanti da anni, e i cui frutti si sono da poco potuti osservare nella sua bellissima mostra al Barbican di Londra. Poi, nel corso dell’estate, lavoreremo con una delle più importanti collezioni private europee, quella della fondazione la Caixa di Barcellona, ospitando una stimolante serie di lavori scelti, curati e allestiti per noi da Jessica Stockholder. Infine, in autunno, daremo vita al progetto ad oggi per noi più ambizioso, un’importante coproduzione con la Tate Modern per la prima grande retrospettiva della scultrice polacca Magdalena Abakanowic. Ovviamente anche l’arte italiana resterà protagonista, come dimostrano il progetto dei Masbedo, o il secondo simposio AMACI, che sarà ospitato e co-organizzato da noi a giugno.
Ci sarà spazio per l’arte italiana? Se sì, in che modo?
Si, innanzitutto fino al 9 di febbraio sarà visibile il potente intervento realizzato da Monica Bonvicini per il Binario 1 delle OGR. Poi, nel corso della primavera, diversi giovani artisti italiani, come ad esempio Beatrice Marchi, saranno coinvolti dai nostri curatori Samuele Piazza e Valentina Lacinio per il secondo capitolo del format espositivo-performativo “Dancing is what we make of falling“. Aprirà invece durante Artissima, all’interno del Binario 2, il nuovo e ambizioso progetto firmato dai Masbedo, di cui abbiamo già dato un primo assaggio con una performance-teaser a settembre, in occasione del nostro secondo anniversario.
Su quali risorse contate?
Ad oggi le nostre risorse provengono al 100% da Fondazione CRT, la fondazione di origine bancaria di Torino che nel 2013 ha acquistato l’intero complesso delle ex Officine Grandi Riparazioni di corso Castelfidardo, riqualificandole e dando loro nuova linfa, nuova vita, e una nuova ambiziosa missione. Recentemente abbiamo anche registrato l’interesse di altri sponsor privati, sia aziende che collezionisti, che supportano o supporteranno prossime mostre e progetti a loro affini.
Un bilancio dell’anno che si è appena concluso?
È stato un anno per noi estremamente importante e delicato. Se il 2018 per OGR è stato l’anno delle sperimentazioni, il 2019 è stato quello in cui abbiamo abbiamo messo in pratica le lezioni apprese in ciascuno di quegli esperimenti. Abbiamo imparato molto, sia dai nostri iniziali e inevitabili errori ma soprattutto dall’ascolto del pubblico e dalla contaminazione con quelle istituzioni con cui siamo riusciti ad aprire dialoghi importanti — penso ad esempio alla Tate Modern, al Centre d’Art Contemporaine di Ginevra, al Kunstervein di Kassel… E il 2020 sarà auspicabilmente l’anno in cui porteremo a regime e capitalizzeremo questo bagaglio esperienziale.
Un decennio si è appena concluso. Quale è la sfida che secondo te i Musei e le istituzioni culturali italiani devono affrontare nel prossimo decennio?
L’obiettivo credo comune a tutti i musei sia quello di costruire e far crescere in misura e consapevolezza un nuovo pubblico capace di rappresentare una domanda di cultura ancora inespressa. Per farlo, oltre a stimolare la curiosità dei visitatori tradizionali, i musei dovranno puntate ad allargare il proprio bacino di fruizione potenziale, includendo una comunità al momento meno partecipe. Tuttavia — ed è questa la vera, erculea e provante sfida — dovrebbero cercare di farlo senza cedere alle lusinghe dell’intrattenimento facile. E ci vorrà molto coraggio, soprattutto in un contesto storico in cui lo spettacolo fino a se stesso è sicuramente più premiato e premiante della ricerca e della sperimentazione.
Quali sono le esigenze del visitatore che il Museo deve cercare oggi di soddisfare?I musei — luoghi in cui per definizione il grado di comprensione dei contenuti è direttamente proporzionale al tempo speso — devono competere oggi con modalità di fruizione sempre più incentrate sulla velocità, la cattura del momento, l’esperienza come zeitgeist. Inevitabilmente i musei dovranno trovare il modo di tradurre e veicolare la propria offerta anche attraverso canali più immediati. Senza tuttavia snaturare la propria missione di creare e diffondere Cultura — e si ritorna alla grande sfida di cui ho parlato in precedenza.
E quali invece le problematiche del sistema dell’arte che oggi impattano sui musei?
Una delle difficoltà principali è ovviamente quella che oggi l’arte — e in particolar modo quella contemporanea — non è percepita dagli enti pubblici come un capitale su cui investire. Ne consegue una carenza di investimenti e soprattutto di progettualità a lungo termine. Anche gli investitori privati, al netto del settore della moda, sempre molto esposto su questi temi, si sta muovendo in altre direzioni e su altri orizzonti: da cui una riduzione cospicua degli investimenti a supporto delle mostre e la conseguenza necessità, da parte dei musei, di dover far cassa con iniziative che guardino più alla redditività immediata che alla capacità di costruire cultura.
–Santa Nastro
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