“Internet? Mica una gran cosa. Meglio i Simpson”. Parola di Gary Baseman
Torna in Italia Gary Baseman, da Roma a Milano. Un passato da illustratore Disney, un presente da artista di chiara fama. Che se la prende con internet, colpevole di mettere sul lastrico gli artisti. E celebra il Nuovo Mondo: terra delle opportunità, dove a fare informazione ci pensano i Simpson.
Ferocemente e tenacemente attaccato alla realtà, in barba a uno stile che nella categoria degli –ismi finisce per rientrare troppo spesso nel calderone di chi cerca e si rifugia in altri spazi concettuali, quasi utopistici. Di surreale non c’è forse molto in Gary Baseman (Los Angeles, 1960), matita pungente nel costruire complesse allegorie del presente; profilo degno, con il nuovo look, di finire impresso sul recto di una banconota da un dollaro.
E di dollari si parla, non poco, nella chiacchierata a margine della presentazione di Vicious, sua avventura espositiva curata da Ivan Quaroni per Antonio Colombo a Milano.
Viziosi?
Mi stai chiedendo quanto i miei personaggi siano viziosi? Beh, penso che la questione non riguardi “loro” ma “noi”. Credo che mi interessi di più pensare: cos’è l’innocenza? Cos’ è la purezza? Cos’è il desiderio? Come agiamo nei confronti di ciò che vogliamo e di ciò che ci serve? È questo che mi ha spinto a cominciare a dipingere.
Eppure siamo in un periodo storico decisamente sensibile al richiamo del vizio. Chiaro, Sodoma e Gomorra erano ben altra cosa, ma assistiamo a una forma di deriva morale…
Viviamo in tempi molto duri: soprattutto in Italia, almeno dal punto di vista economico. Ma la gente sta cercando un modo per dimostrare di essere viva; che può riuscire a farcela, a guadagnarsi da vivere. Sono tempi interessanti: non sono così brutti come quando c’era una forma di povertà tipo Grande Depressione, negli Anni Trenta… ma un sacco di gente ha comunque perso la sua strada, il suo lavoro. È per questo che si sta rifugiando nell’idealismo e – potrei spiegarla così: sta certamente cercando di guadagnarsi da vivere, di farcela, come obiettivo primario. Ma sta anche continuando a provare a fare ciò che ama.
E ci riesce, nonostante i tempi?
Io ci riesco a guadagnarmi da vivere facendo qualcosa che mi trasmette speranza e risponde ai miei valori; così tanti artisti, che nonostante facciano fatica continuano a creare; e così i musicisti, che continuano a suonare e cantare. Anche se, ora come ora, c’è internet: è un buco nero che cattura testi, arte, musica… e li offre a chiunque gratis. Così tanti amici scrittori negli ultimi cinque anni, dopo che a lungo hanno pubblicato per editori importanti, sono diventati free-lance, si sono messi in proprio. Ma pubblicano gratis, cercando poi lettori sui blog; illustratori che un tempo prendevano molti soldi dai giornali, oggi usano le immagini sulla rete, ripagati solo dalla visibilità. Ma questa è solo economia spiccia: se cerco il vizio vero lo trovo nella Goldman Sachs, in questi broker che hanno lavorato contro i propri clienti cercando di fare solo i loro interessi, perché erano ingordi.
Nel senso di spaesamento complessivo, dato dalla crisi, c’è poi quello più intimo. A settembre abbiamo celebrato il decennale dall’attentato alle Torri Gemelle: cosa è cambiato nel tuo modo di fare arte da allora?
Nella mia famiglia io rappresento la prima generazione americana. Perché i miei genitori erano ebrei dell’Europa dell’est, vengono da una zona oggi tra Polonia e Ucraina: sono sopravvissuti all’Olocausto. E la loro vita, ora, gioca un ruolo importante nel mio cuore, più di quanto non facesse un tempo. Nel paese di mio padre hanno chiuso tutti nel ghetto e poi li hanno uccisi: tutti, tranne chi come lui è riuscito a scappare. Ha vissuto nei boschi e ha fiancheggiato per tre anni l’esercito sovietico, combattendo come partigiano. Io sono il primo della famiglia a essere nato in America: il primo a poter essere eletto presidente! Se sei americano, senti di poter fare qualsiasi cosa. A patto che ti comporti da gran lavoratore e come una buona persona: la gente non ti giudicherà per la tua religione o per il colore della tua pelle, ma solo per quello che saprai costruirti da solo. Ok: è un ideale! L’America è forse questa cosa qui? No! Ma rispetto a tante altre parti del mondo, da noi c’è almeno una forma di libertà. Ed è la libertà nella quale sono cresciuto: un ideale forte. Messo in crisi dall’11 settembre.
Da allora è cambiato molto anche il modo di fare informazione. Tra i vari livelli quello dell’illustrazione, penso solo al lavoro di gente come Tom Tomorrow, ha offerto sviluppi interessanti…
Il modo migliore per fare luce sul mondo in cui viviamo, e farlo in un modo parodistico e leggero, è secondo me il fumetto. O il cartone animato, ovviamente. Molta gente in America, oggi, ha un’idea della politica o dell’attualità grazie ai comedy show; e grazie ai Simpson e a South Park. Un’evoluzione interessante…
Francesco Sala
Artribune è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati