Gio Ponti e la Richard Ginori: dieci anni di sinergia creativa in un libro
Uno studio cataloga e analizza il ricco corpus di ceramiche disegnate dall’architetto durante la sua direzione artistica. Sottolineando il suo ruolo di precursore del design italiano, in grado di mediare tra la tradizione dell’arte artigiana e i linguaggi contemporanei
Nel 1923, quando Augusto Richard gli offre la direzione artistica dell’azienda che dirige, Gio Ponti non è ancora il “padre” artistico della Superleggera, ma un giovane architetto milanese ancora relativamente fresco di studi al Regio Istituto Tecnico Superiore, il futuro Politecnico. La Richard Ginori era allora una manifattura blasonata, con quasi due secoli di storia alle spalle (se contiamo dalla fondazione dello stabilimento del marchese Carlo Ginori, che poi si fonderà con il gruppo industriale Richard) ma bisognosa di nuova linfa creativa. Dall’incontro tra l’uomo e la manifattura nasce una fortunata sinergia che anticipa lo sviluppo del design nel nostro paese e gli prepara il terreno.
GIO PONTI E RICHARD GINORI IN UN LIBRO
Se la storia è nota, mancava fino a poco tempo fa una catalogazione sistematica delle circa 450 opere risalenti al periodo della direzione artistica di Ponti conservate nel Museo della Manifattura di Doccia a Sesto Fiorentino, complice anche lo stato di abbandono nel quale il museo ha versato per un certo tempo. Un vuoto che è stato riempito dal volume Gio Ponti. La collezione del Museo Richard-Ginori della Manifattura di Doccia pubblicato da Maretti Editore nel 2015, e appena uscito in una nuova edizione riveduta e ampliata. Frutto di dodici anni di ricerca dell’Associazione Amici di Doccia, molto attiva anche nella difesa del museo, e di un enorme lavoro di documentazione fotografica e inventariazione portato avanti da Maria Teresa Giovannini per la sua tesi di laurea all’Università di Firenze, il libro approfondisce la storia produttiva della Manifattura nel decennio 1925-193,5 portando una grande attenzione anche ai carteggi tra Ponti e la Manifattura.
LA DIREZIONE ARTISTICA DI GIO PONTI ALLA RICHARD GINORI
Oltre ad apprezzare il contributo di Ponti nello “svecchiare” la produzione della Richard Ginori, portando in un ambiente creativo conservatore come quello fiorentino una gran varietà di forme e motivi nuovi, per i quali attinge a un repertorio influenzato dalla sua biografia – dai viaggi, dalle letture, dall’interesse per l’archeologia greca e romana o per l’arte contemporanea –, si nota il suo coinvolgimento in tutti gli aspetti della vita dell’azienda. Nella comunicazione, per esempio, che segue da vicino assumendo il ruolo di un ufficio stampa ante litteram e coltivando i rapporti con giornalisti e critici, oppure in quello che oggi chiameremmo pricing dei prodotti. Durante lo studio del Calamaio con architetture colorate del 1925, per esempio, si mostra preoccupato per la vendibilità dell’oggetto e ne contesta il prezzo, elevato se confrontato con quelli di altri pezzi dalla decorazione più ricca e complessa da realizzare. Un impegno a 360 gradi che fa del giovane architetto milanese “uno dei protagonisti della rinascita delle arti decorative del nostro paese, primo ignaro esempio di industrial designer italiano”, come scrive Giovannini in uno dei saggi che aprono il volume.
– Giulia Marani
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