Dancing at the Edge of the World
Questa mostra collettiva mette in scena un mondo futuristico e alternativo in cui l’umanità parla attraverso quella che Le Guin chiama la “lingua madre”, ovvero un linguaggio che incoraggia le relazioni.
Comunicato stampa
Dancing at the Edge of the World
7 Febbraio > 31 Marzo 2020
Opening & Performance Venerdì 7 Febbraio, h. 19.00 – 21.00
Performance di Proudick (Lindsey Mendick & Paloma Proudfoot)
Venerdì 7 Febbraio 2020, ore 19.00
Saelia Aparicio
Charlotte Colbert
Monika Grabuschnigg
Zsófia Keresztes
Alexi Marshall
Florence Peake
Proudick (Lindsey Mendick and Paloma Proudfoot)
Megan Rooney
Eve Stainton
Performance di Florence Peake & Eve Stainton
Mercoledì 26 Febbraio 2020, ore 19.00
curata da
Marcelle Joseph
z2o Sara Zanin Gallery
via della Vetrina, 21
00186 Roma
‘...when women speak truly, they speak subversively -- they can't help it:
if you're underneath, if you're kept down, you break out, you subvert.
We are volcanoes. When we women offer our experience as our truth,
as human truth, all the maps change. There are new mountains’.
- Ursula K. Le Guin [Bryn Mawr Commencement Address (1986) in Dancing at the Edge of the World (1989)]
To make a new world you start with an old one, certainly.
To find a world, maybe you have to have lost one. Maybe you have to be lost.
This dance of renewal, the dance that made the world, was always danced here
at the edge of things, on the brink, on the foggy coast.
- Ursula K. Le Guin [World-Making (1981) in Dancing at the Edge of the World (1989)]
Prendendo in prestito il titolo dalla raccolta di saggi di Ursula K. Le Guin del 1989, Dancing at the Edge of the World, questa mostra collettiva mette in scena un mondo futuristico e alternativo in cui l'umanità parla attraverso quella che Le Guin chiama la "lingua madre", ovvero un linguaggio che incoraggia le relazioni , le connessioni e gli scambi, al posto di una "lingua paterna" biforcuta – ossia il linguaggio del potere parlato dall’ “Uomo Civilizzato” che guarda al resto della società da un’ottica dicotomica contesa tra termini oppositivi come soggetto / oggetto, sé / altro, maschio / femmina, mente / corpo, attivo / passivo, Uomo / Natura, dominante / sottomesso. La mostra stessa sarà un centro di attività femminista sovversiva in cui il corpo – fatto di carne, spesso permeabile e talvolta desideroso - è onnipresente ma mai separato dalla mente. Le artiste in questa mostra invadono la propria privacy per esplorare l'incarnazione e la rappresentazione attraverso una strategia anarchica e auto-realizzante di legittimazione. Ci saranno opere d'arte che possiedono una sensazione eruttiva in grado di riecheggiare gli universi dei romanzi di Le Guin, desiderosi di un'utopia femminista o non binaria - una sorta di nuovo universalismo, privo di disuguaglianze, dominio e sfruttamento e pieno di piacere femminile.
Al centro di questa mostra, alla stregua di un 'disegno nello spazio', ci sarà un letto a baldacchino di grandi dimensioni, completo di corona regale, realizzato da Charlotte Colbert, che verrà “attivato” durante le performance di mercoledì 26 febbraio 2020. Florence Peake ed Eve Stainton si esibiranno in un duetto esplosivo, impiegando l'intimità della loro relazione poliamorosa lesbica per elevare l'affetto, la sessualità, il potere e l'energia marginalizzati di un corpo queer sensuale e viscerale. Lo sfondo di questo spazio performativo sarà un gigantesco murale prodotto appositamente per la mostra da Saelia Aparicio. Un'altra performance si svolgerà nella serata di apertura quando Proudick (duo di artiste e impresa artistica collaborativa fondata da Lindsey Mendick e Paloma Proudfoot) si trasformeranno nelle commesse di un negozio di scarpe di design - paradiso per eccellenza cui aspira il desiderio femminile.
In questa mostra, per citare Le Guin un'ultima volta, queste dieci artiste "ballano [] ... al limite delle cose" per liberare il vecchio mondo dalla sua tendenza populista e patriarcale, che persiste nell'oppressione e nell’esclusione delle alterità, di quegli esseri umani che si trovano al di fuori di un ristretto gruppo demografico che si identifica con il potere e il genio, per costruire invece un nuovo mondo in cui le comunità emarginate non sono sempre sul punto di divenire, ma sono diventate comunità di individui pienamente realizzati, con tutti i diritti e i privilegi dell' “Uomo Civilizzato”.
Biografie delle artiste
Saelia Aparicio (1982, Spagna) è un'artista spagnola con base a Londra che ha completato il suo Master in Scultura presso il Royal College of Art nel 2015. Il suo lavoro multidisciplinare si basa sul concetto di organico, stabilendo analogie tra meccanismi corporei e sociali. Il corpo è una fonte malleabile di meraviglia e orrore nella pratica di Aparacio, che spazia dai dipinti murali su larga scala alle sculture che spesso presentano oggetti, trovati e modificati, e vetro soffiato. L'umorismo e un’estetica ispirata ai fumetti e ai cartoni animati contraddicono la preoccupazione per l'impatto fisico della vita quotidiana, dell'ambiente, del male e dell'età. Nel 2019, Aparicio ha vinto Generaciones 2019, uno dei premi più prestigiosi per artisti emergenti in Europa, ed è stata incaricata dalla Serpentine Gallery di realizzare il film "Green Shoots" per il simposio e progetto di ricerca General Ecology, dal titolo ‘The Shape of a Circle in the Mind of a Fish with Plants’ a Londra. Tra le mostre personali: ‘Protesis para invertebrados’, La Casa Encendida, Madrid, Spagna (2019); ‘Smudging Gooey Airs’, Sarabande Foundation, Londra (2018); ‘Cadena Atrofica’, Murcia, Spagna in collaborazione con il designer Attua Aparicio di Silo Studio (2018); ‘Your Consequences Have Actions’, The Tetley, Leeds (2017); ‘Peaks & Troughs’, TURF Projects, Londra (2017); ‘Burning With Joy’, ASC Gallery, Londra (2016); e ‘Espeleologia epidermica’, Domus Artium, Salamanca, Spagna (2015). Tra le collettive: ‘Retour Sur Mulholland Drive’ (curate da Nicolas Bourriaud), La Panacée, Montpellier, Francia (2017); ‘Bloomberg New Contemporaries’, The Bluecoat, Liverpool, and The ICA, Londra (2016), e ‘A Mysterical Day’ (curata da Tai Shani), Serpentine Gallery public programme, Londra (2016). Aparicio ha partecipato alle seguenti residenze: FIBRA Platform, Messico (2019); The Bluecoat, Liverpool, UK (2019); New Contemporaries Studio Bursary with Sarabande: The Lee Alexander Mcqueen Foundation (2017); Sema Nanji Residency, Seoul Museum of Art, Sud Corea (2016); Salzamt Aterlierhaus, Linz, Austria (2014); e Joan Miró Foundation, Palma de Mallorca, Spagna (2012).
Charlotte Colbert (1985, New York, USA) è un'artista multimediale di origine franco-britannica che vive e lavora a Londra. Ha completato il suo MFA alla London Film School nel 2009. Linguaggio, psicoanalisi e costruzioni sociopolitiche di genere e identità sono al centro della pratica di Colbert. La recente serie di ceramiche prosegue il suo gioco con l'inversione e la sovversione di interno ed esterno. Le funzioni corporee e gli organi riproduttivi vengono reimmaginati attraverso piccole sculture in ceramica laccata e floccata rosa raffiguranti cellule virali, seni e stomaci. Tra le mostre personali: ‘Guests: A Day at Home’, V&A Museum of Childhood, Londra (2018); ‘Ordinary Madness’, Gazelli Art House, Londra (2016) e ‘In and Out of Space’ (una commissione pubblica al 90 Piccadilly) Londra (2015). Tra le collettive:‘Fibra Residency Show’, Von Goetz Art, Londra (2019); ‘Mademoiselle (37 Women Artists)’, CRAC Centre Regional d Art Contemporain Occitanie, Sete, Francia (2018); ‘From Selfie to SelfExpression’, Saatchi Gallery, Londra (2017) e ‘Daydreaming with Stanley Kubrick’ (curate da James Lavelle e James Putnam), Somerset House, Londra, (2016). Colbert ha tenuto presentazioni ad Art Basel Hong Kong, alla Istanbul Art Fair, ad Art Basel Miami e Photo London.
Monika Grabuschnigg (1987, Austria) è una scultrice e artista multimediale con sede a Berlino che ha completato il suo Master in Belle Arti all'Accademia di Belle Arti di Vienna e ha studiato come exchange student all'Accademia di Belle Arti e Design di Bezalel a Gerusalemme e a Santiago all'Universidad Católica de Chile. Impiegando l'argilla come mezzo principale, Grabuschnigg si concentra nella sua pratica artistica sulla sensazione di accelerazione prodotta da un ambiente alienante sempre più crescente, vettore di ansia e mercificato. Il suo lavoro indaga, frammenta e riassembla fenomeni culturali di vario tipo: i simboli (tecnologici) vengono distorti e ricostruiti in nuove narrazioni, l'evidenza della ricerca di un'epistemologia in un mondo contemporaneo in cui i nostri desideri fisici e le nostre convinzioni guida sono diretti e dettati da algoritmi maligni. Nel 2018, Grabuschnigg ha vinto il Berlin Art Prize e, nel 2016, ha ricevuto lo Young Artist Award dal governo federale del Vorarlberg in Austria. Tra le recenti personali si ricordano quella presso Studioraum 45 cbm - Staatliche Kunsthalle Baden-Baden, Germania (2019); quella alla REITER Galerie, Leipzig, Germania (2019) e presso Carbon12, Dubai, UAE (2018). Tra le collettive, Grabuschnigg ha di recente partecipato a ‘The Garden Bridge’, Brücke Museum, Berlino, Germania (2019); ‘Nightshades’, Polansky Gallery, Brno, Repubblica Ceca (2019); ‘Berlin Art Prize Nominees Exhibition’, The Shelf, Berlino (2018); ‘What satisfaction could you possibly have’, Carbon12, Dubai (2018); ‘A Strong Desire’, PS120, Berlino (2018); e ‘Haptic House’, Horse and Pony Fine Arts, Berlino (2018).
Zsófia Keresztes (1985, Budapest, Ungheria) è un'artista con sede a Budapest che ha completato i suoi studi di belle arti nel 2010 presso l'Università ungherese di Belle Arti di Budapest. Realizza sculture che speculano su come il mondo reale si estenda alla virtualità, seguendo sia una comprensione tecnologica che una comprensione della virtualità mutuata da Marcel Proust: la memoria come "reale ma non attuale, ideale ma non astratta". Keresztes tratta il virtuale come qualcosa che è "come se" fosse reale, stabilendo teorie del gioco e scenari ipotetici su come si incarna l'infestazione digitale, come algoritmi e avatar digitali si manifestano nel mondo e cannibalizzano sensazione e percezione. Tra le personali e bi-personali si ricordano quella presso Gianni Manhattan, Vienna (2018); presso Karlin Studios, Prague (2018); presso Prague City Gallery, Prague (con Anna Hulačová) (2018); e presso Labor, Budapest (2016). Tra le recenti collettive: 15th Lyon Biennale, Lyon, Francia (2019); ‘Stone Telling’, Kunstraum Niederösterreich, Vienna, Austria (2019); ‘Love Data’, 16th Alios Biennale, La Teste de Buch, Francia (2019); ‘Liquid Bodies’, Philara Collection, Düsseldorf, Germania (2019); ‘Streamlines of the Jungle’, MAGMA, Sf. Gheorge, Romania (2019); ‘Sunbaked Thirst with Love’, ENA Viewing Space, Budapest (2019); ‘Orient’, Galeria Bunkier Sztuki, Cracovia, Polonia (2018); ‘Jutro’, Castor Projects, Londra (2018); ‘Orient, Kim?’, Riga, Latvia (2018); ‘Somewhere in between’, BOZAR, Brussels (2018); ‘Haptic House’, Horse and Pony, Berlino (2018); ‘Abstract Hungary’, Künstlerhaus- Halle für Kunst und Medien, Graz (2017); ‘Endless Backup’, Futurdome, Milano (2017); ‘Textour’, Künstlerforum, Bonn (2017).
Alexi Marshall (1995, Londra, Regno Unito) è un'artista londinese che si è laureata alla Slade School of Art nel 2018. Lavora con la stampa, il tessuto, il disegno e il ricamo, affrontando temi legati alla spiritualità, alla sessualità e alla femminilità. La stampa Linocut è un mezzo ricorrente nella pratica di Marshall. Le sue stampe e i suoi disegni trasmettono un’idea di temporalità, mentre linee, corpi e mondi si mescolano l'uno nell'altro per creare tableaux teatrali e giochi morali, popolati da santi e peccatori. Un certo tipo di violenza viene proiettato nel momento in cui le immagini vengono graffiate e scolpite mediante intagli dettagliati e intensi. Marshall ha esibito il suo lavoro in una personale alla Public Gallery di Londra nel 2019 e in alcune mostre collettive tra cui: ‘We Always Dance Here’, Flatland Projects, Hastings, UK (2019); ‘Pareidolia’, Space Station Gallery and Daniel Benjamin Gallery, Londra (2019); ‘Inaugural Exhibition’, Guts Gallery, Londra (2019); ‘Young Gods’, Charlie Smith, Londra (2019); ‘Figurative NOW’, Daniel Benjamin Gallery, Londra (2018); e Bloomberg New Contemporaries 2018, Liverpool John Moores University, Liverpool and South London Gallery, Londra (2018).
Lindsey Mendick (1987, Londra, Regno Unito) è un'artista londinese che ha conseguito un Master in Scultura al Royal College of Art di Londra nel 2017. La pratica di Mendick si basa sulla sua abile opera in ceramica, che l’artista descrive come attraente per via della sua natura tattile e per il desiderio che suscita di essere manipolata dal produttore. La sua pratica è autobiografica ed abbraccia inoltre la pittura su striscioni, il cucito, la lavorazione dei metalli, la produzione di mobili e il suono. Combinando giocosamente l'iconografia della cultura bassa e i metodi di costruzione della cultura alta, Mendick crea installazioni umoristicamente decadenti ed elaborate che consentono allo spettatore di esplorare la propria storia personale in modo catartico. Oltre alla sua pratica scultorea solista, Mendick è co-fondatrice della piattaforma Proudick, che è allo stesso tempo una collettività di artisti, uno spazio di progetto e un luogo per lo scambio di idee e l'apprendimento della ceramica. Recenti mostre personali e come duo artistico includono: ‘Regrets, I’ve Had a Few’, SPACE, Ilford, Regno Unito (2019-2020); ‘Of all the things I’ve lost’ (con Paloma Proudfoot), Ballon Rouge Club, Bruxelles (2019); ‘The Ex Files’, Castor Projects, Londra (2019); ‘The Turnpike Pottery’, The Turnpike, Leigh (2018); ‘Perfectly Ripe’, collezione Zabludowicz, Londra (2018); ‘PROUDICK’ (con Paloma Proudfoot), Hannah Barry Gallery, Londra (2018); ‘Jamie Fitzpatrick and Lindsey Mendick’, Vitrine, Basilea (2018); e ‘She’s Really Nice When You Get To Know Her’, Visual Arts Center, Austin, Texas (2016). Le mostre collettive selezionate includono: ‘Survey’, Jerwood Space, Londra (2018); ‘Something Else’, Triumph Gallery, Mosca (2018); ‘Rhapsodies’, Ping Pong, Bruxelles (2018); ‘If You Can’t Stand the Heat’, Roaming Projects, Londra (2018); ‘Flipside’, Fold Gallery, Londra (2018); ‘You See Me Like a UFO’, Marcelle Joseph Projects, Ascot (2017); ‘Herland’, Bosse & Baum, Londra (2017); ‘In Dark Times’, Castlefield Gallery, Manchester (2017); ‘You Were High When I Was Doomed’, IMT Gallery, Londra (2017); e ‘Sell Yourself’, Patrick Studios, Leeds (2017).
Florence Peake è un'artista londinese che lavora dal 1995. La sua pratica di performance si basa su disegno, pittura e scultura combinati con oggetti trovati e fabbricati messi in relazione con il corpo in movimento. Sito e pubblico, testo dal vivo e registrato, arguzia e candore sono le chiavi del suo lavoro, che è stato presentato a livello internazionale e in tutto il Regno Unito. Ha ricevuto il Jerwood Choreographic Research Award nel 2016 e realizza lavori di performance da solista e di gruppo intrecciati con una vasta pratica di arti visive. Una selezione di mostre recenti include: ‘Apparition Apparition’ (con Eve Stainton) in ‘Meetings on Art’, 58° Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia (2019); ‘Empathy Hole’, Bosse and Baum, Londra (2019); ‘RITE: On This Pliant Body We Slip Our Wow!’, De La Warr Pavilion, Bexhill on Sea, Regno Unito (2018); ‘DO DISTURB Festival’, Palais de Tokyo, Parigi, Francia (2018); ‘Andromedan Sad Girl’ (una mostra collaborativa con Tai Shani), Wysing Arts Centre, Cambridge, Regno Unito (2017), ‘RITE’, Studio Leigh, Londra (2017), ‘We perform I am in love with my body’, Bosse and Baum, Londra (2017); ‘Walled Gardens in an Insane Eden’, Sara Zanin Gallery, Roma (2017); ‘The Keeners’, SPACE, Londra (2016); ‘Voicings’, Serpentine Gallery Offsite Project, Londra (2016); ‘Lay me down’, NoTT Dance Festival, Nottingham, Regno Unito e Modern Art Oxford, Oxford, Regno Unito (2015); ‘Swell the Thickening Surface of’, Hayward Gallery, Londra (2014); ‘MAKE’, BALTIC, Gateshead, Regno Unito (2013) e Yorkshire Sculpture Park, Yorkshire, Regno Unito (2012); ‘REMAKE’, Baltic 39, Gateshead, Regno Unito (2012) e Lanchester Gallery, Coventry, Regno Unito (2012); e ‘Paper Portraits’, National Portrait Gallery, Londra (2010).
Paloma Proudfoot (1992, Londra, Regno Unito) è un artista londinese che ha conseguito un Master in Scultura al Royal College of Art di Londra nel 2017 dopo aver studiato all'Edinburgh College of Art. La pratica di Proudfoot include una varietà di media, che vanno dalla scultura alla performance. Tessuto e materia organica, come l'argilla, sono materiali comuni che compaiono nel suo corpus di lavori, apparentemente giocosi ma che allo stesso tempo riflettono e approfondiscono argomenti contemporanei propri della sua generazione. Oltre alla pratica scultorea solista, Proudfoot è condirettore del gruppo performativo Stasis e co-fondatore della piattaforma Proudick, che è contemporaneamente un collettivo di artisti, uno spazio di progetto e un luogo per lo scambio di idee e l'apprendimento della ceramica. Le mostre personali e come duo artistico includono: ‘CURING’, Sans Titre, Parigi (2019); ‘A History of Scissors’, Soy Capitan, Berlino (2019); ‘A Quick Descent’ Art Berlin Fair con Soy Capitan, Berlino (2018); ‘The Detachable Head Serves as a Cup’, Cob Gallery, Londra (2018); ‘PROUDICK’ (con Lindsey Mendick), Hannah Barry Gallery, Londra (2018); ‘The Clean Carcass of the Host’ (con George Rouy per Condo Mexico), Marso Galeria, Mexico City (2018); ‘The Thinking Business’ (con Rebecca Ounstead), The Royal Standard, Liverpool (2017); e ‘There’s One Missing From Your Bunch’, May Projects, Londra (2016). Le mostre collettive selezionate includono: ‘Cet élixir’, Moly Sabata, Sablons, Francia (2019); ‘SM’, Sans Titre, Marsiglia (2018); ‘Something Else’, Triumph Gallery, Mosca (2018); ‘Rhapsodies’, Ping Pong, Bruxelles (2018); ‘Becoming Plant’, Tenderpixel, Londra (2018); ‘Towards a Theory of Powerful Things’, Rod Barton, Londra (2018); ‘Chambre Dix’, Sans Titre, Parigi (2018); ‘Terra’, Lamb Arts, Londra (2018); ‘Ripe’, Kingsgate Workshops, Londra (2018); ‘If You Can’t Stand the Heat’, Roaming Projects, Londra (2018); ‘Doing it in Public’, Beaconsfield Gallery, Londra (2017); and ‘Herland’, Bosse and Baum, Londra (2017). Proudfoot ha partecipato alla Thun Ceramic Residency (2018), alla Moly Sabata – Albert Gleizes Foundation Residency (2019) e all’Irish Museum of Modern Art Residency (con il suo collettivo, Stasis).
Megan Rooney (1985, Canada) è un'artista canadese con base a Londra che ha completato il suo Master in Belle Arti presso il Goldsmiths College di Londra nel 2011 dopo aver conseguito la laurea presso l'Università di Toronto in Canada ed essere cresciuta tra Sudafrica, Brasile e Canada. Rooney lavora su una varietà di media, tra cui pittura, scultura, installazione, performance e linguaggio. Con uno stile inconfondibile, l’artista sviluppa narrazioni enigmatiche e sempre intense. Trae i soggetti delle sue opere direttamente dalla sua vita personale e dall’ambiente che la circonda. Queste ispirazioni sono fantasiose e, in alcuni casi, esperienze quotidiane grottesche, a volte sono invece osservazioni umoristiche, che per prima cosa "annota" come disegni. Un elemento ricorrente nel lavoro di Rooney è il corpo umano, che può essere visto come il punto di partenza soggettivo e il "luogo" finale di sedimentazione per tutte queste esperienze. Rooney ha in programma mostre personali nel 2020 al Salzburger Kunstverein, Salisburgo, Austria; Drei, Colonia, Germania; e Museum of Contemporary Art, Toronto. Le mostre personali recenti includono quelle presso SALTS, Basilea (2019); Kunsthalle, Düsseldorf (2019); Drei, Colonia (2018); Tramway, Glasgow (2017); Cordova, Vienna (2017); Freymond Guth Fine Arts, Basilea (2017); Division Gallery, Toronto (2017); Seventeen, Londra (2016); ae Croy Nielsen, Berlino (2016). Le mostre collettive recenti includono: 15° Biennale di Lione, Francia (2019); ‘Paint, also known as Blood’, Museum of Modern Art, Varsavia, Polonia (2019); ‘Childhood. Another Banana Day for the Perfect Fish’, Palais de Tokyo, Parigi (2018); e ‘(X) A Fantasy’, David Roberts Art Foundation, Londra (2017). Le recenti performance includono: ‘Everywhere Been There, Kunsthalle Düsseldorf, Germania (2019); ‘Sun Down Moon Up’, Park Nights 2018, Serpentine Gallery, Londra (2018); ‘Others got wings for flying’, Tramway, Glasgow (2017); ‘Poor Memory, Without Poetry Nothing is Possible’, Biennale di Venezia, Salon Suisse, Venezia (2017); ‘f on your tongue’, Project 1049, LUMA Foundation, Glacier 3000 Tissot Peak Walk, Gstaad, Svizzera (2016); ‘Last Days. Last Days. Last Days’, Serpentine Galleries, Londra (2015); e ‘Poetry Sets’, Cell Project Space, Londra (2015).
Eve Stainton è un'artista del movimento ispirata alla complessità degli incontri queer, non codificabili e poetici. Ciò si manifesta attraverso pratiche di danza / collage digitale / connessione con la comunità / bordi inclinati. I suoi approcci al movimento sono informati da filosofie somatiche e favoriscono trame fantasiose rispetto a forme prescritte stratificate sul corpo. La pratica di Stainton prende spesso la forma di collaborazioni intime che esplorano il desiderio e la vulnerabilità come una tecnologia o forza contro costrutti normativi restrittivi. Dal 2016, Stainton collabora anche con l'artista Florence Peake, con il loro ultimo lavoro "Apparition Apparition" commissionato per la Biennale di Venezia del 2019. Alcune altre presentazioni importanti includono: Nottingham Contemporary (2019), Sadler’s Wells Lilian Baylis Theatre (2019), The Place Theatre, Londra (2018), Royal Academy of Art, Londra (2018), Tangente Theatre Montreal, Canada (2017), Siobhan Davies Dance, Londra (2018), Hayward 50th Anniversary event, Londra (2018), PS/Y’s ‘Hysteria’ programme, Londra (2018), e Adelaide Fringe, Australia (2017). Stainton è stata anche performer per i seguenti artisti: Anthea Hamilton alla Tate Britain, Londra (2018); Last Yearz Interesting Negro/Jamila Johnson-Small at the ICA, Londra (2017); e Compagnie ECO’s international tour (2016-17) ed è anche stata modella freelance nel settore della moda e commerciale per Vivienne Westwood, Dior, Londra / Parigi / Shanghai Fashion Week, Goldfrapp e Holly Blakey. Stainton conduce anche seminari sul movimento, recentemente alla Tate Britain come parte di "Queer & Now", usando la fantasia e il tatto come un modo per sperimentare il concetto di fiducia, il potere e la proprietà condivisi del corpo per far esplodere ed esporre il potenziale queer.
Il curatore
Marcelle Joseph è una curatrice e collezionista indipendente americana con sede a Londra. Nel 2011 Joseph ha fondato Marcelle Joseph Projects, una piattaforma nomade curatoriale che ha prodotto 36 mostre nel Regno Unito e nel resto d'Europa, con il lavoro di oltre 200 artisti internazionali. Il suo settore di competenza riguarda soprattutto giovani artisti del Regno Unito, in particolare artisti di identificazione femminile e non binari, e ha una specializzazione accademica nella pratica dell'arte femminista dopo aver completato un Master in Storia dell'Arte con lode presso Birkbeck, Università di Londra. Nel 2013 è stata curatrice esecutiva di Korean Art: The Power of Now (Thames & Hudson), un'indagine sulla scena artistica contemporanea in Corea del Sud. Inoltre, Joseph è fiduciaria della Matt's Gallery di Londra e ha prestato servizio nella giuria del Max Mara Art Prize for Women 2017-2019, in collaborazione con la Whitechapel Gallery, la Collezione Maramotti e il Mother Art Prize 2018. Colleziona anche opere di artisti di identificazione femminile nell'ambito della partnership collettiva la Collezione GIRLPOWER, e più in generale come parte della Collezione Marcelle Joseph. Per tutto il 2020, Joseph fungerà da consulente curatoriale per Lychee One, una galleria commerciale situata nella zona est di Londra. Curerà la sua prima mostra museale all'ICA LA di Los Angeles nel luglio 2020.