Evergreen I / Marta Spagnoli / Nedko Solakov
Tre mostre a San Gimignano.
Comunicato stampa
EVERGREEN I
BERLINDE DE BRUYCKERE IN DIALOGUE WITH OLD MASTERS AND SALVATORE SCARPITTA
Inaugurazione sabato 22 febbraio 2020, via del Castello 11, 18-24
Fino al 10 maggio 2020, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
Galleria Continua è lieta di annunciare Evergreen, un nuovo appuntamento con cadenza annuale che vedrà dialogare un artista contemporaneo con l’arte del passato e, in particolare, con capolavori di arte antica e un maestro dell’arte del Novecento.
L’artista invitata a prendere parte alla prima edizione di Evergreen è Berlinde De Bruyckere. Grazie alla collaborazione con le gallerie Bacarelli-Botticelli, Robilant Voena e Montrasio Arte, le sculture dell’artista belga incontrano nelle sale di Galleria Continua i dipinti di Francesco Botti (Firenze, 1645 - 1711), Piero Dandini (Firenze, 1646 - 1712), Johann Karl Loth (Monaco di Baviera, 1632 - Venezia, 1698), Onorio Marinari (Firenze, 1627-1716), Giuseppe Petrini (Carona, 1677 - 1755/9) e un corpo di opere degli anni Sessanta dell’artista americano Salvatore Scarpitta (New York, 1919 - 2007).
Fortemente influenzata dalla storia dell’arte e dalla mitologia classica, così come dalla realtà quotidiana di strutture sociali in collasso, Berlinde De Bruyckere crea opere che, attraverso la loro materialità, invitano a riflettere sulla condizione umana. In questa mostra presenta due sculture realizzata a cavallo tra il 2019 e il 2020 dal titolo “Marsyas”. L’episodio mitologico che racconta il supplizio inferto da Apollo a Marsia è fonte di ispirazione per Berlinde De Bruyckere. Marsia era un satiro, un genio delle acque, dei monti e delle selve, un abile suonatore di flauto. Un giorno incautamente osa sfidare Apollo, dio della musica, e questi come punizione per essersi messo in competizione, sottopone Marsia ad una tortura atroce: lo lega ad un albero e lo scortica vivo. Questa sfida epica riflette la lotta dei due “spiriti” che albergano all’interno dell’uomo. Quello apollineo e quello dionisiaco. Marsia è condannato al suo triste destino a causa della superbia che lo spinge a sovvertire le gerarchie che ordinano il rapporto tra gli dei e gli altri essere viventi; tuttavia, attraverso la sua sofferenza, viene consegnato all’eternità del mito, al pari di un dio.
Le opere di Berlinde De Bruyckere esplorano vita e morte, Eros e Thanatos, forza e vulnerabilità, desiderio e sofferenza. I volumi scultorei di “Marsyas” che prendono forma dalla lavorazione di pelli di animale e cera, alludono al corpo attraverso la sua assenza. Il corpo nella sua fisicità emerge impetuoso nei dipinti che accompagnano l’artista belga in questo percorso. L’esattezza anatomica e la tradizione dello studio dal vero del corpo umano sono una costante nell’attività di Piero Dandini qui presente con un nudo virile, allusivo iconograficamente al dio Vulcano. L’interesse di Giuseppe Antonio Pedrini per la descrizione dei movimenti interiori dei suoi personaggi - spesso ritratti a figura unica - è ben rappresentata da “L’astronomo”, la tela in mostra a San Gimignano. L’uomo è ritratto mentre contempla la volta celeste durante un’eclissi; i raggi del sole, attenuati dalla presenza della luna, diffondono una luce fioca che lambisce e indora le nuvole. Onorio Marinari persegue con rigore la sua inclinazione verso lo studio del reale che qui emerge nell’intonazione espressiva e sentimentale della “Maddalena” illuminata da una diafana luce siderale.
Se il lavoro di Berlinde De Bruyckere è metafora della condizione umana e veicolo per comunicare la sofferenza degli esseri viventi, i bendaggi di Salvatore Scarpitta possono esser letti in una dimensione di umanità, di rammendo, di cura. Rompendo il classico schema costruttivo rettangolare, le opere di Scarpitta, realizzate negli anni ’60 con la tecnica della fasciatura, si presentano nell’immobilità che precede la distruzione; tra le bende c’è uno spazio vuoto che implica un conflitto tra la resistenza del materiale e la forza del suo creatore, qualcosa sembra emergere o rivelarsi tra le fessure, come una ferita.
Scarpitta invita a non soffermarsi solamente sull’aspetto esteriore dei suoi lavori, ma a osservare, approfondire e cercare in essi ”il senso dell’unità universale”. Crede nel processo della trasmutazione della fisicità in spirito, questo è ciò che persegue nella sua ricerca artistica. Le slitte create dall’artista americano evocano un viaggio silenzioso, il viaggio dello spirito verso nuove mete; rappresentano l’energia spirituale delle origini, quando ogni individuo considerava la propria vita un travagliato viaggio alla ricerca dell’assoluto: ”Una slitta è nella memoria di ogni uomo”, dichiara l’artista. “Ho lavorato alle mie slitte in solitudine, ma ho cercato di infondervi un profondo senso sociale: volevo che trasudassero il sapore di una coralità e di una civiltà”.
MARTA SPAGNOLI
Whiteout
Inaugurazione sabato 22 febbraio 2020, via Arco dei Becci 1, 18-24
Fino 10 maggio 2020, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
Galleria Continua ha il piacere di presentare per la prima volta nei suoi spazi espositivi una mostra di Marta Spagnoli. ‘Whiteout’, questo è il titolo della personale che la giovane artista concepisce per il suo esordio in galleria, ci consegna un mondo in bilico tra realtà, mito e sogno. Il percorso si compone di una serie di opere inedite frutto della ricerca sviluppata nel corso degli ultimi due anni: tele di varie dimensioni, disegni su carta e tecniche miste su differenti supporti che, attraverso un linguaggio mitopoietico, rielaborano frammenti di forme e figure restituendocele come tracce sedimentate di un immaginario che considera i luoghi e i simboli della nostra storia.
‘Whiteout’ descrive una condizione meteorologica tipica del circolo polare artico; è l’espressione massima dello spaesamento e del cambio di prospettiva che la natura impone. Si verifica quando dense nuvole coprono il sole creando una luce diffusa; neve e nebbia sono talmente fitte da livellare i confini facendo venir meno qualsiasi morfologia o punto di riferimento spaziotemporale. Questo "spaesamento" nel lavoro di Marta Spagnoli si traduce in a-temporalità e sospensione. “Ogni immagine è mappa ricostruita secondo segnavia mentali, dove il fluire bianco è tutto fuorché immutabile, come se sotto di esso qualcosa accadesse di continuo." Spiega l’artista.
Per Marta Spagnoli il disegno è una pratica quotidiana: “mi piace iniziare orizzontalmente, quasi sempre e sovente muovere la superficie, gettando e lavando via colore senza avere il totale controllo dei limiti nell’impostare l’immagine… la mia ricerca è fondata sull’atto del segnare come prima azione naturale ed è indispensabile alla rielaborazione della realtà secondo una personale riscrittura”.
Documentazioni fotografiche, illustrazioni scientifiche, rappresentazioni di tradizioni poetiche antiche, classiche e contemporanee sono le informazioni visive che l’artista utilizza per esplorare il potenziale di strutture, relazioni e significati. I principali campi di interesse sono le forme organiche (animali e vegetali) e l’uomo nella sua dimensione mitica.
Nelle opere che compongono il percorso espositivo le immagini, anche articolandosi su soggetti ricorrenti, ridefiniscono la propria centralità assecondando il ritmo di lacune e interruzioni; questi spazi nel lavoro di Marta Spagnoli si formalizzano privi di unità prospettica e di sequenzialità temporale. “Le lagune rievocano il sommovimento e le stratificazioni prodotte dal flusso intermittente delle acque che ne ricolmano le cavità, portando alla luce e consumando gradualmente i reperti delle vite trascorse, inglobando le tracce di piante e di rocce, di animali e di oggetti. Lacuna, oltre che interruzione del senso di un’immagine determinata dalla mancanza di una sua parte, indica letteralmente lo spazio destinato ad accogliere una distesa stagnante di acque provenienti dal mare”, chiosa l’artista.
L’idra, gli amori fluttuanti, i satiri, i cavalli, i felini, i viandanti e le serpi che popolano i dipinti di Marta Spagnoli sono sospesi o intrecciati come ritrovamenti riemersi progressivamente dalla nostra memoria. La loro interazione è assoggettata alla tessitura di moduli ritmici che rappresentano le rosette di livree maculate, le fronde dello stramonio, le ali, le gabbie, le fenditure della terra secca, le nubi o le costellazioni. Elementi che a loro volta, nel processo narrativo, danno forma alla dimensione delle bolge, del marasma, delle lagune, delle selve e della volta celeste.
Per la prima volta la poetica dell’artista trova espressione anche nella tridimensionalità della scultura. “Seeds for Praying” (2019) nasce da un gesto: quello di racchiudere l’argilla tra le mani, come in segno di preghiera.
Marta Spagnoli (Verona, 1994) vive e lavora a Venezia, dove ha da poco ultimato gli studi presso l’Accademia di Belle arti. È membro del collettivo di artisti Fondazione Malutta. Nel 2019 è vincitrice del 3° Premio della 102ma Collettiva Giovani Artisti della Fondazione Bevilacqua La Masa di Venezia. Tra le mostre personali e collettive: Libere Tutte, a cura di Daniele Capra e Giuseppe Frangi, Casa Testori, Novate Milanese (2019); BocsArt, residenza a cura di Giacinto di Pietrantonio, Cosenza (2019); Art Zagreb, Zagabria (2019); Immersione Libera, Palazzina dei Bagni Misteriosi, Milano, 2019; Veritatem Inquirenti, a cura di Walter Ferri, Castello Borromeo di Corneliano Bertario (2019). 102ma Collettiva Giovani Artisti, Fondazione Bevilacqua La Masa, Galleria di San Marco, Venezia (2019); Braintooling, Forte di Monte Ricco, Pieve di Cadore (2018); Progettoborca, residenza per Dolomiti Contemporanee presso l’ex Villaggio Eni, Borca Di Cadore (2018); Opera Prima, spazio ASP-ITIS, Trieste (2018); Collezione Malutta + Black Market, Galleria Monitor, Roma (2017); PersonaliNI, Finestra Illuminata, Venezia (2016).
The Artist-Collector’s Dream (a nice thing)
un progetto creato da NEDKO SOLAKOV
con Monica Bonvicini, Geta Bratescu, Daniel Buren, Chen Zhen, Hans-Peter Feldmann, Ceal Floyer, Shilpa Gupta, Ilya & Emilia Kabakov, Anish Kapoor, Sol LeWitt, Andrei Monastyrski, Rudi Ninov, Dan Perjovschi, Raymond Pettibon, Carol Rama, Karin Sander, Roman Signer, Dimitar Solakov, Artur Zmiewski
Inaugurazione sabato 22 febbraio 2020, via del Castello 11, 18-24
Fino al 10 maggio 2020, da lunedì a domenica, 10-13 / 14-19
Galleria Continua è lieta di presentare “The Artist-Collector’s Dream (a nice thing)” una mostra che vede l’artista bulgaro Nedko Solakov contemporaneamente impegnato a giocare più ruoli: artista, collezionista, artefice della realizzazione di uno dei suoi sogni. In ultima analisi, creatore di un progetto espositivo inclusivo e decisamente originale.
Nedko Solakov e sua moglie collezionano opere di artisti che stimano e di cui amano profondamente il lavoro. Negli anni hanno messo insieme una vasta collezione composta per lo più da piccole opere. Da questa collezione Solakov seleziona sedici autori di cui possiede un lavoro e tre - Chen Zhen, Anish Kapoor e Carol Rama - di cui gli piacerebbe avere un’opera ma che ancora non fanno parte della sua collezione e gli scrive una lettera invitandoli a prendere parte al progetto che ha concepito per Galleria Continua a San Gimignano. Nella lettera spiega che in occasione della mostra esporrà una grande installazione realizzata nel 2008 "Some Nice Things to Enjoy While You Are Not Making a Living". A differenza degli allestimenti fatti in precedenza - al Kunstmuseum di Bonn, al Kunstmuseum St Gallen e allo S.M.A.K. di Gent, vorrebbe aggiungere una “cosa piacevole” (“nice thing”) davvero speciale, la sua passione: collezionare.
Questa mostra prende dunque forma dal desiderio di Solakov di arricchire, anche se solo temporaneamente, la sua collezione con opere più grandi o semplicemente diverse, instaurando con gli autori un dialogo che si configura attraverso la scrittura una serie di testi che accompagnano ciascuna opera. Monica Bonvicini, Geta Bratescu, Daniel Buren, Chen Zhen, Hans-Peter Feldmann, Ceal Floyer, Shilpa Gupta, Ilya & Emilia Kabakov, Anish Kapoor, Sol LeWitt, Andrei Monastyrski, Rudi Ninov, Dan Perjovschi, Raymond Pettibon, Carol Rama, Karin Sander, Roman Signer, Dimitar Solakov, Artur Zmiewski sono gli artisti invitati a prendere parte al progetto. In “The Artist-Collector’s Dream (a nice thing)” si incontrano autori eterogenei, diversi per provenienza, ricerca e formazione. Alcuni di questi, lavorando con Galleria Continua, hanno già avuto modo di confrontarsi con gli spazi dell’ex cinema teatro, altri invece sono nuovi a questi luoghi.
La produzione artistica di Nedko Solakov è inscindibile dall’esperienza autobiografica, applica continuamente il meccanismo del capovolgimento, mescola fonti originali e immaginazione, stimola un senso di condivisione immediata da parte di chi guarda, ma nello stesso tempo abbraccia tematiche di ampio respiro, e tiene sempre conto della relazione tra il contesto reale e il modo in cui questo influenza le vicende e l’operare dell’artista; prende le forme più varie: installazioni, disegni, fotografie, proiezioni, performance. Si caratterizza per la frequente presenza di annotazioni scritte. Il confine tra disegno e scrittura è sfocato e i testi scritti diventano essi stessi disegni. Con spirito poetico, ma mordente, Solakov arriva così a smantellare cliché e a demistificare il pensiero precostituito mettendo in discussione il sistema dell'arte, le "verità" collettive e le contraddizioni dell'esistenza umana.
"Some Nice Things to Enjoy While You Are Not Making a Living" ci trasporta nel cosmo fantasioso, ironico e umoristico dell’artista. L’installazione si compone di elementi diversi. Tra questi “The Enclosure” (2008) una cabina insonorizzata dove il visitatore può entrare (se la guardia glielo permette) e gridare al mondo tutti i suoi problemi senza che in realtà nessuno lo possa sentire; “Raising the Price of an Art Work” (2008), un disegno originale di Lucio Fontana presentato insieme ad un ago da maglia rosso, grazie al quale Solakov aumenta il valore dell’opera, documentato da un video in loop; ed ancora un dipinto a olio su tela dal titolo “The Artist's Struggle” (2008), eseguito da un altro artista, in questo caso Violeta Tanova: “È bello quando un artista di mezza età ha abbastanza mezzi e dopo una sessione di pittura di un minuto assume un giovane artista per continuare a dipingere e completare un bouquet di gipsophila e asparagi (due piante di solito chiamate nella lingua bulgara "la lotta dell'artista" a causa delle loro numerose, minuscole foglie e fiori: un tipo di natura morta difficile da catturare, disegnare e dipingere in modo corretto)”, spiega Solakov. Ed ancora “Halishte” (2008) un morbido tappeto di lana che l’artista invita a provare togliendosi le scarpe e rotolandosi sopra; ironicamente si scusa per l’assenza di un video che possa accompagnare questo momento di relax.
Dell’installazione fanno parte inoltre una serie di altre opere realizzate nel 2008: “A Sunrise”, “The Sleeping Child”, “The Bankrupt Businessman” “Afterlife Options” , “What to Do With Your Boss, Neighbour...?,” “A Combo-Icon”, “A Depository”, “The Sofa”. All’interno dell’installazione avrebbe dovuto esserci anche un orologio: “un orologio elettronico funzionante con tre pulsanti, uno per accelerare il normale corso del tempo (quello durante le ore di lavoro), uno per rallentarlo (per prolungare le ore di svago della giornata) e uno per reimpostare l'ora in sei cifre normalmente lampeggianti. Il produttore ha chiesto troppi soldi per realizzarlo, quindi nessun orologio col quale divertirsi; mi scuso”, conclude Solakov con tono scanzonato.
Nedko Solakov nasce a Tcherven Briag, Bulgaria, nel 1957. Vive a Sofia. Figura di primo piano della scena artistica internazionale, dagli inizi degli anni Novanta ha esposto ampiamente in Europa e negli Stati Uniti. Il suo lavoro è nelle collezioni di più di cinquanta musei internazionali tra questi il MoMA di New York, la Tate Modern di Londra e il Centro Pompidou di Parigi e in collezioni private aperte al pubblico.